IL PETTIROSSO

ALL' ITALIA...


  Che rimane delle falci che mietevano il tuo grano nel soave emozionale stivaletto a tricolore ondeggiato sotto un mare costellato da ornamenti, sei tu la natia terra del solenne giuramento? Non mi sembra se ti mostri cosi spenta. Che ne é stato dei vessilli ,sventolanti a tua immagine e fierezza colorati dalle braccia combattenti, in quei dorsi tenebrosi a versi spenti dirompenti nei navigli del silenzio che spaccavano quei cuori quasi arresi. Questo avverso sentimento di persone che si tingono a signori del pianeta. Ci stringiamo a cantare il connubio della notte noi che menti costruite sulle tracce del passato. Eremita ,partigiana e combattente io mi siedo nel candore arroventato e mi accascio su un ricordo pianeggiante che rimbomba con la voce del tuo nome nel pregare sul nevischio colorato dal tuo sangue, noi pensieri camminanti sulle orme della storia e sia voce a richiamar le giuste odi del tuo tempo. Quanto è fine il tuo scorrere nel ruscello dissipato da quei pianti del coraggio in risposta a quei dannati distruttori del mio tempo, tu a tre lati e tre strati nel pioviscolo notturno quasi affranchi la mia vita da viandante ostinato. Le tue alpi si dividono nell’abbraccio delle valli con un cantico di sommerso ed orato turbamento e compongo taciturno il poema del silenzio in speranza del risveglio delle menti addormentate. È sempre più remando che m’affliggo , ma cos’hanno da tremare! E la riva schiaccia anche questa pallida amarezza, di tela in tela come esile e grezza tessitura ci chiediamo di chi fosse la cortezza d’esser nati. Vieni a me che sempre attento al tuo docile versante di promesse, e son qui a condannare tutto il resto in una voce dal tuo pianto che si spoglia della cera di stoltezza in risposta a quei tremendi condottieri di ossa e pietra. La vedetta del Gianicolo che rimbomba ci fa onore e ci divide poi scendendo O Italia se ti svegli e ti riveli quante serpi di cristallo fai tremare, tu che scendi da Torino alla Roma imperatrice sino ancora ad un’esule barchetta di Sicilia, e ci abbracci coi tuoi mari agghiacciati dai più freddi sentimenti. Io mi chiedo quando questo finirà e mi serbo queste riga che già lacrimano al tramonto , in tuo segno volgo il grido richiamando alla battaglia i soldati esulati sull’altare dell’assenzio, ove pongo il mio sguardo lì son certo ascolteranno , giacche son le periferie le più dimenticate, in quei borghi dell’inganno che s’affliggono ridendo. Queste membra celeranno quel dialetto di dolore mentre passa il candeliere con la fiamma quasi spenta. All’unisono quei cuori fatti ferro dal coraggio nella terra dei cervelli, ora sorge dalla storia degli arditi combattenti e riprende ciò che è. Hai violini mi rivolgo che si sono affievoliti ai maestri della pietra come eterni monumenti, alla docile scrittura che si esprime abbandonata in quei fogli di clemenza così scura. Nicola Chieppa Ho letto e riletto questa poesia ,ho guardato il video decina di volte e ogni volta sono rimasta incantata . Poeta contemporaneo Nicola Chieppa è  riuscito a colpirmi  dritto nel cuore con questi meravigliosi versi e  credo,inoltre, che la sua voce rimbomba dentro ognuno di noi. Facciamola uscire ….