Apollo Errante

Fides, Virtus et Civis Italicus Bonus...


L'adagio è ormai un "ever green": nulla di nuovo sotto il sole. Ma pare che qui da noi sia recidivante a tal punto da far sorgere il vago sospetto che nel DNA italiano vi sia un quinto elemento oltre a Citosina, Adenina, Guanina e Timina: credo trattasi della Frodina: un elemento chimico dal peso atomico infinitesimale ma con una massa atomica esorbitante, insolubile e insanabile che serpeggia nei cromosomi dei potenti come in quello dei loro accoliti. In generale provoca un cambiamento somatico abbastanza evidente che è da rintracciarsi nella bassa statura e nella forte tendenza all'alopecia.  Questo cromosoma, tipicamente italico, sfocia anche in ambito comportamentale manifestandosi con forti disturbi psicotici e spingendo i soggetti ad esprimere concetti confusi, paradossali, iperbolici, talvolta esilaranti per chi invece non è affetto da tale esuberanza cromosomica, ma che può creare forti disagi a chi vive a stretto contatto con chi invece ne è affetto. E' infatti sin dai tempi della gloriosa storia di Roma che l'italico fu sovente spinto a curare questo male genetico insistendo su temi quali la Fides, la Virtus, quanto sul trasognato concetto di Civis Romanus Bonus. Il perchè è presto detto: curiosamente proprio quell’enumerazione di virtù civiche, di esortazioni ad agire per il bene dello Stato e di condanna di atteggiamenti illeciti e lesivi del bene comune concorrono a restituire un’immagine piuttosto fosca e buia, corrotta dell’età romana, soprattutto del I sec. a.C., alla fine della Repubblica. Da qui il parallelo con l’epoca moderna e la conclusione per nulla consolatoria che tutto era già presente e che in fondo noi, figli seppur molto alla lontana di quel popolo, nulla abbiamo inventato: siamo corrotti come allora, e la preoccupaziione per le nostre sorti è che nonostante la corruzione, un impero di quella portata sopravvisse per sette secoli. Non vorrei attendere così tanto! Quella quinta base azotata purinica, quel quinto nucleotide presente nei geni italici andrebbe tenuto sotto stretto controllo medico e giuridico per evitare un simile disastro demografico e sociale. Si sa, ormai, persino il virtuoso Catone detto il censore, voce impettita e retorica delle virtù dell'Urbe, subì la bellezza di 44 capi d'imputazione per corruzione. C'è da giurare che gridò alla congiura, additando i senatori che stavano alla sua sinistra... Bene, cosa dire? Un rimedio pur ci sarebbe; è un rimedio della nonna, anzi del nonno - ma pur sempre e soltanto un rimedio, non una cura. Si chiama Lex Calpurnia. E fu inventata per apporre le cosiddette pezze a colori su un male dilagante. Quando infatti, studiando la storia di Roma giungiamo alla prima produzione letteraria, intorno al 200 a.C., ecco spuntare riferimenti alla corruzione e al malcostume, sia in ambito privato, sia in quello pubblico. Si viene a conoscere delle speculazioni dei grossisti, dell'evasione fiscale (anche in quei giorni non mancava un'affilata satira sull'argomento, a cominciare dalla infallibile penna di Plauto), riferimenti all'arroganza del potere politico, alla malversazione, alla speculazione edilizia, all'eliminazione fisica a pagamento di avversari privi del quel gene basico detto Frodina, alla compravendita di voti politici, all'allestimento di spettacoli di massa destinati a stornare l'attenzione del popolo su gravi mancanze e su affari loschi. etc... Ecco giungere sulla scena il console C. Calpurnio Pisone, con una legge emanata nel 67 a.C. in tema di crìmen ambitus: stabilì, per quest’ultimo, oltre ad una pena pecuniaria, la pena dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dal seggio senatorio. Altro che Lodo Alfano, signori miei... Restituzione integrale dei beni sottratti con aggiunta degli interessi in ragione del danno provocato alla comunità, questa è la prima cura da mettere in atto! Viva Calpurnio! Andiamo però alle glosse per un momento: La CORRUZIONE è un reato lesivo dell’interesse generale in quanto impedisce che gli organi pubblici esercitino nei confronti del cittadino le funzioni loro attribuite dalla legge con regolarità e disinteresse. Si può definire un “contratto” illecito tra pubblico ufficiale (ministro, senatore, deputato, presidente...) e cittadino, per cui il pubblico ufficiale per compiere un atto del suo ufficio o un atto contrario ai suoi doveri riceve per sé o per un terzo (o ne accetta anche solo la promessa) una retribuzione che non gli è dovuta. La CONCUSSIONE si configura invece quando è il pubblico ufficiale che, abusando dei poteri inerenti alla sua funzione, costringe taluno a dare o promettere indebitamente denaro e/o altri beni a lui o ad un terzo in cambio di un atto inerente ai propri doveri o ad essi contrario. Si tratta dunque di un “ricatto” operato dal pubblico ufficiale nei confronti del cittadino. Infine il PECULATO, che si realizza quando il pubblico ufficiale si appropria del denaro o di un bene mobile altrui, di cui detiene il possesso o ha la disponibilità per ragioni inerenti al suo ufficio; è pertanto un’appropriazione indebita, un furto da parte del pubblico ufficiale contro l’ente a cui è preposto. Come nella Roma antica, dunque, anche la Nuova Italia è - per statuto - una Res Publica ovvero cosa di tutti e non soltanto sua (del nano calvo con i cinque nucleotidi al posto dei miseri quattro...) o, cosa "nostra" . Mi pare ci sia tutto, no? Ora è certo. Il gene della Frodina affligge il premier Italico - non mio, nè nostro - E non vorremmo vederlo morto o in galera - per carità! - ma soltanto pezzente, vecchio e malato aggirarsi per le vie del Centro.... che so, Piazza Navona?.... mendicando un tozzo di pane raffermo e muffito, imbottito di giornali e quotidiani raccattati nella spazzatura della Metro A per affrontare i rigori invernali e farneticando di grandi opere compiute in nome di Italiani irriverenti, di sinistra, disonesti e ingrati per non avergli riconosciuto la grandezza del suo operato, della sua moralità, della sua onesta rettitudine di uomo che in passato fece un sogno: ma non ci disse mai la verità vera su quel sogno che era tutto suo e soltanto suo. Tutt'al più potremmo dedicargli una piazza: Piazza della Libertà (PdL) la nostra! Chissà perchè sembra proprio che non ci sia nulla di nuovo sotto il sole...Roberto Caravella CaudaPavonis