Non ho letto il libro «La Recita della Storia.Il Caso Moro nel cinema di Marco Bellocchio» (Bietti), ma - in compenso - ho ascoltato piacevolmente il suo autore, Anton Giulio Mancino, ieri sera a Bari. È una sera particolare quella del 14 Novembre, che turba l’oratore, il quale promette che - a fine incontro - ne spiegherà la ragione. Cosa che non risulta avvenga, lasciando perpresso il (folto) pubblico e pure un concittadino, Salvatore De Mola, che – essendo lo sceneggiatore di Montalbano – è abituato ad avere risposte a tutte le domande.La serata, comunque, inizia con la proiezione del trailer di Buongiorno Notte, che ripropone una scena intera del film (quella dell’ascensore) e con il racconto di una altra sera, quella di Martedì scorso, quando a Roma la presentazione del volume è avvenuta nella Sala Trevi, alla presenza dello stesso regista, che – amabilmente - De Mola definisce «L’Imputato», quasi ponendolo al centro di una vicenda dai contorni polizieschi.Questa indagine, nello spazio e nel tempo, sul cinema di Bellocchio inizia dal 1978, segue Enrico IV e si conclude con La Bella Addormentata; e - in tutti i film - ricerca (e trova, o crede di farlo) la presenza di un costante riferimento alla vicenda umana di Aldo Moro (nella foto). E la pazzia/non pazzia, interpretata da Marcello Mastroianni, è/non è, la pazzia/non pazzia dello statista?Mancino è tipo che approfondisce le ricerche, consulta i documenti della Commissione a suo tempo avviata al Senato (ora ce ne sarà una nuova e verrà richiesta la desecratazione di migliaia di pagine di atti), guarda e riguarda Diavolo in Corpo, il film tv Sogni Infranti, il (mancato) film sulle memorie di Adriana Faranda e conclude che «il Caso Moro è un labirinto: da qualunque parte ne entri, non ne esci più.»È la volta di un altro appassionato di storia del cinema, il volto del Tg3 Gianni Bianco, che nota: «L’autore ha la capacità di guardare al cinema con gli occhi che scavano tra le scoperte, con le mani che vanno a ricercare tra gli atti, come i giornalisti che coltivano una passione, che cercano risposte. E se davvero Bellocchio avesse appreso qualcosa del caso da muratori o aviatori? Se avesse compreso che in prigionia il Presidente fosse filmato da una telecamera dei brigatisti?» Gli interrogativi sono tanti. E per rispondere pare giusto andare a leggere il libro in questione… Adr.S.
Il Caso Moro nel cinema di Marco Bellocchio
Non ho letto il libro «La Recita della Storia.Il Caso Moro nel cinema di Marco Bellocchio» (Bietti), ma - in compenso - ho ascoltato piacevolmente il suo autore, Anton Giulio Mancino, ieri sera a Bari. È una sera particolare quella del 14 Novembre, che turba l’oratore, il quale promette che - a fine incontro - ne spiegherà la ragione. Cosa che non risulta avvenga, lasciando perpresso il (folto) pubblico e pure un concittadino, Salvatore De Mola, che – essendo lo sceneggiatore di Montalbano – è abituato ad avere risposte a tutte le domande.La serata, comunque, inizia con la proiezione del trailer di Buongiorno Notte, che ripropone una scena intera del film (quella dell’ascensore) e con il racconto di una altra sera, quella di Martedì scorso, quando a Roma la presentazione del volume è avvenuta nella Sala Trevi, alla presenza dello stesso regista, che – amabilmente - De Mola definisce «L’Imputato», quasi ponendolo al centro di una vicenda dai contorni polizieschi.Questa indagine, nello spazio e nel tempo, sul cinema di Bellocchio inizia dal 1978, segue Enrico IV e si conclude con La Bella Addormentata; e - in tutti i film - ricerca (e trova, o crede di farlo) la presenza di un costante riferimento alla vicenda umana di Aldo Moro (nella foto). E la pazzia/non pazzia, interpretata da Marcello Mastroianni, è/non è, la pazzia/non pazzia dello statista?Mancino è tipo che approfondisce le ricerche, consulta i documenti della Commissione a suo tempo avviata al Senato (ora ce ne sarà una nuova e verrà richiesta la desecratazione di migliaia di pagine di atti), guarda e riguarda Diavolo in Corpo, il film tv Sogni Infranti, il (mancato) film sulle memorie di Adriana Faranda e conclude che «il Caso Moro è un labirinto: da qualunque parte ne entri, non ne esci più.»È la volta di un altro appassionato di storia del cinema, il volto del Tg3 Gianni Bianco, che nota: «L’autore ha la capacità di guardare al cinema con gli occhi che scavano tra le scoperte, con le mani che vanno a ricercare tra gli atti, come i giornalisti che coltivano una passione, che cercano risposte. E se davvero Bellocchio avesse appreso qualcosa del caso da muratori o aviatori? Se avesse compreso che in prigionia il Presidente fosse filmato da una telecamera dei brigatisti?» Gli interrogativi sono tanti. E per rispondere pare giusto andare a leggere il libro in questione… Adr.S.