Le Arabe Felici®

Satira o ingiuria?


Pubblico una bellissima lettera inviatami da Diego , Rex tangentialis. Mio vecchio socio in un sito troppo bello per rimanere a lungo in vita. Quando due menti brillanti cantano in uno stesso pollaio, quest'ultimo di solito è destinato ad implodere su se stesso. I dissapori passati non mi impediscono di ringraziarlo sentitamente. Per tutti: da leggere. E riflettere.Caro Cristiano, premetto che mi sento assolutamente non all'altezza, dal punto di vista giuridico, di esprimere il mio parere sulla questione. Posso solo tentare di mettere in campo il mio buon senso ma, come è noto, esistono precise leggi che talora ne rendono inutile l'uso regolamentando la convivenza tra umani, reale o virtuale che sia, con un approccio che sembrerebbe diametralmente opposto a quello dettato dalla logica. Quindi, fermo restando che tutto quello che dirò è mia personale opinione non suffragata da una adeguata conoscenza della normativa vigente, vorrei tentare di ragionare per analogia. Comunemente si ritiene la satira un valore sano, indice di libertà e non lesivo della dignità di alcuno. Tipicamente essa prende ad oggetto personaggi che detengano una quota di potere, sia perché essi più facilmente suscitano l'esecrazione collettiva, sia perché la loro notorietà fa sì che l'enfatizzazione di alcune loro caratteristiche risulti più divertente in quanto nuova espressione di qualcosa che è già comunque presente nel patrimonio percettivo o cognitivo del lettore. Ma, sebbene il mondo della politica sia ovviamente il bersaglio preferito della satira, questo non significa che sia l'unico settore verso il quale sia lecito farne. E dunque, dovendo ricercare quali siano i confini della liceità della satira (ammesso che ve ne siano), diremo che un soggetto è passibile di satira nel momento in cui rende, o tenta di rendere, pubblica la propria immagine. In questo caso dovrà accettare che essa, altrettanto pubblicamente, possa essere commentata, con mezzi, modi e toni che non hanno affatto l'obbligo di essere politically correct. Se negassimo questo principio, dovremmo proibire qualunque tipo di commento non encomiastico nei confronti di chiunque, persino ad esempio le recensioni negative dei film o dei libri. Nell'ambito ben più ristretto di una community virtuale, la regola dovrebbe essere la medesima: chi fa mostra di sé, sperando nell'altrui elogio, si pone necessariamente nella condizione di dover accettare anche le stroncature. Se quindi, a mio modesto avviso, non è poi così difficile definire quali siano i soggetti verso i quali è consentito fare della satira, la questione si semplifica ulteriormente se, facendo un passo indietro, si cerca di determinare cosa sia davvero la satira. Compito della satira è suscitare ilarità. Molti filosofi prima e meglio di me hanno speculato sul fatto che la sofferenza sembri essere connaturata alla condizione umana, mentre la felicità, la gioia ed il riso siano uno stato momentaneo e transeunte. Dunque, la satira è evanescente, e il suo effetto svanisce nello stesso tempo che è necessario ad una rosa per appassire. Spero di sfondare una porta aperta nel ricordare che la satira è un prodotto dell'ingegno di un essere umano, che abbia per argomento la scherzosa derisione e stigmatizzazione di comportamenti e atteggiamenti di un secondo essere umano che l'autore, di norma, non conosce. Quindi la scelta del soggetto è in ultima analisi solo un pretesto per divertire, e la satira non aspira minimamente a rivelare verità ignote sulla sua vittima e anzi in modo palese ed aperto gli mette in bocca parole che non ha mai detto e gli attribuisce azioni che non ha mai compiuto. Dunque il destinatario di una satira non ha ragione di essere in collera con l'autore della medesima più di quanto sarebbe in diritto di prendersela con un fotografo maldestro che gli scattasse una foto malriuscita e non somigliante all'originale. L'arma migliore è sempre, in ogni situazione e non solo nella questione presente, l'intelligenza. Ridere di sé, saper apprezzare ciò che, seppur in modo critico, dà visibilità, e sentirsi sicuri di NON essere davvero come si è stati dipinti all'interno di una satira, sono i modi migliori per convivere serenamente con i propri detrattori e offrire di sé un'immagine che dalla satira, anziché esserne sminuita, trae arricchimento.