ASS. ANTONIO DIODATI

Rosalba De Simone Oltre, La Mongolfiera, 2013, pagg 55. euro 7,00


Rosalba De Simone, Oltre, La Mongolfiera, 2013, pagg 55. euro 7,00   Un libro di biografia ( questo lo è, raccontando la vita di Antonio Diodati, armiere), è credibile quando risulta veritiero, suscitando nello stesso tempo partecipazione in chi legge e riflessioni di ordine morale e artistico. L’autrice riesce in questo intento, evitando il pericolo del sentimentalismo (ed era facile caderci, parlando di una vicenda umana, chiusasi tragicamente) e quell’intellettualismo, che avviene quando si slarga, a dismisura e in modo inopportuno l’orizzonte, con considerazioni storiche, sociologiche, in un linguaggio arido, che fa capire l’incapacità di chi scrive di non aver incontrato l’anima e la mente e la vita della persona di cui parla.Oltre è un bel libro, perché è una bella vita che racconta nella sua quotidianità, negli umori, i sogni, nella poesia dell’esistere, vivendo già quell’oltre, quel senso dell’assoluto e dell’infinito per cui, quando, improvvisa, avviene la tragedia della morte, pur nel dolore, quell’oltre continua in altra dimensione, tramite la fede e l’amore, vincolo eterno che il tempo non spezza e né il dolore. Antonio o “Totonno” come si usa dire nel meridione, vive nella potenza evocatrice della parola in tutta la sua bellezza del sentire e dell’agire, evidenziandone tratti diversi, in un’immagine a tutto tondo: l’incanto incipiente dell’amore che gli fa portare, distratto nel quotidiano dalla bellezza del sentire, il cucchiaino dopo aver preso, la prima volta il caffè, nella casa di colei che sarà poi sua sposa; l’attenzione discreta e intensa per i figli con gesti parchi e misurati ma genuini e veri (per questione di carattere e anche perché nel Sud all’uomo non è concesso esternare con troppo evidenza l’affetto): il bacio alle figlie quando già dormivano (o facevano finta di dormire come dice Marzia), rimboccare la madre dell’autrice in ospedale e tanti altri gesti di affetto e signorilità… Così da un piccolo paese della Calabria, in cui non mancano pettegolezzi (la signora che dice alla moglie del protagonista di abortire, per non avere una famiglia numerosa e relativi problemi), risalta, senza aspetti appariscenti, ma forte e deciso nella sostanza, una figura che, oltre ad essere presa come esempio di umanità e onestà, può diventare l’emblema di una terra che sa riscattarsi, nel sogno che sa realizzare (inventore), nella curiosità di apprendere, nel sapere mantenere contatti con altre realtà facendosi apprezzare, nel voler trasferire la sua genialità al Sud, senza scappare dalla propria terra, ma restare come esempio da imitare… Mi veniva in mente, mentre leggevo il libro, il nostro conterraneo Tommaso Campanella e la sua missione politico-filosofica per la sua gente: “Erano tutti al buio… io accesi un lume”. Totonno Diodati, senza porsi problemi filosofici, fa questo: diventa un intellettuale nel suo radicarsi alla sua Calabria, nel senso di appartenenza, riportando nel paese di origine quanto appreso al Nord, perché crede nel senso di riscatto di un Sud, bistrattato e depredato (come succede anche a lui stesso, per un brevetto di un fucile). E lo fa con la stessa caparbietà, nel suo piccolo, del filosofo calabrese di cui ha, quasi per una trasmissione genetica, le caratteristiche fondamentali, presenti in ogni persona geniale, sensibile e corretta: la versatilità, la generosità, l’audacia, il sognatore.L’autrice, in questo raro equilibrio tra sentire e parola, fa opera intelligente e maieutica, facendo venire fuori dai vari incontri con la famiglia di Totonno, un’esperienza di vita da ammirare. E nel sapiente dosaggio di racconto della famiglia del protagonista e considerazione proprie, la De Simone fa capire una cosa essenziale anche a livello letterario, specie per scrivere una biografia e un saggio: si riesce solo se si ama, se si entra in sintonia con ciò di cui si scrive. E in questa sintonia, che è sofferenza anche per l’autrice (la morte prematura del fratello, intimo amico di Totonno), ma che è anche intelligenza nel saper distanziarsi in modo giusto dai palpiti del cuore (altrimenti non è possibile l’arte), l’autrice, insieme alla famiglia di Totonno, scioglie un canto alla vita, alla fede, alla poesia, a quel sentimento della meraviglia e dell’assoluto.E la chiusura di questo bel libro e di questa vita vera né è il suggello: Totonno a caccia, nel vedere le anitre di mare giocare nella pozzanghera, non prende il fucile per sparare, ma la macchina fotografica per eternare quel volo verso il terso cielo, cui tutti noi tendiamo, nella fragilità del nostro esistere. Trebisacce 2 marzo 2014 Gianni Mazzei