«Siamo una società cinica. Perché mancano esempi positivi» il sociologo Carboni Dati i comportamenti visibili delle élite, prevalgono atteggiamenti opportunistici DA MILANO « I cambiamenti di un Paese sono possibili se la classe dirigente si pone come esempio per il resto della popolazione. Se manca l’esempio, tutto diventa più difficile e la classe dirigente diventa un’élite autoreferenziale». Il sociologo Carlo Carboni studia da molto tempo le dinamiche esistenti tra le stanze del potere e l’opinione pubblica. Nell’ultimo suo libro, La società cinica, pubblicato per i tipi di Laterza, affronta quel che chiama « il malessere italiano » non solo dal lato dell’offerta ma anche della domanda. «La società italiana non è ignorante – spiega Carboni –, tanto che meccanismi come la comunicazione, l’istruzione e l’informazione riescono a selezionare una cittadinanza più consapevole e competente. Il problema è che la mancanza di esempi ' alti' da parte della classe dirigente ha portato gli italiani a comportamenti di adattamento e indifferenza, a Nord come a Sud » . Una società cinica fino a quando potrà fare a meno del merito? Purtroppo, c’è la convinzione che il merito sia un concetto astratto e che ognuno faccia bene a pensare esclusivamente ai propri interessi: se devo fare un colloquio di lavoro, è meglio poter contare su eventuali parentele piuttosto che sulle competenze che ho acquisito. In realtà, dobbiamo intenderci bene quando parliamo di merito. In che senso? Quali distinzioni vanno fatte? Non possiamo intendere il merito solo in chiave educativa. Lo dico da docente universitario: sono contrario alla tirannia del titolo di studio. Ci sono almeno due tipi di merito: c’è il merito scolastico e c’è il merito di mercato. Nel primo caso, non è giusto equiparare la laurea triennale a quella specialistica. Chi fa i primi tre anni all’università ha un ' di più' culturale, ma solo chi continua nei due anni successivi vede applicato il merito in modo selettivo. E la selezione si completa con l’ingresso nel mercato del lavoro. A che punto è l’Italia nella tanto annunciata « rivoluzione del merito » ? C’è una fase di appannamento che riguarda ancora il sistema scolastico, mentre sul piano del merito di mercato siamo tranquillamente ai livelli della Germania. I nostri imprenditori, che sono a contatto con la concorrenza internazionale, i meccanismi di selezione e di promozione dei talenti li vivono, li subiscono e li creano. Non è un caso che la Confindustria sia una delle poche organizzazioni nel nostro Paese che abbia mostrato coraggio nell’avvicendamento ai vertici, con l’avvento di una donna, Emma Marcegaglia, dopo la stagione di generali consensi targata Montezemolo. Quando il sistema funziona, le leadership possono tranquillamente cambiare senza che vi siano scossoni. Perché in politica non è ancora così? In politica tutti vincono e tutti perdono. Si modificano i contenitori, ma mai gli uomini. Il ricambio generazionale, nonostante l’inserimento in Parlamento di giovani e donne in misura maggiore rispetto al passato, avviene sempre troppo lentamente. Che cosa pensa della proposta di creare un’Authority del merito? È meglio modificare certi costumi dall’interno: i rettori delle università diano meno importanza al numero degli iscritti e più peso alla qualità dell’offerta formativa, la pubblica amministrazione recuperi l’efficienza e il prestigio perduti. Il merito diventi la colonna portante del cambiamento e la società non si illuda che tutto possa cambiare da un momento all’altro. Il percorso è lungo. Diego Motta
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«Siamo una società cinica. Perché mancano esempi positivi» il sociologo Carboni Dati i comportamenti visibili delle élite, prevalgono atteggiamenti opportunistici DA MILANO « I cambiamenti di un Paese sono possibili se la classe dirigente si pone come esempio per il resto della popolazione. Se manca l’esempio, tutto diventa più difficile e la classe dirigente diventa un’élite autoreferenziale». Il sociologo Carlo Carboni studia da molto tempo le dinamiche esistenti tra le stanze del potere e l’opinione pubblica. Nell’ultimo suo libro, La società cinica, pubblicato per i tipi di Laterza, affronta quel che chiama « il malessere italiano » non solo dal lato dell’offerta ma anche della domanda. «La società italiana non è ignorante – spiega Carboni –, tanto che meccanismi come la comunicazione, l’istruzione e l’informazione riescono a selezionare una cittadinanza più consapevole e competente. Il problema è che la mancanza di esempi ' alti' da parte della classe dirigente ha portato gli italiani a comportamenti di adattamento e indifferenza, a Nord come a Sud » . Una società cinica fino a quando potrà fare a meno del merito? Purtroppo, c’è la convinzione che il merito sia un concetto astratto e che ognuno faccia bene a pensare esclusivamente ai propri interessi: se devo fare un colloquio di lavoro, è meglio poter contare su eventuali parentele piuttosto che sulle competenze che ho acquisito. In realtà, dobbiamo intenderci bene quando parliamo di merito. In che senso? Quali distinzioni vanno fatte? Non possiamo intendere il merito solo in chiave educativa. Lo dico da docente universitario: sono contrario alla tirannia del titolo di studio. Ci sono almeno due tipi di merito: c’è il merito scolastico e c’è il merito di mercato. Nel primo caso, non è giusto equiparare la laurea triennale a quella specialistica. Chi fa i primi tre anni all’università ha un ' di più' culturale, ma solo chi continua nei due anni successivi vede applicato il merito in modo selettivo. E la selezione si completa con l’ingresso nel mercato del lavoro. A che punto è l’Italia nella tanto annunciata « rivoluzione del merito » ? C’è una fase di appannamento che riguarda ancora il sistema scolastico, mentre sul piano del merito di mercato siamo tranquillamente ai livelli della Germania. I nostri imprenditori, che sono a contatto con la concorrenza internazionale, i meccanismi di selezione e di promozione dei talenti li vivono, li subiscono e li creano. Non è un caso che la Confindustria sia una delle poche organizzazioni nel nostro Paese che abbia mostrato coraggio nell’avvicendamento ai vertici, con l’avvento di una donna, Emma Marcegaglia, dopo la stagione di generali consensi targata Montezemolo. Quando il sistema funziona, le leadership possono tranquillamente cambiare senza che vi siano scossoni. Perché in politica non è ancora così? In politica tutti vincono e tutti perdono. Si modificano i contenitori, ma mai gli uomini. Il ricambio generazionale, nonostante l’inserimento in Parlamento di giovani e donne in misura maggiore rispetto al passato, avviene sempre troppo lentamente. Che cosa pensa della proposta di creare un’Authority del merito? È meglio modificare certi costumi dall’interno: i rettori delle università diano meno importanza al numero degli iscritti e più peso alla qualità dell’offerta formativa, la pubblica amministrazione recuperi l’efficienza e il prestigio perduti. Il merito diventi la colonna portante del cambiamento e la società non si illuda che tutto possa cambiare da un momento all’altro. Il percorso è lungo. Diego Motta