Le Arabe Felici®

Il bullismo non esiste.


I giornalisti di oggi sono la vergogna dei maestri di ieri. I giornalisti di oggi creano le notizie, non le commentano. I giornalisti di oggi creano le mode, coniano dei neologismi che diventano delle etichette il cui significato, che dovrebbe sortire l'effetto del dileggio, in realtà diventa aggettivo dalla matrice positiva. I giornalisti di oggi questo lo sanno, ed instillano nei lettori preoccupanti desideri di emulare quello che una notizia apparentemente deprecabile narra con spietato calcolo.Facciamo un passo indietro. Il termine "bullo", nella sua accezione verista e pasoliniana, figlia di quella Roma di un tempo da cui proveniamo, vestiva l'individuo che veloce di mano e con il coltello, aveva comunque una sua etica ed un rispetto quasi sacrale per l'avversario. Il Bullo frequentava le osterie, giocava a zecchinetta, e prima della "zaccagnata" intimava all'avversario di tirare fuori la lama. L'avversario era sempre di livello e, comunque, mai chi non si potesse difendere o risultasse una "mozzarella". Per quelli venivano riservate le buffe "abbottate". Il bullo non era un vigliacco. Se attaccava l'indifeso, il pavido o il timido era automaticamente un "infame". Il bullo di quartiere era rispettato, manteneva una sorta di ordine non scritto ed aveva vita breve, ma lo sapeva. In questa accezione storica, il bullo ha avuto ed ha una valenza positiva. Non un prepotente, ma un personaggio da storia d'amore e de cortelli, il protettore del suo quartiere. Il giovane che legge oggi sul giornale atti di bullismo, che si palesano in una serie di stronzate sciocche ed azioni completamente e risibilmente grottesche, crede che per fregiarsi di tale titolo sia sufficiente picchiare un indifeso o fotografare una professoressa o insultare un professore sperduto. I giornali, la televisione, la stampa hanno coniato il termine "bullismo" per battezzare un fenomeno che con il bullismo non c'entra un cazzo, e causando, ciò che si desidera e si vuole, una spirale di emulazione pericolosa e preoccupante. Non ritenete che sarebbe stato molto più attinente scrivere titoli più corretti del tipo "Bambino vigliacco picchia handicappato" o "Povero pipparolo filma le cosce dell'insegnante", "Gruppo di decerebrati piscialletto picchiano un loro coetaneo" o "Imbecille frustrato filma la compagna durante una fellatio"? Ovvio, sarebbe stata una notizia certa. Ma avrebbe avuto il contraltare di non scatenare il fenomeno di imitazione tra gli adolescenti: ognuno aspira a diventare bullo, nessuno aspira a diventare vigliacco. E le notizie, con il tempo, sarebbero terminate. Quando andavamo a scuola noi, chi si comportava in quel modo si ritrovava nel corridoio, durante la ricreazione, con le insegnanti di sostegno. Era visto come un povero reietto, e deriso, non imitato, umiliato se vogliamo nella sua condizione di prepotente senza cervello. Ora, invece, diventa un leader, grazie alle cariche di onoreficenza che gli vengono tagliate e cucite addosso per merito di giornalisti che godono nel creare dei casi, chiamandoli con un nome che non c'entra un cazzo. Complimenti.