Apulia Cinema

«Metropolis», il professore tedesco e la modella russa


Fa piacere osservare la Mediateca piena di gente, dalla sala delle proiezioni alla hall, dalle stanzette con i computer agli uffici, dai corridoi che ospitano i manifesti fino al luogo in cui viene allestito un vero set cinematografico. Accade ieri sera, in occasione dell’evento dedicato a Fritz Lang. Ed è gente di tutte le età, disposta a rimanere a lungo in piedi, per ascoltare il simpatico professore tedesco, Martin Koerber (nella foto), e per ammirare la sorridente modella russa, Nelli, che indossa uno degli abiti di scena della protagonista (Maria, Brigitte Helm).La mostra del Museum für Film und Fernsehenche, che - dopo Parigi e Tolosa - si era spostata in Italia solo a Torino, si apre nella nostra Città con l’uomo che ha dedicato tanti anni della sua vita a studiare e restaurare, più volte, il famoso film «Metropolis», la cui prima proiezione all’Ufa Palast dello Zoo di Berlino risale al lontano 10 gennaio 1927.Il professore appare molto disponibile: si toglie la giacca, si siede qualche minuto e conversa amabilmente, anche in lingua italiana: «Quello che è sorprendente è che in un luogo così angusto (si guarda attorno nella saletta delle proiezioni, prima della proiezione, ancora vuota) ci sia tanto interesse e che la gente di questa Regione sia disposta ad una vera Maratona che dura ben tre giorni» A proposito del film Metropois: «Nel 1927 l’opera fu accorciata di mezz’ora, ma anche il significato del film è stato accorciato. I trenta minuti mancanti non sono tutti di seguito, ma sono tanti ccoli pezzi staccati»Il direttore della Deutsche Kinemathek dichiara subito che «in questo momento, vedere questa installazione a Bari, con i disegni della collezione tedesca, mi porta e ci porta direttamente all’interno della pellicola» e ricorda come la Cinemateca germanica abbia un archivio molto ampio di documenti personali del regista, compreso il passaporto originale del 1933, che rivela i suoi reali spostamenti nel mondo, diversi da quelli raccontati al grande pubblico.A proposito del restauro, Martin Koerber chiarisce che quello fatto nel 2001 sembrava definitivo, mentre – invece – nel 2010 la più celebre pellicola del cinema muto tedesco subisce un ulteriore rifacimento, che amplia la sua durata, con l’aggiunta di alcune scene, a cui prima non si aveva accesso, e di cui si sapeva l’esistenza solo grazie alla sceneggiatura originale. Due anni di lavoro con Anke Wilkening e Frank Strobel, su incarico della Fondazione Friedrich Murnau, seguono il ritrovamento di un prezioso negativo in 16 millimetri e della partitura musicale originale della colonna sonora, avvenuto nel Museo del Cine di Buenos Aires: esso consente la precisa sincronizzazione tra suoni ed immagini e porta alla conferma che esistono ancora altre scene mancanti. Il supporto dello spartito, inoltre, offre gli schemi esatti dei tempi: «La musica è molto importante: la colonna sonora lega le scene l’una con l’altra, fa da collante». L’inserimento della musica offre, dunque, maggiore coerenza a tutta l’opera e consente di ricostruire la esatta sequenza delle scene, ma lascia ancora dei punti vuoti (schwarz, neri) quando la scena specifica non si trova, nemmeno nelle copie private di qualche appassionato americano.Poi, con pazienza, il professore fa proiettare i singoli fotogrammi delle pellicole, affiancate nella versione argentina (più completa, ma più rovinata dal tempo) e in quella americana. A parte le didascalie nelle diverse lingue, le versioni differiscono per la mancanza di intere sequenze. Quando le immagini non ci sono, sopperisce con didascalie aggiunte, con frasi che riepilogano lo svolgimento delle vicende assenti. Spiega poi i problemi connessi ai diversi formati delle pellicole e soprattutto alla diversa velocità che, in origine, era di 28 fotogrammi, per cui occorre rallentare le immagini a 26,6 ed altrettanto sincronizzare la musica. Fatto molto difficile da far comprendere in lingua tedesca agli appassionati italiani.La giornalista Alessandra Nenna raccoglie una intervista televisiva: «Credo che sia errato associare Metropolis al genere sci-fiction, perché non si parla di robot, anche se questi si vedono per cinque minuti. L'integrazione degli ulteriori minuti recuperati, grazie al negativo ritrovato a Buenos Aires, permette di affermare che la volontà del regista era di parlare di sentimenti, di storie che nascono dal cuore». In fase di introduzione Mimmo Mongelli spiega il tema del rapporto tra l’uomo e la macchina, Giuseppe Sylos Labini dell’Accademia di Belle Arti illustra il set virtuale realizzato dagli allievi del corso di scenografia, Angelo Amoruso d’Aragona sottolinea «il respiro internazionale della mostra e la mission di conservare i saperi» affidata alla Mediateca, che espone locandine e manifesti, stampati in Italia e relativi ai film americani del regista, reperti e costumi originali del film, fotografie dell’epoca e retroscena delle riprese, che consentono l’accesso a un contenuto in “realtà aumentata”.Ma tutta l’attenzione è calamitata dalla statuaria Nelli, ragazza di Riazan in Russia, allieva da tre anni a Bari, che veste i (pochi) panni della protagonista Maria, «la tiranna» del famoso film. Ha un po’ freddo e la scaldano (con i riflettori) i ragazzi dell'istituto professionale Maiorana e i tecnici di Radio SoundCityAdriano SilvestriVedi: Continuano a Bari la rassegna e la mostra dedicate a Fritz Lang. http://blog.libero.it/Apuliacinema/12504930.html