Apollo Errante

Simplicitas


Per quanto ci si illuda, non riusciamo a capire che in questo nuovo mondo fatto di grandi progressi è sottesa una equazione invisibile a molti: Per ogni cento passi in avanti se ne fanno novantanove indietro. Mi chiedo dove sono nascosti coloro che amano davvero la vita, dove sono quelli che sanno essere grati di ciò che hanno anche se il mondo tenta di convincerli che non hanno nulla?Il giorno in cui soffiai in un ramo cavo di sambuco  come in una sorta di Telinka moldava cominciai, attraverso i suoni che riuscivo ad emettere, a ricordare qualcosa che mi commuoveva e che mi portava a riconoscere parte di un passato ancestrale, quello cioè che il tempo e la società mi avevano fatto dimenticare.L'onda di questo suono antico e struggente era legata a qualcosa che mi apparteneva profondamente: l'acqua quale simbolo primario di energia, di soffio vitale, di canto di madre, di forza rigenerante, di viaggio eterno sulle acque di un "oceano mistico".Acque esoteriche, acque fisiche, acque natali in cui tempo e spazio si confondono  e si mescolano senza soluzione di continuità. L'acqua è il decorso, il veicolo, la chiave, il simbolo e la storia in sé stessa.Acqua correnteChe beve il serpenteChe beve IddioVoglio berla anch'io L'acqua scinde la luce come un prisma e la divide in colori, l'acqua trasmette più dell'aria il suono;  i suoni uditi nel ventre materno non li abbiamo dimenticati ma continuiamo ad ascoltarli in silenzio quando le note del giorno vanno via e si appresta la voce del sonno.     Suona la pietra, suona la terra, la conchiglia e la canna, il cavo dell'albero come la bocca e il petto. Così suona anche, sottilmente, il cranio e tutto ciò che esso contiene che sia  visibile o meno.   Ricomporre nella memoria questi suoni è per me ritrovare "l'emozione ancestrale", come quella che provai attraverso l'incontro giovanile con le parole di Gibran Kahlil Gibran " il poeta - pittore di confine che innestò un respiro contemplativo nel tempo frenetico dell'America degli "anni ruggenti" per ascoltare di nuovo la voce interiore.   Ritrovare in noi il canto sereno e grato alla divinità che vive dentro di noi, uno sguardo crudo all’archetipo e il gioco di suoni naturali. che tornano a dare voce ad un momento in cui il tempo più remoto e il futuro più lontano si uniscono sospendendo per un momento il fragore di questa nostra era. Bereshit La Voce. Il fuoco;dietro il diaframma del tempo,il doloroso accesso, si celal’onda invisibile della memoria.E’ una vibrazione,un suono strano, un respiro;chi vi si abbandona comeun bambino al suo primo contattocon il mare,scopre di poter galleggiarein questo sconfinato oceanosenza più paure.Soltanto cosìi pensieri comincianorealmente a fluirenell’eternitàe senza ostacoli;e dal caos dei primi attimi,fino alla fineil filo che unisce ogni tempodiventa un sottile pensieroche ti svela la vita:un raro cristalloche al tempo stessoè rudecome un diamante grezzoma delicato                                               come il soffio di una canna.Caudapavonis