Correva l’anno 1979 dell’era cordiale. Un minuto Yossaryan aveva scalciato tutta la mattina, pianto per un’ora e costretto Babbo e Mamma a sedersi con lui, al primo banco, per accompagnarlo in quelle prime due ore di un sentiero lungo 20 anni. Un tragitto segnato dal profumo di matite di una cartella in cuoio e cartone, in principio, e dal fumo denso di un caffè in compagnia del relatore della specializzazione, al termine.Piangeva perché quel giorno suo fratello e sua sorella più grandi lo avevano lasciato solo. Piangeva perché quella maestra, Laura, non era sua madre.Le attenzioni di ogni giorno, gli incoraggiamenti, le carezze, i rimproveri. Della maestra Laura. Lo sparuto Yossaryan smise, lentamente, di piangere.E sul quaderno, il suo quaderno di computisteria, l’indecifrabile sequenza di linee, cerchietti e quadratini, diventò scrittura. Ed i pensierini si estesero a pensieri, composizioni e temi.Il “Benino” della maestra diventò Bene, che presto si tramutò in Bravo. La competizione con gli altri bambini costrinse la maestra a coniare un “Bravissimo” e infine, stremata dalla incapacità di segnare il limite che Yossaryan aveva stabilito, necessitò di ricorrere ad un ineguagliabile “Superbravo”. Oggi ripercorro i volti, inseguito dai ricordi, nel tempo, degli amichetti, degli amici e infine dei colleghi.Con il cordiale risentimento di chi, terminato il periodo evolutivo della “Crescita”, si scopre privo di un tassello fondamentale per il completamento della propria individualità, non ricordo di aver visto su nessuno di quei volti, questo:
Il quaderno di computisteria
Correva l’anno 1979 dell’era cordiale. Un minuto Yossaryan aveva scalciato tutta la mattina, pianto per un’ora e costretto Babbo e Mamma a sedersi con lui, al primo banco, per accompagnarlo in quelle prime due ore di un sentiero lungo 20 anni. Un tragitto segnato dal profumo di matite di una cartella in cuoio e cartone, in principio, e dal fumo denso di un caffè in compagnia del relatore della specializzazione, al termine.Piangeva perché quel giorno suo fratello e sua sorella più grandi lo avevano lasciato solo. Piangeva perché quella maestra, Laura, non era sua madre.Le attenzioni di ogni giorno, gli incoraggiamenti, le carezze, i rimproveri. Della maestra Laura. Lo sparuto Yossaryan smise, lentamente, di piangere.E sul quaderno, il suo quaderno di computisteria, l’indecifrabile sequenza di linee, cerchietti e quadratini, diventò scrittura. Ed i pensierini si estesero a pensieri, composizioni e temi.Il “Benino” della maestra diventò Bene, che presto si tramutò in Bravo. La competizione con gli altri bambini costrinse la maestra a coniare un “Bravissimo” e infine, stremata dalla incapacità di segnare il limite che Yossaryan aveva stabilito, necessitò di ricorrere ad un ineguagliabile “Superbravo”. Oggi ripercorro i volti, inseguito dai ricordi, nel tempo, degli amichetti, degli amici e infine dei colleghi.Con il cordiale risentimento di chi, terminato il periodo evolutivo della “Crescita”, si scopre privo di un tassello fondamentale per il completamento della propria individualità, non ricordo di aver visto su nessuno di quei volti, questo: