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Post N° 179


   Che i credenti non lo dimentichino: certi confronti non vanno condotti sul piano della teologia ma della psicolo­gia. Dietro le “ragioni” presentate co­me oggettive e portate in campo da­gli avversari della fede, ci sono grovigli personali per sciogliere i quali serve si l’esperto; ma non di religioni, bensì di abissi psicologici.    C’è ancora qualcuno, magari anche tra cattolici, che pren­de sul serio quel carrozzone —  nutrito della peggiore ideo­logia politicamente corretta e gestito da vecchi accademici alla rincorsa delle mo­de ideologiche — che è il Premio Nobel. Un Premio che, tanto per dirne una, è andato per Ia letteratura nientemeno che a Dario Fo del quale ben pochi, anche in Italia, ri­cordavano qualcosa di scritto. Insignito, in­somma, di quello che gli ingenui credono il massimo riconoscimento mondiale un vec­chio guitto demagogo che ha campato per decenni di proclami “antifascisti”, di esal­tazioni della Resistenza ma che, finché ha potuto, ha cercato di nascondere (in que­sto sull’esempio del suo collega nel Pre­mb, Gunther Grass, volontario nelle SS) di essersi presentato come volontario nei paracadutisti della Repubblica Sociale e di avere dunque combattuto i partigiani. Ma l’ipocrisia dei giudici scandinavi, preoc­cupati solo di rispettare il conformismo del momento, ha il suo massimo trionfo nel Nobel per Ia Pace: a leggere i nomi, chi sa come stiano davvero le cose si mette spes­so le mani nei capelli. Di recente ricordava­mo qui quella Rigoberta Menchù, premia­ta in base a un’autobiografia commoven­te ed eroica ma che si è rivelata poi in gran parte falsa.Quest’anno, il Premio (che ha una “borsa” miliardaria) é andato, “per l’instancabile im­pegno a favore della salvezza dell’ambien­te”, a un politico, a quell’ Al Gore che é sta­to vicepresidente americano con Bill Clin­ton e, presentatosi alle elezioni presiden­ziali, é stato battuto per un pugno di voti da George Walker Bush. Ancora una volta, una scelta che dimostra quali siano gli “eroi”, gli “esempi”, i “santi laici” dell’attuale cultura egemone. Come ha sintetizzato Ia Svipop, una seria agenzia specializzata, di ispira­zione cattolica, che si occupa di problemi climatici e demografici, “II Nobel per Ia pa­ce a un simile personaggio è una vergogna e una follia”.    Una vergogna, si spiega, perché “ancora una volta si premiano figure che fanno della menzogna e dell’ipocrisia il proprio stile di vita”. Come tutti i moralisti “laici”, in effetti, Al Gore predica assai bene ma razzola ma­lissimo. Così, questo guru ritorna ossessi­vamente sulla necessità e sul dovere del ri­sparmio energetico ma, come ovvio, solo per gli altri. Un’inchiesta — che i suoi avvo­cati non hanno potuto smentire — ha rivela­to che la sua grande, lussuosa villa nel Ten­nesee brucia in un mese venti volte l’ener­gia consumata in un anno da una famiglia media americana. Nel suo grande garage, poi, sono allineati alcuni dei modelli di au­tomobile più avidi di benzina, a cominciare dagli enormi SUV, il modello più detestato e demonizzato dagli ambientalisti come lui. Insomma, Ia solita storia: I’ecologo è un si­gnore che cerca di vietare agli altri quello che lui ha già e già fa.   Ma, consuete contraddizioni a parte (già Gesù ci avvertiva: “Fate quel che dicono, non fate quel che fanno”) c'è qualcosa di ben più grave. Gore, infatti, ha raggiunto fa­ma mondiale — con incassi adeguati a que­sta fama — con un film documentario, An Inconvenient Truth, cioé una “scomoda ve­rità”, su un mondo che starebbe andando alla distruzione a causa dell’attività umana, Ia quale provocherebbe quel “riscaldamen­to globale” che, più che una verità, sembra essere Ia maggiore sòla (per dirla alla roma­nesca) del nostro tempo. Ebbene, per cita­re Ia Svipop, “questo documentario è pieno di menzogne ideologiche e di affermazio­ni senza alcuna base scientifica presentate come oggettive e irrefutabili, come ha rico­nosciuto il tribunale britannico che, per non ingannare i giovani, ne ha vietato Ia proie­zione nelle scuole, a meno che non si pre­cisi chiaramente che non si tratta di scien­za ma di fiction”.Un vergogna, dunque, l’assegnazione del Nobel a un simile “profeta”.