Creato da: antonio.facchiano il 07/05/2008
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Post n°49 pubblicato il 15 Ottobre 2009 da antonio.facchiano
Dove ti tirerei la cinghia.... Ormai Skype è diffusissimo, e permette di fare telefonate anche oltre-oceano a costi bassissimi e perfino video-conferenze a costi irrisori. Cio’ premesso, nei budget aziendali e ministeriali le voci dedicate ai viaggi potrebbero essere drasticamente ridotte, per legge; pur senza ridurre la partecipazione ai convegni, alle riunioni, ai corsi di aggiornamento, ai meeting nazionali e internazionali. Operando le opportune pressioni, la maggior parte dei congressi o meeting internazionali o convention, utilissimi e anzi necessari per gli scambi e il progresso delle conoscenze, potrebbero essere trasmessi in video-conferenza via internet. Si potrebbe così eliminare la gran parte dei costi di viaggio e di pernottamento. E non stiamo parlano di briciole, ma del 5-10% del budget disponibile per le spese, in molti casi. Alcuni viaggi di lavoro sono certamente insopprimibili, ma una buona percentuale del totale dei viaggi di lavoro potrebbe essere eliminata, se si facesse un uso più intelligente delle video-conferenze. Ma si sa, l’acqua calda esiste da sempre, ma non tutti la usano.
Antonio Facchiano
Post n°48 pubblicato il 21 Aprile 2009 da antonio.facchiano
Elogio della politica che non c'è Rime sincere, forse già sentite; rime baciate ma purtroppo con poco amore.
Se tu fossi callo ti dolorerei Se fossi collo forse stringerei Se fossi pollo ti arrostirei A microonde fino alle sei Se fossi pelo ti taglierei Se fossi morta in cielo … ti benedirei Se fossi seria ..… Bello sarebbe ma non ci crederei Se avessi cura di tutti i tuoi gioielli Eviteresti la fuga dei cervelli Se fossi solo un poco illuminata Giustizia sarebbe fatta e non malata Se fossi onesta come un tempo fosti Limiteresti i tuoi e i nostri costi Se ti impegnassi sui problemi veri L’Aquila sarebbe in piedi come ieri Se avessi un briciolo di pudore Lavoreresti senza alcun clamore Se non pensassi solo ai casi tuoi Cornuti sarebbero solo i buoi Se curassi anche quelli altrui Tosto finirebbero ‘sti tempi bui Infine, perdona l’ardire Delle mie ingenue mire Se fossi come tu non sei L’Italia primeggerebbe nel G6
Post n°47 pubblicato il 20 Aprile 2009 da antonio.facchiano
Su Google, ad oggi: Viva gli auricolari e il vivavoce Antonio Facchiano
Post n°46 pubblicato il 09 Aprile 2009 da antonio.facchiano
Tag: prevenzione, TERREMOTI Con più di 250 morti accertati e danni gravissimi, la polemica impazza dopo il terremoto in Abruzzo. Ma qui non si tratta di poter o non-poter prevedere i terremoti. Forse sarà possibile prevederli, magari in un futuro vicino, ma per favore non spostiamo i termini della polemica, che comunque è sempre utile, se costruttiva. In questi giorni di dolore e di tragedia che non si ferma (perché in Abruzzo la terra continua a tremare forte, scotendo forte anche gli animi) il problema su cui cominciare a confrontarsi, accanto alla gestione della emergenza, è la prevenzione. Purtroppo nel nostro paese nel campo dei terremoti e delle catastrofi naturali, come in molti altri campi, è evidente la assenza di una adeguata politica preventiva. Lo Stato dovrebbe avere la lungimiranza e diciamo pure i testicoli per prendere delle decisioni forti e agire poi in maniera che le decisioni prese siano attuate; la prevenzione anti-sismica, attraverso la messa a norma di tutto il patrimonio edilizio, è uno dei campi su cui si gioca la credibilità dell'intero paese e della sua classe dirigente, nonché la vita stessa dell'intero popolo italiano. Il reato di omessa prevenzione dovrebbe essere contemplato nel nostro ordinamento giudiziario e dovrebbe essere dato agli amministratori e ai politici un termine ragionevole di pochi anni per adeguare le normative e le infrastrutture. Sarebbe sicuramente un lavoro immane, ma gli amministratori in fondo servono a questo e hanno tutte le competenze necessarie. I costi elevati e i vincoli di tutela del patrimonio artistico sono spesso usati come un alibi per non agire; ma mi chiedo se sia più bello un centro storico ingabbiato ma in piedi, oppure lo stesso centro storico raso al suolo da terremoti di entità neanche tanto forte. La sicurezza delle persone deve essere messa al primo posto e dunque lo Stato dovrebbe agire con i mezzi che ha per imporre che tutto il patrimonio edilizio nazionale venga messo a norma anti-sismica entro un tempo ragionevolmente breve. Se si vuole, si può fare. Di morti sotto le macerie nella mia vita ne ho visti molti, troppi, dal terremoto dell'Irpinia di 29 anni fa. Di macerie ne abbiamo avute tutti abbastanza, è ora che lo Stato, dimenticando per un momento tasse e tributi, mostri i suoi attributi e agisca con una efficace politica di prevenzione in tutti i campi, dai terremoti alle altre catastrofi naturali come le alluvioni, dagli incidenti stradali che possono facilmente essere prevenuti con controlli preventivi e disincentivi, agli incidenti domestici, alle malattie da cause ambientali e da errati stili di vita. Prevenzione è la parola d'ordine (anche giuridico) che garantirebbe sviluppo sociale e culturale, e in ultima analisi una vita migliore per tutti. Costi quel che costi.
Post n°45 pubblicato il 17 Marzo 2009 da antonio.facchiano
E’ di qualche giorno fa la notizia che il talidomide, nome tenebroso di un farmaco ritirato dal commercio 50 anni fa perchè teratogeno, ora è stato accettato anche in Italia per la terapia del Mieloma Multiplo. In altre parole,un veleno il cui nome evoca un passato triste fatto di malformazioni congenite deturpanti in migliaia di neonati degli anni ‘50 e ‘60 (focomelia) ora, usato in determinate condizioni, si rivela prezioso contro il mieloma. La notizia non è nuova; agli addetti ai lavori il fatto che questa molecola sia un buon agente antitumorale è gia noto da qualche anno. Però ora la notizia è battuta dalle agenzie (http://www.asca.it/news-TUMORI__VIA_LIBERA_AIFA_A_MOLECOLA_CONTRO_MIELOMA_MULTIPLO-815634-ORA-.html ) Questa notizia dovrebbe far riflettere sulla relatività di tutto. Sul bianco che è bianco solo per chi lo vede come tale; sul nero che appare nero e alcune volte non lo è; sul veleno che uccide alcuni e può salvare altri …. E’ un quadro fosco questo che si sta disegnando, a pensarci, perché dimostra una volta di più che molte certezze sono solo illusioni. Forse non tutte, ma molte sono solo illusioni. Ma la cosa grave in sé non è questa; la cosa grave è la difficoltà enorme e inquietante di capire quali certezze sono tali e quali sono illusioni. Saper distinguere quale certezza sia “certa” e quale “illusoria” sta diventando fonte di ansia epocale; tutta la ricchezza dei paesi ricchi (USA in primo luogo), la ricchezza che dava prestigio vanto e sicurezza, ricchezza che aumentava la autostima dei popoli, si è appena scoperto che era una ricchezza presunta e inesistente, anzi era in realtà un debito enorme. Sembra quasi una sorta di trend globale, questo sfumarsi dei confini, questo fondersi e confondersi di opposti, questa globalizzazione e fusione dei concetti, oltre che delle economie. Forse è bene che sia così, non lo so, non l’ho ancora capito. Dare un bella sforbiciata alle nostre certezze sarebbe sicuramente utile e salutare, ma alcune devono rimanere, diamine, alcune DEVONO rimanere. Antonio Facchiano
Post n°44 pubblicato il 24 Febbraio 2009 da antonio.facchiano
Firmato un accordo di cooperazione sul nucleare con la Francia. Riparte la corsa verso il nucleare in Italia. Nel 1987 circa 21 milioni di italiani (pari all’80% dei votanti) dissero no al nucleare in Italia. A 22 anni di distanza quella presa di posizione è definita “fanatismo ecologico” dal nostro premier (ANSA 24-2 2009: http://www.ansa.it/opencms/export/site/visualizza_fdg.html_901879463.html). Io ho sempre pensato con orgoglio a quella scelta fatta, una scelta che politici accorti e intelligenti avrebbero potuto e dovuto trasformare in occasione per sostenere e sviluppare tecnologie alternative per un ambiente più pulito e per una maggiore indipendenza energetica. Invece la insipienza di generazioni di politici corrotti e trafficoni è riuscita solo a garantire una maggiore sudditanza energetica verso i produttori di petrolio e di metano, una arretratezza tecnologica, un’aria più inquinata e una maggiore povertà di tutto il paese. Ora, a 22 anni di distanza, quel referendum non ha più valore? La volontà popolare chiaramente espressa dalla stragrande maggioranza dei votanti è andata in prescrizione? Evidentemente sì. La firma di questo accordo di collaborazione con la Francia per lo sviluppo del nucleare in Italia ora appare come una occasione per recuperare il tempo perso e ricolmare il gap tecnologico accumulato, ma non risolverà la nostra crescente fame di energia né tanto meno ridurrà la nostra dipendenza energetica, poiché snobberemo i produttori di petrolio e gas ma dipenderemo dai produttori di uranio che ne decideranno il prezzo a loro piacimento. Bisognerebbe investire sulle energie pulite e rinnovabili che abbiamo in abbondanza come l’energia eolica, il sole, l’energia geotermica, l’energia delle maree, l’energia idroelettrica, i bio-gas, l’etanolo, il bio-diesel… invece ci prepariamo ad avvelenare ancora di più il nostro territorio e ad arricchire ancora di più i mercanti internazionali. Dicano quel che gli pare, il futuro NON può essere nel nucleare, perché il nucleare è costoso, è sporco, non è rinnovabile, perché le riserve di uranio non sono inesauribili e perché non abbiamo neanche una piccola miniera di uranio sul nostro territorio. Non c’è una sola buona ragione per investire adesso risorse serie nel nucleare. Sarà difficile, ma spero che sia possibile sottoporre di nuovo a quesito referendario la normativa sull’energia non solo per dire un no definitivo a questo nucleare, ma soprattutto per dire un sì vincolante a politiche serie sulle rinnovabili.
Antonio Facchiano
Post n°43 pubblicato il 19 Febbraio 2009 da antonio.facchiano
Giusto e ingiusto non sempre equivalgono a legale e illegale Forse nessuno sa cosa sia davvero “giusto” e cosa “ingiusto”. A guardarla bene, la giustizia è un valore relativo, sfuggente, non assoluto, purtroppo. Pur riconosciuta come requisito irrinunciabile per la libertà di tutti i popoli, paradossalmente la giustizia è un valore legato alla soggettività dei singoli popoli, se non proprio alla soggettività dei singoli individui. E’ un valore declinato in modi diversi a seconda dei tempi, delle convinzioni religiose, dello sviluppo della società e dell'economia, della maturazione della civiltà dei popoli. Ogni epoca ha la sua giustizia. Forse ogni regione geografica ne ha una, che cambia e matura con tempi diversi da regione a regione. Eppure alcuni valori comuni e universali si dovrebbero identificare e accettare unanimemente, ovunque, soprattutto in tempi di globalizzazione, e la civiltà dovrebbe assumersi l’onere di garantirne la applicazione. Questi valori comuni potrebbero riguardare la difesa dei piccoli, la difesa della salute, la difesa della pace, la difesa dell’ambiente e della dignità di ogni essere vivente. Difesa, già, difesa contro il rischio di imbarbarimento. Una cosa sembra chiara: non sempre ciò che è ingiusto è anche illegale. Il comune senso del giusto suggerisce che dovrebbe esserci una certa relazione tra ciò che è giusto e ciò che è legale, da un lato, e soprattutto tra ciò che è ingiusto e ciò che è illegale. Invece, i grandi finanzieri responsabili del disastro economico che stiamo vivendo si sono mossi nella piena legalità. Invece, la politica fanfarona, demagogica e inconcludente è considerata incolpevole e non legalmente responsabile dei suoi fallimenti e delle sue omissioni. Invece, la crisi delle aziende, quasi sempre attribuibile a incapacità manageriale, viene di solito pagata dagli anelli più deboli del sistema e non dai veri responsabili. In questo mondo contemporaneo, non tanto diverso da quello di qualche secolo addietro, nascere (o diventare) l’anello debole sembra essere una colpa, perché troppo spesso gli anelli più deboli sono quelli che pagano per la inefficienza, l’ignoranza, i traffici, le clientele, le ingiustizie fatte da altri. C’è un detto molto saggio: la forza di una catena è la forza del suo anello più debole. La forza che diamo ai nostri anelli deboli (ai bambini, ai malati, ai vecchi, ai disoccupati, a chi non ha potere contrattuale, a chi non urla, a chi non può difendersi …) quella è la vera forza di tutti gli altri.
da Agorà Magazine del 19 febbraio 2009 http://www.agoramagazine.it/agora/spip.php?article5952
Post n°42 pubblicato il 03 Febbraio 2009 da antonio.facchiano
Tag: orgoglio italiano L’Italia colleziona il maggior numero di infrazioni europee La apertura di una procedura di infrazione europea si verifica quando la Commissione Europea accerta o sospetta il mancato recepimento di una direttiva, da parte di uno stato membro. Il numero di infrazioni collezionate dall’Italia negli ultimi anni è di circa duecento; gli altri Stati membri non sono proprio virtuosissimi, ma l’Italia è la peggiore, sotto questo aspetto (http://ec.europa.eu/community_law/infringements/pdf/25_annexes_1_to_4_en.pdf ). Una lista di infrazioni è riportata al sito http://ec.europa.eu/internal_market/publicprocurement/infringements_en.htm Di infrazioni europee si parla moltissimo in Italia http://iltafano.typepad.com/il_tafano/2008/01/italia-finalmen.html); la ricerca su Google di “infrazione europea “ e “Italia” trova 252 mila siti. Le infrazioni riguardano prevalentemente la difesa dell’ambiente, verso il quale c’è evidentemente ancora poca attenzione in Italia, ma riguardano anche le modalità degli appalti pubblici, le telecomunicazioni, i servizi bancari, l’uso dei cordoni ombelicali per le banche di cellule staminali, etc. Sembra proprio che l’applicazione delle direttive europee in Italia non sia la prima priorità all’ordine del giorno per i nostri politici e amministratori. E noi italiani facciamo la solita figura dei pierini, dei discoli indisciplinati e maleducati, che non fanno i compiti a casa e magari disturbano le lezioni in classe insieme a qualche altro monello, e quindi devono essere rimessi in riga con qualche scappellotto. Questo è lo specchio dei nostri amministratori ma è un’immagine impietosa e ingiusta degli italiani, o almeno di quella maggioranza che lavora con passione e dedizione, con consapevolezza delle regole e delle emergenze ambientali, dei diritti e dei doveri. La apertura di una procedura di infrazione è rivolta ad assicurare il recepimento delle direttive e può portare alla emissione di una multa. Domanda: chi pagherà le multe dovute per il mancato recepimento delle direttive? Credo (e mi piacerebbe essere smentito) che i milioni di euro necessari siano a carico delle tasche dei contribuenti italiani, che restano così ancora una volta sia cornuti che mazziati. Ecco, una buona legge da fare sarebbe quella che, con la equità e la misura del caso, “privatizzasse” la responsabilità degli enti pubblici, in questo caso la responsabilità del parlamento italiano e degli enti locali. Se le multe gravassero direttamente sui rimborsi dei nostri amministratori (unici responsabili del mancato recepimento delle direttive europee), questi ultimi probabilmente sarebbero più motivati ad applicare le direttive, l’Italia riceverebbe meno infrazioni, si vivrebbe forse tutti un po’ meglio e saremmo tutti più orgogliosi di essere italiani. Antonio Facchiano http://www.italoeuropeo.it/index.php?option=com_content&task=view&id=1435&Itemid=107
Post n°41 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da antonio.facchiano
Tag: pubblicità, sangue Sangue “morto” scelto come testimonial pubblicitario. Il gusto dell’horror non ha confini e non se li auto-impone. Uno spot sulla fiancata di alcuni bus che circolano a Roma pubblicizza una serie televisiva il cui protagonista è un serial killer. Seguo poco i telefilm, in particolare pochissimo quelli horror di gran moda in queste ultime stagioni, e dunque ho dovuto rincorrere l’autobus con lo sguardo varie volte per capire il senso di quello spot e tentare di coglierne l’umorismo perverso. No, non c’era umorismo, era solo sangue “splatterato” sul muro e sul viso del protagonista messo lì a pubblicizzare una fiction che si vanta di essere una delle più sanguinolente di questa stagione televisiva. Nell’ambito della libertà di parola e di espressione, di cui mi avvalgo anch’io scrivendo queste cose, tutto (quasi) è lecito pur di attrarre lo sguardo e l’attenzione, soprattutto poi da parte di un messaggio pubblicitario. Eppure, dopo aver visto quella pubblicità resta un retrogusto amaro e una lieve foschia nell’animo. Se la pubblicità ad una fiction ha bisogno di cartelloni imbrattati di sangue per attirare l’attenzione, beh allora vuol dire che il sangue (quello che sporca i muri e la strada, quello che schizza via per una lacerazione da colpo d’arma da fuoco o da taglio, il sangue “morto”, sì proprio il sangue dei morti, non quello dei vivi) questo sangue ha perso tutto il suo valore sacro. Mostrare il sangue con questa spregiudicatezza, e farlo per puro scopo commerciale, mi appare come una offesa gratuita che vìola il diritto dei morti alla propria privacy. Che vìola il senso intimo del sangue stesso, che resta fluido, vitale e rosso solo quando circola liberamente dentro le vene, e invece coagula e muore appena è costretto ad uscire all’esterno. Violenza gratis sui muri per vendere una fiction, ecco il messaggio che arriva a tutti, compresi i bambini. I bambini che camminano incolpevoli e ingenui per strada, avranno il diritto alla loro ignoranza pulita!? Evidentemente un ragionevole limite a questa libertà di espressione non può essere imposto dall’alto, ma qualcuno dovrebbe pur difendere l’immagine e la onorabilità del sangue, riaffermando il valore umano e l’essenza pulita del suo rimanere nascosto e in pace, dentro le vene. La "assuefazione" al sangue è necessaria per motivi professionali, in alcuni casi; ma la sua banalizzazione e divulgazione è ostentata adesso come se fosse la liberazione da millenni di ematofobia. E’ un segno scuro, rosso scuro, dei nostri tempi. Da Agorà Magazine del 20 gennaio 2009 http://www.agoramagazine.it/agora/spip.php?article5637
Post n°40 pubblicato il 05 Gennaio 2009 da antonio.facchiano
alla ragione e al torto Tra la crisi economica e la guerra in medio oriente, quest’anno l’augurio di “Buon Anno” appare una pia illusione, un atto di fiducia nella Divina Provvidenza, frutto di forzato ottimismo o di irrazionale superficialità. Più che un augurio, “Buon Anno” sembra una preghiera. Forse sarà davvero un buon anno; forse questo 2009 sarà anche migliore del 2008, ma ciò non si realizzerà per la buona volontà di chi ha in mano le sorti dei governi, o dell’economia o dei poteri nazionali e sovranazionali. Forse sarà un buon anno, sì, ma solo perché il buon Dio ascoltando la preghiera insistente, si muoverà a compassione e farà in modo di donare luce alle menti e infondere pace ai cuor (da “Astro del cielo”). Luce alle menti dei governanti; luce alle menti di chi ha il dito sui pulsanti nella stanza dei bottoni; luce alle menti di chi ha nelle sue mani il destino di vite altrui. E pace ai cuori in guerra, ai cuori che vedono la guerra non dentro i monitor a colori tra un quiz e uno spot, ma attraverso i vetri rotti delle loro finestre. Pace ai cuori di chi ha ragione e ai cuori di chi ha torto, perché la pace porta la ragione nel cuore di chi ha torto. E allora: Buon Anno; che da augurio trito e banale diventi speranza sincera, preghiera, promessa e alla fine, realtà. Antonio Facchiano
Post n°39 pubblicato il 25 Dicembre 2008 da antonio.facchiano
Eccolo qui, é arrivato e sta già passando sotto i ponti. Tra un po’ sarà già lontano. Natale fatto di luci intermittenti, fatto di regali, fatto della routine di ogni Natale. Fatto delle novità belle o brutte che l'anno scorso non c'erano. Certo, ognuno si augura ogni bene e ogni “meglio” per il Natale, per le feste, per il nuovo anno. E’ giusto così, ovviamente. Ma forse un augurio al quale pochi pensano è “ ….. che non passi invano”. Che non passi inutilmente questo Natale, che lasci traccia e rompa irrimediabilmente la routine affannosa, sonnolenta o bovina. Che sia un punto di svolta, l’angolo dietro il quale ognuno possa trovare almeno una delle cose che cerca. Che sia occasione per la scoperta di qualcosa di ignoto. In questo senso … che non sia inutile per nessuno.
Antonio Facchiano
Post n°38 pubblicato il 09 Dicembre 2008 da antonio.facchiano
Ognuno pensa di suonare la SUA propria musica, e invece forse non siamo altro che campane, che risuonano sulle frequenze e sui ritmi dei martelli che altri manovrano. Me ne accorgo sulla mia pelle, quando arriva l'autunno inoltrato, e le nuvole fanno grigio il tempo. Per carità, non nego che sia uno spettacolo favoloso vedere le foglie danzare valzer vorticosi; vedere gli alberi che si ergono come scheletri spogli, e sai già che tra 4 mesi saranno di nuovo miracolosamente gonfi di foglie verdi.
Antonio Facchiano
Post n°37 pubblicato il 28 Novembre 2008 da antonio.facchiano
Parole inutili. Antonio Facchiano
Post n°36 pubblicato il 17 Novembre 2008 da antonio.facchiano
Già. Cuore, mano, lingua. Con il cuore in mano, come un cardiochirurgo che ne estrae dal petto uno malconcio, dilatato, ammaccato, magari bucato come una vecchia camera d’aria ormai rappezzata già troppe volte, e ne re-impianta un altro, recuperato anche lui, usato, ma ancora in buone condizioni, tali da potere andare avanti ancora per un po’. Parlare con il cuore in mano fa bene al cuore, lo fa pompare forte, magari in mezzo a qualche lagrima, ma restituisce la verità non detta, rischiara la semioscurità nella quale si è spenta quella piccola candelina che pure un pochino riusciva a rischiararla. Non è facile parlare con il cuore in mano, con il proprio cuore in mano che si agita e rischia di cadere a terra facendosi male, ma quando ci riesci ti senti bene, e senti che quel giorno non è passato invano.
Antonio Facchiano
Post n°35 pubblicato il 09 Novembre 2008 da antonio.facchiano
Ognuno ha la sua bolla più o meno grande in cui sta a proprio agio, in cui sta seduto e guarda fuori oltre le pareti trasparenti, tenendo il “fuori” ben separato. Se è piccola è anche facile da gestire, una bolla, ma se si è particolarmente curiosi o virtuosi magari si tende ad allargarla, la propria bolla, e allargandola si tende anche ad inglobare altre bolle, bolle di parenti mai conosciuti o bolle di nuovi amici. Ma in fondo ognuno resta sempre dentro ad una bolla. Che è necessariamente limitata, chiusa e separata dalle altre. E tutti i discorsi sulla fratellanza, sull’amore, sulla solidarietà… restano solo belle parole dette magari in buona fede, seduti su un prato di buone intenzioni. Forse è solo così che può funzionare; le bolle sono forse veramente necessarie, e le pareti delle bolle diventano ogni giorno più difese e blindate . Eppure …. la società è cresciuta quando qualche evento ha rotto le bolle esistenti. Quando le bolle dei liberi e quelle degli schiavi si sono rotte, sono entrati in contatto due mondi segregati per millenni, e la società ha cominciato a crescere, pur con nuove bolle. L’industrializzazione ha fatto scoppiare le bolle dei nobili, quelle dei ricchi e quelle dei poveri, permettendo, per la prima volta nella storia dell’uomo, che poveri diventassero ricchi in pochi anni e viceversa, e creando al contempo nuove bolle che separassero i nuovi ricchi dai nuovi poveri. Mettere a contatto mondi diversi, abbattendone i confini seppur trasparenti, rendendo ogni sistema dipendente da tutti gli altri e obbligando il confronto di culture diverse, di lingue diverse, di razze diverse, è forse uno dei (pochi ?) lati postivi della globalizzazione. In fondo la vita nell’utero della mamma nasce quando la bolla della cellula maschile scompare, fondendosi con la bolla della cellula femminile…. Ci sarebbero mille altri esempi, eppure non avrei mai detto che mi sarei ritrovato a scrivere sulla necessità della rottura delle bolle.
Antonio Facchiano
Post n°34 pubblicato il 23 Ottobre 2008 da antonio.facchiano
Il sapore è molto di più. Mi riferisco per esempio al sapore dell’attesa; un sapore di paura o di gioia intima. Mi riferisco al sapore della musica, che può colpire le papille gustative tanto e più ancora dei timpani, lasciando un retrogusto di brio allegro o di nostalgia. Il sapore di una vacanza, il cui ricordo ti porti appresso per sempre e che non sai descrivere. Il sapore di una emozione, di un amore, di una paura, di una gioia inesprimibile ma caratterizzata da un suo caratteristico gusto che ogni tanto ritorna in mente. In fondo è nel sapore tutta la differenza tra una patata fritta e un pezzo di polistirolo fritto. Tra un amico ed un nemico Tra il calore del sole, e quello di una fiamma. Il sapore di una cosa può prevalere sulla cosa stessa. I sapori artificiali ormai rendono appetitosa qualunque robaccia, qualunque vacanza, qualunque attesa. Diffidiamo dei sapori artificiali, vere e proprie truffe per il nostro cervello.
Antonio Facchiano
Post n°33 pubblicato il 13 Ottobre 2008 da antonio.facchiano
Ho rivisto il film “Shine”, film di Scott Hicks del 1996, storia di un pianista che diventa matto per lo stress di dover suonare il concerto n.3 di Rachmaninov. La storia è molto bella, tremendamente verosimile (e in parte vera). Si racconta, tra l’altro, quanto un genitore con le sue proprie frustrazioni e con la sua ignoranza (anche se in buona fede) possa influire sulla personalità dei propri figli, che portano poi a vita il marchio impresso da quei traumi. Il film mi ha emozionato e mi ha riportato alla terribile responsabilità di genitori, che qualche volta si sottovaluta, presi dai mille impegni che fanno dimenticare che i figli, e l’amore per loro, sono la causa e il motore che muove tutto, anche la vita di chi NON ha figli. L’amore per i figli è lo stimolo a migliorare le cose, a combattere per lasciare a loro un mondo diverso; da un punto di vista teologico, l’amore per i figli è forse la vita stessa di Dio. Suggerisco a tutti di guardare questo film, ai genitori, che potrebbero rivalutare il loro comportamento, ma anche ai figli, che potrebbero forse capire qualcosa di più della psicologia dei padri, e forse perdonarli per gli errori che si commettono, molte volte, in buona fede, per ignoranza. Ho comprato il “Rach 3” (come viene chiamato nel film) e lo ascolto spesso in auto, mentre vado al lavoro, e merita tutta la fama che ha, come il Rach 2. Ricordo che quando uscì il film, il Rach 3 sparì dai negozi, esaurito.
Antonio Facchiano
Post n°32 pubblicato il 08 Ottobre 2008 da antonio.facchiano
Nessuno ne parla sui media; nessuno porta in televisione quelle scene, eppure sarebbero come un pugno nello stomaco di chi gioca a fare il politico o l'amministratore e spreca colpevolmente il proprio tempo e il proprio potere. Dietro ad una porta chiusa, in un reparto di un ospedale qualunque, si sente il pianto disperato di un bambino; forse gli infermieri lo stanno medicando e lui ha paura di quelle strane bende e garze; forse è sotto terapia e quelle siringhe, quegli aghi aguzzi, quei liquidi gli fanno paura. Forse ha dolore, e protesta inutilmente contro di lui con tutta la forza che ha in corpo. Il lamento dei vecchi è forse ancora più straziato, perché è un lamento senza speranza. Alla morte non c’è rimedio. Alla sofferenza forse sì. Antonio Facchiano
Post n°31 pubblicato il 05 Ottobre 2008 da antonio.facchiano
Il mondo dei bambini è quasi tutto nei giochi che fanno e nei cartoni che guardano, che sognano, di cui parlano a scuola; è fatto dei personaggi fantastici con cui giocano per ore, e con i quali spesso dormono e fanno il bagno. E’ il mondo dei cartoni fantasiosi e improbabili, o quello dei cartoni perfetti, disegnati con grafica avanzatissima, così perfetti da essere quasi indistinguibili dalla realtà. Il mondo dei piccoli è nei loro cartoni, non meno di quanto il mondo di noi “grandi” non sia nel calcio, nelle soap, negli show che guardiamo avidamente la sera, quando cerchiamo una evasione qualunque dal vivere quotidiano. E le logiche che animano quei supereroi di cartone, di plastica e di peluches, non sono molto diverse dalle logiche che animano i “nostri” supereroi, “costruiti” dagli sponsor, dalla pubblicità, dalla politica, dall’auditel. Noi grandi ci siamo costruiti un mondo che non è poi così diverso da quello di celluloide da cui dipendono i nostri figli. E la differenza tra le gesta di Valentino Rossi e quelle di Spiderman comincia ad assottigliarsi sempre di più, e non so più neppure se è Rossi che somiglia a Superman, o viceversa.
Post n°30 pubblicato il 30 Settembre 2008 da antonio.facchiano
Tag: Amicizia A come amicizia Incontrare un vecchio amico che non rivedi da decenni è un po' rinascere; è interrompere la consuetudine dell'oggi per riappropriarsi in un attimo delle consuetudini perse anni addietro e mai più ritrovate. Rivedi come era lui, rivedi come eri te stesso, rivivi in un baleno le cose fatte e le emozioni vissute, abbandoni per un attimo la vita presente e fai letteralmente un salto nel passato, in un altro tempo, in un altro luogo, in un altro essere. E' una emozione particolare rivedere un vecchio amico che non rivedi da anni, al quale pero' hai sempre pensato con riconoscenza. E' bello ritrovare intatto tutto l'affetto e il legame di una volta. E' bello riconoscere, a decenni di distanza, che l'amicizia era ben riposta, e che la amicizia vera e sincera è un fuoco che rimane acceso, anche sotto 3 metri di cenere.
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Inviato da: arg
il 06/05/2010 alle 23:48
Inviato da: Angelo
il 17/02/2010 alle 11:41
Inviato da: Antonio
il 03/02/2010 alle 01:24
Inviato da: RaffRag
il 27/01/2010 alle 10:14
Inviato da: RaffRag
il 27/01/2010 alle 10:07