Sogni in qwerty

ROSSO SANGUE


Sangue “morto” scelto come testimonial pubblicitario. Il gusto dell’horror non ha confini e non se li auto-impone.Uno spot sulla fiancata di alcuni bus che circolano a Roma pubblicizza una serie televisiva il cui protagonista è un serial killer. Seguo poco i telefilm, in particolare pochissimo quelli horror di gran moda in queste ultime stagioni, e dunque ho dovuto rincorrere l’autobus con lo sguardo varie volte per capire il senso di quello spot e tentare di coglierne l’umorismo perverso. No, non c’era umorismo, era solo sangue “splatterato” sul muro e sul viso del protagonista messo lì a pubblicizzare una fiction che si vanta di essere una delle più sanguinolente di questa stagione televisiva.Nell’ambito della libertà di parola e di espressione, di cui mi avvalgo anch’io scrivendo queste cose, tutto (quasi) è lecito pur di attrarre lo sguardo e l’attenzione, soprattutto poi da parte di un messaggio pubblicitario. Eppure, dopo aver visto quella pubblicità resta un retrogusto amaro e una lieve foschia nell’animo. Se la pubblicità ad una fiction ha bisogno di cartelloni imbrattati di sangue per attirare l’attenzione, beh allora vuol dire che il sangue (quello che sporca i muri e la strada, quello che schizza via per una lacerazione da colpo d’arma da fuoco o da taglio, il sangue “morto”, sì proprio il sangue dei morti, non quello dei vivi) questo sangue ha perso tutto il suo valore sacro. Mostrare il sangue con questa spregiudicatezza, e farlo per puro scopo commerciale, mi appare come una offesa gratuita che vìola il diritto dei morti alla propria privacy. Che vìola il senso intimo del sangue stesso, che resta fluido, vitale e rosso solo quando circola liberamente dentro le vene, e invece coagula e muore appena è costretto ad uscire all’esterno. Violenza gratis sui muri per vendere una fiction, ecco il messaggio che arriva a tutti, compresi i bambini.I bambini che camminano incolpevoli e ingenui per strada, avranno il diritto alla loro ignoranza pulita!?Evidentemente un ragionevole limite a questa libertà di espressione non può essere imposto dall’alto, ma qualcuno dovrebbe pur difendere l’immagine e la onorabilità del sangue, riaffermando il valore umano e l’essenza pulita del suo rimanere nascosto e in pace, dentro le vene.La "assuefazione" al sangue è necessaria per motivi professionali, in alcuni casi; ma la sua banalizzazione e divulgazione è ostentata adesso come se fosse la liberazione da millenni di ematofobia.E’ un segno scuro, rosso scuro, dei nostri tempi. Da Agorà Magazine del 20 gennaio 2009 http://www.agoramagazine.it/agora/spip.php?article5637