Apollo Errante

Nella città Antica


  Nella città antica   Ho lasciato che andasseroPer la loro strada.Tutti.Senza destino ne compagni,nudo di me stessomi sono incamminato;al mio fiancosoltanto sole altoed ombre larghe e rade. In quel deserto di animePortavo con meSoltanto timore di smarrirmi,indolenzae bisogno di andare avanti. Compagni di giochiPaura e coraggio,intenti a beffarsidel mio sentire.Ma sono andato avanti. Ho visto volti millenariCome demoni immortaliMutevoli e capaciDi rivestirsi di ogni sogno,di ogni desiderio,di ogni incubo. Ho sostenuto i miei passiIncertiSenza cedereRegalando loro,per quanto mi fosse possibile,un incederetranquillo e fiducioso,pur velato di dubbie aspre amarezze. Poi le ombreSi sono fatteAlteE il sole haAllargate le sue luciOltre il centro del cielo.Li, sotto l’arco anticoDi pietra e sabbia,di fiori di cobalto lucente,ombrati si polveremi sono fermatoobbediente ad un richiamosilenzioso,e ho atteso. Timore e coraggioSi sono dileguati.Poi nulla.Silenzio.Ma non invano. Il buon servoMi ha donato il suo sguardo,un sorriso,come una lacrima d’acquaall’ombra di unsasso nel deserto.Facendomi stradaMi ha aperto la portaDi cedro anticoE ottone. Il vestibolo, breve e oscuro,Ancor piùPer contrastoCol sole ardente eAccecante, parevaUn abisso nero e bituminoso. Oltre quell’abisso, il peristilio,Immenso, silente e pacato,con le sue colonne,la sua fontanad’acqua puradove colombe planavanoleggere come piumea dissetarsi. Sono stato ristoratoCon dolcezze infinite,mi sono nutritodi fresca aria,di un leggero tubare,di qualche frinire,del continuo cicalaredi gocce d’acquae del liquido frusciodel loro scorrere. Ecco.Il mio cammino mi ha condottoQui.Ove il buon servo mi haAperto la casa del suo signore.Ora.Non ho piùPaura.  R.C.Giugno 2011-06-16