Apulia Cinema

Le Associazioni dell’audiovisivo propongono a Venezia una Tv che serva alla creatività e all’industria italiana


A Venezia, durante le Giornate degli Autori alla Mostra del Cinema, le associazioni degli autori e dei produttori dell'industria creativa, del cinema, della televisione e del web, hanno presentato una proposta comune per una tv che serva all’industria e alla creatività italiana. L’orizzonte è la consultazione annunciata dal Governo per il rinnovo della concessione del Servizio Pubblico radio-tv, che dovrebbe aprirsi a settembre.Cinque i punti: Numero di «canali», anche generalisti, più ristretto. Separazione societaria delle attività sovvenzionate con risorse fiscali da quelle con pubblicità. Diversa gestione dei diritti, che liberi la creatività degli autori e favorisca la crescita dei produttori indipendenti. Durata decennale della concessione. Governance duale, con un consiglio di indirizzo e sorveglianza che rappresenti gli obiettivi definiti in convenzione e che nomini il vertice della azienda.Occorre rovesciare la logica per cui è più importante il contenitore del prodotto. Il contenuto è sovrano. La sovrabbondante offerta di informazione, di cinema e di prodotti audiovisivi su tutte le piattaforme, rende meno necessari i canali pubblici nazionali e lineari. Le missioni del Servizio Pubblico si misurano, oltre che sui valori editoriali, sulla vitalità del sistema industriale che produce e che esporta nel mondo. La Rai, se finora è stata giudicata per quello che metteva in onda, d'ora in poi sarà guardata anche per quello che mette in moto in termini di posti di lavoro generati ed esportazioni. L’audiovisivo in Italia registra 40mila addetti a tempo pieno su base annua e più o meno il doppio su base stagionale, con un fatturato di dieci miliardi. Un terzo meno dei francesi e la metà degli inglesi, i quali spendono anche meglio: per ogni milione di fatturato, abbiamo quattro addetti/anno contro sei della Francia e sette dell’Inghilterra. Rispetto alle medie europee siamo sotto di 25mila unità-annue, a causa della dispersione delle risorse su un eccessivo numero di reti.In termini di esportazioni la situazione italiana è ancora peggiore. Ciascun paese europeo cerca di reagire - allo squilibrio competitivo con l’industria audiovisiva d’oltreoceano - con un mix di misure protettive, di incentivi e di interventi pubblici, i più rilevanti dei quali sono le risorse e gli obiettivi assegnati alle aziende incaricate di fare Servizio Pubblico. La Gran Bretagna da decenni ha assegnato alle sue due aziende pubbliche, con grandi risultati, il ruolo di volano dell'industria nazionale; Francia e Germania operano nella medesima direzione. La Rai non ha mai avuto l’effettivo mandato di agire come leva per la crescita del sistema industriale nazionale. Eppure le risorse fiscali finora assegnate alla stessa (1.700 milioni l'anno, tra tv e radio) rappresentano il principale intervento pubblico nei settori della cultura, della informazione e dell'intrattenimento.Con gli interventi proposti, il Servizio Pubblico diventerebbe il punto di riferimento di un rapporto rifondato con produttori e autori, basato sulla pluralità delle linee editoriali e su nuovi modi di sfruttamento dei contenuti fra broadcaster, produttori e autori. Al fine di rendere incisiva la interlocuzione con il governo, saranno organizzati seminari aperti su: valorizzazione dei “diritti” nell’era della loro moltiplicazione; commissioning delle aziende pubbliche e produzione indipendente; distribuzione on line della produzione nazionale. Fin qui la proposta delle Associazioni dell’audiovisivo 100autori, Agpci, Anac, Anica, Apt, Art, Doc/It, Pmi Cinema e Audiovisivo. Sito www.100autori.it