Le Aquile del Mosso

Nuovo articolo pubblicato sulla rivista cui scrivo.


                                        Discrezionalità  Venatoria  Discrezionalità è la parola che indica quello spazio lasciato libero dalla norma e “gestito” dal potere (in questo caso il  direttivo dell’ A.T.C. ). Essa deriva dal diritto Amministrativo ed è una parte determinante di quello; attorno al suo essere si è sviluppata una parte fondamentale cui appartiene anche l’ abuso di potere (eccesso). Abbandoniamo per un attimo terminologie tecnico-legislative e andiamo ad analizzare ciò che accade tenendo ben presente il concetto poc’anzi espresso. Andiamo a sbrogliare la matassa burocratica con esclusivo riguardo al nostro Mondo (discendenti di Diana); vi è una legge Statale a carattere generale valida sull’intero territorio Nazionale, una Lex regionale facente capo ad ogni singolo distretto e la grande invenzione dell’autonomia locale, l’ a.t.c. Tralasciamo volutamente secolari discorsi e disquisizioni sulle generali regole che, nulla farebber se non incontrare discordanti atavici pareri e focalizziamo il tutto sull’ “organo” ultimo, quello a maggior e più stretto contatto con il sempre più deplorevole cacciatore. Molti a.t.c. hanno introdotto come panacea la cosiddetta caccia per specie; toccasana per l’ “erario” locale e somma ingiustizia per gli amanti del << SUS >>. La “cornucopia” in questione, a detta di coloro che l’hanno introdotta, servirebbe al fine di, meglio, rispettare la selvaggina e avere più professionalità nel prelievo della stessa; come idea potrebbe risultar coerente ad un certo credo se non fosse per quella nefasta parola burocratico-legislativa che cercammo di dimenticare : Discrezionalità. I presidenti degli ambiti della provincia in cui dimoro suddividono gli “avventori” come noi, da piccoli, ripartivamo le figurine, in base a “caste” da loro stessi create; cacciatori con segugi – cacciatori con cani da ferma e i maledetti cinghialisti. Torna ancora a batter cassa quell’ odiosa parola dalla furtiva etimologia. La quota di partecipazione all’ambito non cambia in base alla specie cacciata; i “Lord” fermaioli quanto i “Sir” lepraioli pagano lo stesso dazio del “plebeo” cinghialaio.  Ascoltando quello sfuggente pensiero che riecheggia in un, profondo ed abbandonato, meandro cerebrale rammentiamo che i suddetti “Rex” ( presidenti territoriali) non gestiscono un’associazione con finalità lucrative quindi, alla fine dell’anno, il bilancio dovrà esser paritario. Sviscerando il problema in oggetto ed esponendo l’iniqua questio  al “preposto” si ottiene la consueta risposta : << Tutti i cacciatori pagano lo stesso tributo perché, per tutti, l’Amministrazione ha le stesse spese>> Cioè? Facciamo due conti : ·        L’ Ambito Territoriale Caccia utilizza il denaro elargito dai lepraioli per “lanciare” lepri, quello concesso da “ pennaioli” per ripopolare con fagiani e, in gener, pennuti; e quello “estorto” ai cinghialai? ·        La pecunia degli amanti delle setole viene speso per i danni; anche se questi vengono risarciti ai “latifondisti” mandando 4 selettori (definiamoli pure tali) ad abbattere scrofe gravide e piccoli a caso, senza la minima coerenza in fatto di etica, utilizzo di armi appropriate e sicurezza.I “possedimenti terrieri” vengono cinti da fili elettrici collegati a batterie consuetudinariamente ed esclusivamente dai soliti “plebei” (noi). Non venendo attuati foraggiamenti ne tanto meno emissioni di sorta del setoloso animale vien spontaneo chiedersi :Dove vanno a finire i nostri soldi?   Altra bella cosa è che “Lord” e “Sir”, finite le prede, si spogliano delle loro livree dorate e si mescolano a noi plebei; sia mai il contrario! Si dice che non vi sia iniquità più grave che trattar parimenti due cose che, come, tali non debban esser trattate, altrettanto si può dire per cose “siamesi” trattate diversamente. Non demandatevi il perché di tutto ciò allora, la risposta la conoscete già; essa è la DISCREZIONALITA’.