LA GIORNATA DELLE VOCAZIONI CHE MANCANO MARINA CORRADI
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L’uomo intuisce lo scarto tra le aspirazioni eccessive del suo cuore e le forze e il tempo che ha a disposizione, la soluzione reincarnazionista sembra fornire una facile via di soluzione, in quanto la realizzazione si dispiega in un indefinito numero di esistenze. In realtà essa cela l’illusione di risolvere quantitativamente un problema che è di natura qualitativa:
una relazione di amore con la Persona assoluta ed infinita non si costruisce mediante degli sforzi umani, per quanto ripetuti e numerosi essi siano. Questa sarebbe la torre di Babele. Certamente lo sforzo, nel senso di un impegno decisivo e totale della libertà appartiene strutturalmente a questa relazione che – essendo relazione dialogica e personale – è incontro tra libertà, tra la libertà assoluta e quindi infinita di Dio e la libertà partecipata, limitata e fragile dell’uomo. Il dialogo tra persone presuppone che le persone si incontrino e si fronteggino – volto contro volto -, siano ciò distinte e l’unico modo per distinguersi realmente dalla Persona infinita è quella di esser posti nel limite. Il limite allora, la creaturalità, lungi dall’essere un handicap, risulta essere proprio il presupposto di possibilità di quella relazione d’amore che è la perfezione propria della persona umana; dove il corpo, oltre ad essere il garante del limite in quella situazionalità spazio-temporale che gli è propria essenzialmente, è anche lo strumento indispensabile della relazionalità umana. Per l’uomo il proprio corpo è la condizione del suo essere nel mondo e della sua apertuta al mondo e all’altro. Paradossalmente voler diventare Dio - il che può essere espresso in formule accattivanti, come il dissolversi nell’Uno-Tutto, il perdersi nell’armonia universale di tutte le cose, ecc. – inteso in senso stretto e proprio - vorrebbe dire voler cadere nel nulla, desiderare nihilisticamente l’estinzione di qualunque consistenza del proprio io e della propria identità personale. Nulla di fatto succederebbe in Dio che da sempre è e sempre sarà, mentre la mia vicenda sarebbe solo quella di un annientamento del mio essere e della mia coscienza di me… C’è da chiedersi se questo sia possibile non solo da un punto di vista metafisico, posto che l’appetito dell’essere è connaturato all’essere, ma anche da un punto di vista antropologico: si può dire di desiderare l’annientamento, ma come ammonisce Aristotele «non è necessario che tutto ciò che uno dice lo pensi anche»[19]. Altro invece è vivere la propria relazione con Dio come partecipazione a relazioni sussistenti in Dio stesso, che sono le divine persone della Trinità.
L’uomo intuisce lo scarto tra le aspirazioni eccessive del suo cuore e le forze e il tempo che ha a disposizione, la soluzione reincarnazionista sembra fornire una facile via di soluzione, in quanto la realizzazione si dispiega in un indefinito numero di esistenze. In realtà essa cela l’illusione di risolvere quantitativamente un problema che è di natura qualitativa:
una relazione di amore con la Persona assoluta ed infinita non si costruisce mediante degli sforzi umani, per quanto ripetuti e numerosi essi siano. Questa sarebbe la torre di Babele. Certamente lo sforzo, nel senso di un impegno decisivo e totale della libertà appartiene strutturalmente a questa relazione che – essendo relazione dialogica e personale – è incontro tra libertà, tra la libertà assoluta e quindi infinita di Dio e la libertà partecipata, limitata e fragile dell’uomo. Il dialogo tra persone presuppone che le persone si incontrino e si fronteggino – volto contro volto -, siano ciò distinte e l’unico modo per distinguersi realmente dalla Persona infinita è quella di esser posti nel limite. Il limite allora, la creaturalità, lungi dall’essere un handicap, risulta essere proprio il presupposto di possibilità di quella relazione d’amore che è la perfezione propria della persona umana; dove il corpo, oltre ad essere il garante del limite in quella situazionalità spazio-temporale che gli è propria essenzialmente, è anche lo strumento indispensabile della relazionalità umana. Per l’uomo il proprio corpo è la condizione del suo essere nel mondo e della sua apertuta al mondo e all’altro. Paradossalmente voler diventare Dio - il che può essere espresso in formule accattivanti, come il dissolversi nell’Uno-Tutto, il perdersi nell’armonia universale di tutte le cose, ecc. – inteso in senso stretto e proprio - vorrebbe dire voler cadere nel nulla, desiderare nihilisticamente l’estinzione di qualunque consistenza del proprio io e della propria identità personale. Nulla di fatto succederebbe in Dio che da sempre è e sempre sarà, mentre la mia vicenda sarebbe solo quella di un annientamento del mio essere e della mia coscienza di me… C’è da chiedersi se questo sia possibile non solo da un punto di vista metafisico, posto che l’appetito dell’essere è connaturato all’essere, ma anche da un punto di vista antropologico: si può dire di desiderare l’annientamento, ma come ammonisce Aristotele «non è necessario che tutto ciò che uno dice lo pensi anche»[19]. Altro invece è vivere la propria relazione con Dio come partecipazione a relazioni sussistenti in Dio stesso, che sono le divine persone della Trinità.
Post n°202 pubblicato il 16 Aprile 2008 da Antologia1
********** "I Mostri Della Ragione. Dai Greci Al Sessantotto: MILANO, Ares 1997, INVITO ALLA LETTURA
Così che, come è stato osservato, la sapienza evangelica e insieme umanissima che presiedeva, nei seminari, alla formazione degli uomini di pastorale, dei sacerdoti “in cura d'anime”, raccomandava di essere araldi di utopia e di intransigenza sul pulpito e al contempo misericordiosi e comprensivi nel confessionale, confrontandosi con la debolezza della creatura concreta.
Con la fuoriuscita, spesso polemica, dalla tradizione cristiana -a partire dal XVIII secolo - prima dell'intellighenzia occidentale e poi via via di settori sociali sempre crescenti, alla prospettiva di fede, con la sua concretezza attenta “all'uomo quale davvero è”, si sostituisce l'astrattezza della ideologia. “L'uomo quale dovrebbe essere”. Nel chiuso dei loro cabinets de travail o nello scintillio mondano dei salotti, si muovono i primi rappresentanti di una nuova, temibile categoria: quella degli “intellettuali”. Coloro, dunque, che, immemori della complessità umana, non usano che di una sola facoltà: “l'intelletto”, la “ragione”, e questa tendono a sostituire alla fede, sino al punto di attribuirle attributi divini e ad adorarla sotto le navate delle cattedrali dalle quali è stata finalmente cacciata la superstizione oscurantista di una “rivelazione” irrazionale e irragionevole. Assurda e dannosa a cominciare dalla radice stessa di quell'oscurantismo: la credenza nel peccato; e in quello “originale” in particolare. Se l'uomo è spesso infelice, se la società è disorganizzata e ingiusta, se liberté-egalité-fraternité non presiedono ai rapporti tra le persone, non è certo per qualche risibile causa teologica: è mancato un “piano steso secondo ragione”; non si è permesso ai “filosofi” di legiferare, non si è affidato il governo agli “esperti”, agli “intellettuali”, ai “migliori”; a coloro, insomma, che in tutto sanno di doversi adeguare alle categorie razionali. E a quelle soltanto, senza sciocchi rispetti per tradizioni, costumi, credenze, “superate” dai lumi. Cominciò così il martirologio della modernità. Da allora sino a oggi, il bilancio di quelle ideologie venute a sostituire “l'irrazionalismo religioso” è drammaticamente monotono: sempre, senza alcuna eccezione, i paradisi in terra promessi dal “piano” pensato a tavolino si sono trasformati in ben concreti inferni nella pratica. Sempre, in nome della “fraternità”, si è giunti al Terrore, non di rado al genocidio. E per un meccanismo tanto semplice quanto implacabile: l'utopia da intellettuale, così impeccabile e attraente sulla carta, applicata -con le buone, ma spesso con le cattive - alla carne viva dell'umanità mostra subito la sua astrattezza, la sua incapacità di far posto alla complessità del reale. E' la parabola tragica che ha accompagnato la modernità e che è costata così spesso sangue; sempre, delusioni cocenti, sperpero di energie e di intelligenze, rovesciamento delle attese (per limitarci all'ultima, impressionante, ubriacatura da utopie e da “piani per un mondo diverso” - quella del Sessantotto - si è forse dimenticato che i mitici “giovani” di allora sono diventati, vent'anni dopo, la generazione dei quarantenni più sfacciatamente “edonisti”, forse i meno “sociali” del secolo, i “rampanti” degli anni Ottanta e del boom economico dell'era reaganiana?).
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Post n°201 pubblicato il 16 Aprile 2008 da Antologia1
********** "I Mostri Della Ragione. Dai Greci Al Sessantotto: MILANO, Ares 1997, INVITO ALLA LETTURA
Così che, come è stato osservato, la sapienza evangelica e insieme umanissima che presiedeva, nei seminari, alla formazione degli uomini di pastorale, dei sacerdoti “in cura d'anime”, raccomandava di essere araldi di utopia e di intransigenza sul pulpito e al contempo misericordiosi e comprensivi nel confessionale, confrontandosi con la debolezza della creatura concreta.
Con la fuoriuscita, spesso polemica, dalla tradizione cristiana -a partire dal XVIII secolo - prima dell'intellighenzia occidentale e poi via via di settori sociali sempre crescenti, alla prospettiva di fede, con la sua concretezza attenta “all'uomo quale davvero è”, si sostituisce l'astrattezza della ideologia. “L'uomo quale dovrebbe essere”. Nel chiuso dei loro cabinets de travail o nello scintillio mondano dei salotti, si muovono i primi rappresentanti di una nuova, temibile categoria: quella degli “intellettuali”. Coloro, dunque, che, immemori della complessità umana, non usano che di una sola facoltà: “l'intelletto”, la “ragione”, e questa tendono a sostituire alla fede, sino al punto di attribuirle attributi divini e ad adorarla sotto le navate delle cattedrali dalle quali è stata finalmente cacciata la superstizione oscurantista di una “rivelazione” irrazionale e irragionevole. Assurda e dannosa a cominciare dalla radice stessa di quell'oscurantismo: la credenza nel peccato; e in quello “originale” in particolare. Se l'uomo è spesso infelice, se la società è disorganizzata e ingiusta, se liberté-egalité-fraternité non presiedono ai rapporti tra le persone, non è certo per qualche risibile causa teologica: è mancato un “piano steso secondo ragione”; non si è permesso ai “filosofi” di legiferare, non si è affidato il governo agli “esperti”, agli “intellettuali”, ai “migliori”; a coloro, insomma, che in tutto sanno di doversi adeguare alle categorie razionali. E a quelle soltanto, senza sciocchi rispetti per tradizioni, costumi, credenze, “superate” dai lumi. Cominciò così il martirologio della modernità. Da allora sino a oggi, il bilancio di quelle ideologie venute a sostituire “l'irrazionalismo religioso” è drammaticamente monotono: sempre, senza alcuna eccezione, i paradisi in terra promessi dal “piano” pensato a tavolino si sono trasformati in ben concreti inferni nella pratica. Sempre, in nome della “fraternità”, si è giunti al Terrore, non di rado al genocidio. E per un meccanismo tanto semplice quanto implacabile: l'utopia da intellettuale, così impeccabile e attraente sulla carta, applicata -con le buone, ma spesso con le cattive - alla carne viva dell'umanità mostra subito la sua astrattezza, la sua incapacità di far posto alla complessità del reale. E' la parabola tragica che ha accompagnato la modernità e che è costata così spesso sangue; sempre, delusioni cocenti, sperpero di energie e di intelligenze, rovesciamento delle attese (per limitarci all'ultima, impressionante, ubriacatura da utopie e da “piani per un mondo diverso” - quella del Sessantotto - si è forse dimenticato che i mitici “giovani” di allora sono diventati, vent'anni dopo, la generazione dei quarantenni più sfacciatamente “edonisti”, forse i meno “sociali” del secolo, i “rampanti” degli anni Ottanta e del boom economico dell'era reaganiana?).
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Post n°200 pubblicato il 15 Aprile 2008 da Antologia1
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Post n°199 pubblicato il 15 Aprile 2008 da Antologia1
17.01.2008
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A parte poi il fatto che Joseph Ratzinger è appunto un docente universitario, anzi un luminare, uno dei più grandi intellettuali del nostro tempo ed è casomai lui che fa onore all’Università di Roma, intervenendo, non l’Università che fa un favore al Papa. A parte il fatto, infine, che i laici ogni tre secondi citano Voltaire (“non condivido ciò che dici, ma mi batterò fino alla fine perché tu possa dirlo”) e poi lo contraddicono nella pratica. Ma l’aspetto più paradossale è un altro. Perché quello che viene imputato al Papa è di aver citato – in un discorso tenuto quando era cardinale – un intellettuale laico-agnostico, un antidogmatico, un libertario, uno che insegnava a Berkeley dove cominciò la contestazione e che – da anarchico - applaudì alla rivolta, insomma uno dei loro, il celebre epistemologo Paul Feyerabend. Ecco la sua frase citata dall’allora cardinale Ratzinger: “All’epoca di Galileo, la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina di Galilei. Il suo processo contro Galilei era razionale e giusto, mentre la sua attuale revisione si può giustificare solo con motivi di opportunità politica”. In effetti la vicenda Galilei fu molto più complessa di quanto racconti la storia a fumetti che vede un S. Uffizio tenebroso che opprime l’illuminato scienziato. E il cardinale Bellarmino, peraltro grande uomo di cultura, aveva le sue ragioni. Questo intendeva dire il filosofo Feyerabend. La sua provocazione sul processo non era condivisa da Ratzinger che, oltretutto, fu colui che volle la revisione del “caso Galileo” con Giovanni Paolo II. Quindi è l’ultimo a poter essere oggi accusato per questo. Ma – da studioso – ricostruendo il complesso dibattito moderno su quel caso, per far capire la complessità dei problemi e la pluralità delle posizioni in materia, Ratzinger citò anche la celebre pagina di Feyerabend. Quindi Ratzinger viene oggi “scomunicato” in base non al proprio pensiero, ma al pensiero di un altro. Che oltretutto è uno “scettico”, uno della loro stessa area culturale laica (ma lui è coerente e rifiuta tutti i dogmi, anche i loro). “Sono parole” scrivono i professori romani “che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano”. Ma – chiediamo, cari illustri professori – vi rendete conto che queste “parole” da voi citate e “scomunicate” appartengono non al papa, ma ad un vostro illustre collega epistemologo che ha insegnato per anni nei maggiori atenei? E come potete attribuire all’uno le parole dell’altro? No, i professori non sentono ragioni. E sentenziano: “In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato”. Quindi, “in nome del rispetto di ogni credo” chiedono che non sia fatto parlare Benedetto XVI. Tutti, ma non lui. Se non fossero fatti preoccupanti, ci sarebbe da ridere. Perché in quel discorso tenuto a Parma il 15 marzo 1990, evocato e “scomunicato” dai professori, il cardinale Ratzinger insieme a Feyerabend citava – su una linea analoga – anche un altro filosofo, il “marxista romantico” Ernst Bloch su cui sarebbe interessante sentire il parere dei professori della Sapienza. Secondo Bloch sia il geocentrismo che l’eliocentrismo si fondano su presupposti indimostrabili perché la relatività di Einstein ha spazzato via l’idea di uno spazio vuoto e tranquillo: “pertanto” ha scritto Bloch “con l’abolizione di uno spazio vuoto e tranquillo, non accade nessun movimento verso di esso, ma solo un movimento relativo dei corpi l’uno in relazione agli altri e la loro stabilità dipende dalla scelta dei corpi presi come punti fissi di riferimento: dunque, al di là della complessità dei calcoli che ne deriverebbero, non appare affatto improponibile accettare, come si faceva nel passato, che la terra sia stabile e che sia il sole a muoversi”. Il filosofo marxista non tornava certo all’universo tolemaico, né alle conoscenze scientifiche del tempo di Bellarmino e di Copernico, per i quali si potevano fare solo delle ipotesi. Bloch parlava in nome delle più avanzate scoperte scientifiche del XX secolo, esprimeva così – spiegava Ratzinger – “una concezione moderna delle scienze naturali”. Infatti un’altra mente eccelsa del Novecento, grande nome del pensiero ebraico, una combattente contro il totalitarismo, Hannah Arendt, nel libro “Vita activa”, scrive la stessa cosa: “Se gli scienziati precisano oggi che possiamo sostenere con egual validità sia che la terra gira attorno al sole, sia che il sole gira attorno alla terra, che entrambe le affermazioni corrispondono a fenomeni osservati, e che la differenza sta solo nella scelta del punto di riferimento, ciò non significa tornare alla posizione del cardinale Bellarmino e di Copernico, quando gli astronomi si muovevano tra semplici ipotesi. Significa piuttosto che abbiamo spostato il punto di Archimede in un punto più lontano dell’universo dove né la terra né il sole sono centri di un sistema universale. Significa che non ci sentiamo più legati nemmeno al sole, scegliendo il nostro punto di riferimento ovunque convenga per uno scopo specifico”. Secondo la Arendt “per le effettive conquiste della scienza moderna il passaggio dal sistema eliocentrico a un sistema senza un centro fisso è tanto importante quanto fu, in passato, quello da una visione geocentrica del mondo a una eliocentrica”. Ratzinger – uno dei grandi intellettuali del mondo moderno – lo ha capito molto bene e segnala, come la Arendt, la necessità di riflettere sulle conseguenze sociali di questo nuovo scenario e sull’uso che, in questa situazione, si fa della scienza. Invece il mondo accademico italiano, più provinciale e ideologizzato, sembra ancora fermo al Seicento. Io penso che il professor Ratzinger si riconoscerebbe di sicuro in quest’altro pensiero della Arendt: “i primi 50 anni del nostro secolo hanno assistito a scoperte più importanti di tutte quelle della storia conosciuta. Tuttavia lo stesso fenomeno è criticato con egual diritto per l’aggravarsi non meno evidente della disperazione umana o per il nichilismo tipicamente moderno che si è diffuso in strati sempre più vasti della popolazione; l’aspetto forse più significativo di queste condizioni spirituali è di non risparmiare nemmeno più gli scienziati”. Ma vi pare che l’università italiana possa volare a queste altezze? Dove domina l’intolleranza non c’è spazio per l’avventura della conoscenza e per l’inquietudine delle domande. C’è spazio solo per le piccole lotte di potere attorno al rettorato di cui ha parlato Asor Rosa al Corriere. Buonanotte Illuminismo.
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Post n°198 pubblicato il 15 Aprile 2008 da Antologia1
17.01.2008
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A parte poi il fatto che Joseph Ratzinger è appunto un docente universitario, anzi un luminare, uno dei più grandi intellettuali del nostro tempo ed è casomai lui che fa onore all’Università di Roma, intervenendo, non l’Università che fa un favore al Papa. A parte il fatto, infine, che i laici ogni tre secondi citano Voltaire (“non condivido ciò che dici, ma mi batterò fino alla fine perché tu possa dirlo”) e poi lo contraddicono nella pratica. Ma l’aspetto più paradossale è un altro. Perché quello che viene imputato al Papa è di aver citato – in un discorso tenuto quando era cardinale – un intellettuale laico-agnostico, un antidogmatico, un libertario, uno che insegnava a Berkeley dove cominciò la contestazione e che – da anarchico - applaudì alla rivolta, insomma uno dei loro, il celebre epistemologo Paul Feyerabend. Ecco la sua frase citata dall’allora cardinale Ratzinger: “All’epoca di Galileo, la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina di Galilei. Il suo processo contro Galilei era razionale e giusto, mentre la sua attuale revisione si può giustificare solo con motivi di opportunità politica”. In effetti la vicenda Galilei fu molto più complessa di quanto racconti la storia a fumetti che vede un S. Uffizio tenebroso che opprime l’illuminato scienziato. E il cardinale Bellarmino, peraltro grande uomo di cultura, aveva le sue ragioni. Questo intendeva dire il filosofo Feyerabend. La sua provocazione sul processo non era condivisa da Ratzinger che, oltretutto, fu colui che volle la revisione del “caso Galileo” con Giovanni Paolo II. Quindi è l’ultimo a poter essere oggi accusato per questo. Ma – da studioso – ricostruendo il complesso dibattito moderno su quel caso, per far capire la complessità dei problemi e la pluralità delle posizioni in materia, Ratzinger citò anche la celebre pagina di Feyerabend. Quindi Ratzinger viene oggi “scomunicato” in base non al proprio pensiero, ma al pensiero di un altro. Che oltretutto è uno “scettico”, uno della loro stessa area culturale laica (ma lui è coerente e rifiuta tutti i dogmi, anche i loro). “Sono parole” scrivono i professori romani “che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano”. Ma – chiediamo, cari illustri professori – vi rendete conto che queste “parole” da voi citate e “scomunicate” appartengono non al papa, ma ad un vostro illustre collega epistemologo che ha insegnato per anni nei maggiori atenei? E come potete attribuire all’uno le parole dell’altro? No, i professori non sentono ragioni. E sentenziano: “In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato”. Quindi, “in nome del rispetto di ogni credo” chiedono che non sia fatto parlare Benedetto XVI. Tutti, ma non lui. Se non fossero fatti preoccupanti, ci sarebbe da ridere. Perché in quel discorso tenuto a Parma il 15 marzo 1990, evocato e “scomunicato” dai professori, il cardinale Ratzinger insieme a Feyerabend citava – su una linea analoga – anche un altro filosofo, il “marxista romantico” Ernst Bloch su cui sarebbe interessante sentire il parere dei professori della Sapienza. Secondo Bloch sia il geocentrismo che l’eliocentrismo si fondano su presupposti indimostrabili perché la relatività di Einstein ha spazzato via l’idea di uno spazio vuoto e tranquillo: “pertanto” ha scritto Bloch “con l’abolizione di uno spazio vuoto e tranquillo, non accade nessun movimento verso di esso, ma solo un movimento relativo dei corpi l’uno in relazione agli altri e la loro stabilità dipende dalla scelta dei corpi presi come punti fissi di riferimento: dunque, al di là della complessità dei calcoli che ne deriverebbero, non appare affatto improponibile accettare, come si faceva nel passato, che la terra sia stabile e che sia il sole a muoversi”. Il filosofo marxista non tornava certo all’universo tolemaico, né alle conoscenze scientifiche del tempo di Bellarmino e di Copernico, per i quali si potevano fare solo delle ipotesi. Bloch parlava in nome delle più avanzate scoperte scientifiche del XX secolo, esprimeva così – spiegava Ratzinger – “una concezione moderna delle scienze naturali”. Infatti un’altra mente eccelsa del Novecento, grande nome del pensiero ebraico, una combattente contro il totalitarismo, Hannah Arendt, nel libro “Vita activa”, scrive la stessa cosa: “Se gli scienziati precisano oggi che possiamo sostenere con egual validità sia che la terra gira attorno al sole, sia che il sole gira attorno alla terra, che entrambe le affermazioni corrispondono a fenomeni osservati, e che la differenza sta solo nella scelta del punto di riferimento, ciò non significa tornare alla posizione del cardinale Bellarmino e di Copernico, quando gli astronomi si muovevano tra semplici ipotesi. Significa piuttosto che abbiamo spostato il punto di Archimede in un punto più lontano dell’universo dove né la terra né il sole sono centri di un sistema universale. Significa che non ci sentiamo più legati nemmeno al sole, scegliendo il nostro punto di riferimento ovunque convenga per uno scopo specifico”. Secondo la Arendt “per le effettive conquiste della scienza moderna il passaggio dal sistema eliocentrico a un sistema senza un centro fisso è tanto importante quanto fu, in passato, quello da una visione geocentrica del mondo a una eliocentrica”. Ratzinger – uno dei grandi intellettuali del mondo moderno – lo ha capito molto bene e segnala, come la Arendt, la necessità di riflettere sulle conseguenze sociali di questo nuovo scenario e sull’uso che, in questa situazione, si fa della scienza. Invece il mondo accademico italiano, più provinciale e ideologizzato, sembra ancora fermo al Seicento. Io penso che il professor Ratzinger si riconoscerebbe di sicuro in quest’altro pensiero della Arendt: “i primi 50 anni del nostro secolo hanno assistito a scoperte più importanti di tutte quelle della storia conosciuta. Tuttavia lo stesso fenomeno è criticato con egual diritto per l’aggravarsi non meno evidente della disperazione umana o per il nichilismo tipicamente moderno che si è diffuso in strati sempre più vasti della popolazione; l’aspetto forse più significativo di queste condizioni spirituali è di non risparmiare nemmeno più gli scienziati”. Ma vi pare che l’università italiana possa volare a queste altezze? Dove domina l’intolleranza non c’è spazio per l’avventura della conoscenza e per l’inquietudine delle domande. C’è spazio solo per le piccole lotte di potere attorno al rettorato di cui ha parlato Asor Rosa al Corriere. Buonanotte Illuminismo.
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Post n°197 pubblicato il 15 Aprile 2008 da Antologia1
LE AGGRESSIONI A FERRARA
Certo: si può chiudere il discorso tirando in ballo le solite «frange folli », dicendo che dopotutto si tratta di non più di qualche centinaio di scalmanati, ignari della fondamentale distinzione tra la forza degli argomenti e l’uso della forza come argomento: cose che ci sono e ci saranno sempre e dovunque. Si può fare così, certo: ma sarebbe come nascondere la testa sotto la sabbia al pari degli struzzi. Le ripetute, violente manifestazioni inscenate ai comizi di Giuliano Ferrara, i tentativi di impedirgli di parlare, testimoniano infatti di qualcosa di diverso e di più grave. Nel vilipendio della stessa immagine fisica dell’avversario (l’evocazione insistita della sua corpulenza come sinonimo di un’anormalità più sostanziale, antropologica, che va punita), nel pregiudizio livoroso verso ciò di cui egli viene eletto a simbolo («tornatene in televisione») così come verso i supposti veri moventi delle sue opinioni («servo dei servi di Berlusconi »), in tutto questo si avverte l’eco di qualcosa che conosciamo anche troppo bene, e che non è certo patrimonio esclusivo di qualche gruppetto di esagitati.
Ma il punto non sta qui. Non è quando si arriva alle sediate in testa e all’assalto al palco, infatti, che bisogna far sentire la propria voce. È — o meglio era, ormai — quando da mille parti si è dipinto di continuo Ferrara come una sorta di orco antiaborista, uno che voleva ricacciare le donne nella clandestinità delle mammane.
Si è preferito cioè, seguire il copione abituale che in Italia caratterizza la discussione pubblica — si parli di aborto o della Costituzione, di immigrazione o di storia del fascismo —: cambiare le carte in tavola, fingere di non capire, far dire all’altro ciò che quello non ha mai detto ma che secondo noi voleva dire.
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Post n°196 pubblicato il 15 Aprile 2008 da Antologia1
La coalizione guidata da Silvio Berlusconi vince le elezioni con un ampio margine. Il Popolo della Libertà (assieme a Lega Nord e Movimento per l'autonomia), ha una larghissima maggioranza alla Camera (il premio ovviamente la amplifica) e molto solida anche al Senato, con 167 senatori contro 137. L'alleanza di centrodestra ottiene infatti il 47,2% dei voti per Palazzo Madama contro il 38,1% del Partito democratico con l'Italia dei valori. Su base regionale, 15 Regioni su 18 vanno al Pdl, che rispetto al 2006 ne strappa 4 al centrosinistra. Smentiti clamorosamente i primi exit poll diffusi subito dopo la chiusura delle urne che indicavano una differenza di soli due o tre punti percentuali tra Pdl-Lega-Mpa e Pd-Idv. Alla Camera il vantaggio è altrettanto inequivocabile: l'alleanza guidata dal Popolo della libertà ottiene (quando sono state scrutinate 56.511 sezioni su 61.062) il 46,6% dei voti, quella del Partito democratico il 37,7%. Un distacco che fin dalle prime proiezioni è sembrato incolmabile, tanto che in serata è stato lo stesso Veltroni a riconoscere la vittoria dell'avversario: «Ho telefonato a Berlusconi - annuncia il leader del Pd - per augurargli buon lavoro». BERLUSCONI «COMMOSSO» - Grande soddisfazione da parte di Pdl e Lega. Berlusconi si dice «commosso» e annuncia di avere già in mente la squadra di governo, di cui faranno parte «almeno quattro donne». Annuncia inoltre di essere aperto al dialogo con chiunque voglia lavorare con il Popolo della libertà alla guida del Paese. Anche Umberto Bossi esulta: «Siamo forti, il nostro boom era atteso». Il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, promette dal canto suo «un'opposizione costruttiva». Da segnalare la buona performance della Lega e il flop della Sinistra-Arcobaleno, che appare destinata a sparire dal Parlamento (tanto che il candidato premier, Fausto Bertinotti, si è dimesso da tutti gli incarichi dirigenziali). MENO PARTITI - In un solo colpo le scelte dei partiti maggiori di andare da soli (in realtà con mini coalizioni), in combinazione con i meccanismi della legge elettorale, hanno cancellato dal panorama politico parlamentare diversi gruppi partiti. Imprevista e di ampie dimensioni il crollo della Sinistra Arcobaleno, che non arriva al 4%. Se si pensa che da sola Rifondazione due anni fa aveva superato il 7%, si capisce quanto lo scenario sia cambiato. E d'altra parte nessuna piccola formazione ha raggiunto la soglia d'accesso al Senato, ma nemmeno alla Camera. Drastico il ridimensionamento dei gruppi parlamentari: cinque alla Camera e quattro al Senato. SENATO - Entrando più nel dettaglio, alle elezioni per il Senato la coalizione di centrodestra si attesta circa nove punti sopra l'alleanza guidata da Veltroni. Quando sono state scrutinate per il Senato oltre 58mila sezioni su 60.048, il Pdl-Lega-Mpa ottiene il 47,2 % contro il 38,19% di Pdv-Idv. Il Popolo della libertà è al 37,9%, la Lega all'8,1%, l'Mpa all'1%; il Pd al 33,8%, l'Idv al 4,3%. Gli altri: Udc al 5,6%, Sinistra-Arcobaleno al 3,2%, la Destra al 2%, il Partito socialista allo 0,8% (dopo questo risultato il segretario, Enrico Boselli, si è dimesso). A Palazzo Madama la coalizione del centrodestra, secondo le elaborazioni dei primi scrutini, avrebbe 167 seggi contro i 137 di Pd e Italia dei valori. Sono esclusi i 6 seggi della Circoscrizione Estero. Il calcolo, per il Senato, avviene su base regionale e da questo punto di vista il Pdl (assieme a Lega e Mpa) conquista (stando alle proiezioni) 12 Regioni, strappandone 5 a Pd+Idv (Sardegna, Campania, Liguria, Abruzzo e Calabria) e lasciandone dunque agli avversari soltanto 6. In particolare a Berlusconi andrebbero: l'Abruzzo, la Campania, il Friuli-Venezia Giulia, il Lazio, la Lombardia, il Piemonte, la Puglia, la Sicilia, la Calabria e la Liguria. Al centrosinistra di Veltroni vanno la Basilicata, l'Emilia-Romagna, le Marche, il Molise, la Toscana e l'Umbria. CAMERA - Netta vittoria per il Cavaliere anche alla Camera. A spoglio non ancora ultimato, l'alleanza guidata dal Popolo della libertà si attesta infatti sul 46,6% dei voti, quella del Partito democratico al 37,7%. Nel dettaglio il Pdl è al 36,9%, la Lega all'8,6% e l'Mpa all'1%. Di contro il Pd è al 33,3% e l'Idv al 4,3%. Tra i partiti minori l'Udc è al 5,5%, la Sinistra-Arcobaleno crolla al 3%, la Destra racimola il 2,4% e i socialisti lo 0,9%. L'alleanza guidata dal Cavaliere otterrebbe 340 seggi, quella guidata da Veltroni 241.
G. Ant. |
Post n°195 pubblicato il 15 Aprile 2008 da Antologia1
BENEDETTO XVI VERSO GLI USA L’AZZARDO PAPALE DAVANTI A GROUND ZERO DAVIDE RONDONI
Come se non bastasse chiedere più pace. Come se non bastasse, in quel buco che si è aperto nel centro della città che mai dorme e che pensava d’esser potente, chiedere un po’ di sicurezza. O un po’ di giustizia. Non so come gli sia venuto in mente. Ma non è la prima volta che la Chiesa aggiunge alle normali richieste di maggiore giustizia, di più equo rapporto tra i popoli, anche una sua speciale domanda. Questa preghiera per la conversione è stata alzata di fronte a tremendi fatti di mafia. In occasione di delitti ciechi, efferati in tanti luoghi della nostra Italia ferita. Non è la prima volta che la Chiesa aggiunge qualcosa a quel che possono dire tutti. A quel che giustamente si soffermano a chiedere i politici, le istituzioni, gli uomini pubblici. Un po’ più di pace, un po’ più di giustizia. Lei aggiunge una domanda in più. La Chiesa ragazza di Dio fa una domanda fuori luogo. Impertinente. Un azzardo. Chiede la conversione dei peggiori. Dei colpevoli. Non solo la loro condanna, la loro messa in situazione di non colpire. Ma la loro conversione. L’addolcimento, l’apertura del cuore a Dio. Lo chiede per loro, quasi guardando Dio negli occhi, con amore e dignità infiniti. Lo chiede per loro, perché lo chiede per tutti. Inginocchiato in uno dei luoghi più bui di questi decenni, Papa Benedetto chiederà quello che chiedono tutti. Che non si ripeta, che gli uomini e i governi facciano di tutto perché da orrore non nasca altro orrore. Lo chiederà sapendo di essere successore del Papa che si oppose alla logica di rispondere con le armi alle armi. Ma non farà solo richieste politiche, non farà solo le preghiere 'normali'. Farà questa domanda incredibile, altrettanto forte e memorabile del gesto che creò quell’orrendo fosso. |
Post n°194 pubblicato il 15 Aprile 2008 da Antologia1
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Post n°193 pubblicato il 10 Aprile 2008 da Antologia1
Chiara, raccontaci come hai incontrato il Signore. C'è sempre un momento della vita di ognuno in cui nasce il desiderio di conoscerlo e di incontrarlo. Pensavo che Dio fosse irraggiungibile. Poi l'incontro con dei giovani sul cui volto vedevo una gioia esplosiva. Ho chiesto quale fosse il loro segreto. Mi hanno risposto semplicemente: "Il segreto di questa gioia che tu vedi sui nostri volti è l'incontro con Cristo Risorto". Domando: "Come, con Cristo Risorto?". Mi hanno spiegato: "Sì, perchè Cristo si fa presente in mezzo a noi. La Scrittura ci ricorda che dove due o più sono uniti nel Suo nome, Lui ancora oggi si fa presente e noi l'abbiamo incontrato, ed è Lui che ci ha cambiato la vita. Tu prova a vivere il Vangelo, prova ad amare e capirai". Allora ho raccolto questa sfida e mi sono detta: "Anch'io voglio incontrare Gesù, accipicchia!" E due frasi del Vangelo mi hanno colpito particolarmente: "A chi mi ama mi manifesterò" e "Come fai ad amare Dio che non vedi se non ami il fratello che vedi?". Ho capito che questa era la strada da intraprendere. E devo dire che questo incontro c'è stato, ed è stato sconvolgente, travolgente, come può essere il passaggio di Cristo nella nostra vita. Ho veramente scoperto che Lui è la Via: in Lui trovavo tutto quello che il mio cuore cercava, in Lui trovavo la pace, in Lui trovavo la gioia, in Lui trovavo un senso alla mia esistenza, in Lui trovavo quei colori capaci di riempire, di colorare di cielo la mia piccola vita. Ebbene, cosa hai fatto per dare a Dio la possibilità di salvare i giovani dall'inferno? Ci siamo buttati in questa avventura ed è arrivata la casa. Di giorno in giorno sperimentavamo in mille modi i segni dell'amore di Dio Padre. Per esempio, mi avevano detto che per mantenere 15 persone occorrevano 15 milioni, ma io non avevo una lira e già eravamo in 25. Mi chiedevo: "come farò, a fine mese, a reperire questi milioni?". Ero preoccupata, ma ricordavo che Gesù aveva detto: "Cercate il regno di Dio e la sua Giustizia, tutto il resto arriva in aggiunta"; "Non vi affannate, i gigli del campo non tessono e non filano, ma neppure Salomone in tutta la sua gloria fu rivestito come uno di loro". Tutto quello che è avvenuto è stato semplicemente stupendo: c'era la bolletta di 362.000 lire da pagare? arrivava una persona mai vista e conosciuta con una busta di 363.000 lire; serviva una macchina perché eravamo rimasti senza macchina? in settimana tre telefonate e tre macchine in regalo; era il compleanno di una delle ragazze che amava pazzamente i gelati? suonano alla porta ed arriva un camion di gelati. Tutti fatti che ci facevano toccare con mano l'amore di un Dio che si manifestava come Padre. Allora, servivano circa 15 milioni per arrivare a fine mese, adesso i ragazzi accolti nelle comunità sono 150, quindi i milioni necessari sono un po' di più. Ci sono centri che stanno nascendo in varie parti d'Italia, adesso anche in Colombia, Brasile, Africa. Per la Regione noi avremmo bisogno di 150 milioni al mese, ma non riceviamo niente dalla Regione e dai genitori, eppure non ci manca niente, perché c'è un Padre che pensa a noi. |
Inviato da: philrep
il 14/06/2008 alle 17:31
Inviato da: bimbayoko
il 12/06/2008 alle 14:21
Inviato da: valedolce2
il 11/06/2008 alle 23:30
Inviato da: viandante_1984
il 08/06/2008 alle 20:12
Inviato da: bimbayoko
il 08/06/2008 alle 15:05