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Nato in un campo di grano
ho rubato oro dal sole
dio a me sovrano.
Strapazzato dal libeccio di maggio
ho fatto all’amore
libertino
con le prime api di passaggio.
Intriso di rugiada
ho liberato il mio aroma
fino a profumare
della contadina in calore
la sua chioma.
Pregno di acqua piovana
ho fatto da cuscino
al sedere rugoso della rana.
Come in una serata di gala
ho assistito ammaliato
al concerto strascicato d’una cicala.
Travolto dal calpestìo incerto di un bimbo
ho vissuto annichilito
nella quiete d’un limbo.
Ghigliottinato in un battito di ciglia
ho custodito per decenni
i segreti
nelle memorie di famiglia.
Per non gridare il vostro dolore
è dettàme fecondo
seppellire un fiore;
figlio di serra o nuda terra
non importa,
per esser sempre in cielo
ai cherubini a far da scorta.
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