Creato da Nean.856 il 04/12/2008

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Evoluzione: Viaggio nelle Origini Remote

 

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È molto probabile che una tappa decisiva nel misterioso processo dell'evoluzione dell'uomo sia rappresentata dal giorno in cui un essere, che stava esplorando con curiosità il suo ambiente, fermò la sua attenzione su sé stesso.

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L'EVOLUZIONE DELL'UOMO

"L'uomo non è sempre esistito sulla Terra. La sua comparsa è assai recente rispetto alla storia della Terra e degli altri esseri viventi. Nell'"orologio della vita", se si rapportano le 24 ore del giorno con l'età della vita sulla Terra, è negli ultimi minuti che si sviluppa il ceppo umano. La sua comparsa segna il punto di arrivo di una serie di modificazioni avvenute su un ramo del tronco dei Primati e, nello stesso tempo, un punto di partenza per un nuovo corso evolutivo, soprattutto in forza di ciò che caratterizza e distingue l'uomo da ogni altro vivente: la cultura."

F. Facchini
Le origini dell'uomo
 

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LA SELEZIONE NATURALE

“L’affermazione comune secondo la quale l’evoluzione attraverso il meccanismo della selezione naturale è una «teoria», esattamente com’è una teoria quella delle stringhe, è sbagliata. L’evoluzione è una legge (con parecchi elementi), tanto sostanziata quanto qualsiasi altra legge naturale, che sia di gravità, del movimento o di Avogadro. L’evoluzione è un dato di fatto, messa in discussione soltanto da chi sceglie di negare l’evidenza, accantona il buonsenso e crede invece che alla conoscenza e alla saggezza immutabili si arrivi soltanto con la Rivelazione.”

James D. Watson
 
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Neanderthal: capelli rossi e pelle chiara e .. occhi verdi?


Convergenza evolutiva simile all'Homo Sapiens. Ma una espressione diversa dello stesso gene, un gene coinvolto nella produzione della melanina.

"Quanto ci somigliavano i Neanderthal?
Ridevano, parlavano, piangevano come noi?"

Svante Paabo

Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori tedeschi, italiani e spagnoli e coordinato in Italia da David Caramelli, docente di Antropologia Molecolare del Dipartimento di Biologia Animale e Genetica dell'Università di Firenze, e recentemente pubblicato sulla rivista Science, conferma per la prima volta l'ipotesi che L'Uomo di Neanderthal avesse capelli rossi e pelle chiara simili a quelli degli uomini moderni.
Le analisi, nonostante le difficoltà legare alla fragilità ed al rischio di contaminazione tipici del DNA preistorico, sono state eseguite in parallelo sul DNA nucleare recuperato da reperti ossei di due esemplari di Neanderthal, uno vissuto sui
Monti Lessini (Verona, Riparo Mezzena) circa  50 mila anni fa e conservato presso il Museo di Storia Naturale di Verona, e l'altro, di 8 mila anni più giovane, vissuto in una grotta delle Asturie (Spagna, Cava El Sidron).

Red Haired Neanderthals And Modern Man Face To Face

"I risultati - spiega Caramelli - hanno portato alle stesse conclusioni: i due individui Neanderthal avevano i capelli rossi e la pelle chiara. I due reperti già in passato avevano fornito informazioni interessanti relative alla variabilità genetica nei Neanderthal; è dell'anno scorso infatti la scoperta pubblicata sulla rivista Current Biology, che riportava come il Neanderthaliano dei Monti Lessini fosse geneticamente molto più variabile di quanto fino a oggi osservato in altre popolazioni neanderthaliane".
La scoperta dei tre team di ricercatori nasce dallo studio del gene MC1r, responsabile della regolazione della pigmentazione nell'uomo e nei vertebrati. che Varianti di questo genene riducono la funzionalità, sono associate a individui con pelle chiara e capelli rossi. I due Neanderthal analizzati hanno mostrato varianti particolari di questo gene, varianti che non compaiono in nessun essere umano attuale. Le analisi funzionali su queste varianti hanno mostrato che le funzionalità dell’espressione in questo gene erano ridotte e per tanto, chi le possedeva, aveva i capelli rossi e la pelle chiara.
"I Neanderthal che frequentavano le grotte del veronese, quindi - afferma Laura Longo, conservatore presso il Museo di Verona e coordinatrice del progetto di revisione e valorizzazione dei resti fossili umani del veronese - non solo condividevano le stesse caratteristiche culturali dei cugini spagnoli, ma anche alcuni tratti somatici".
"Il fatto importante da sottolineare - spiega ancora Caramelli, che con altri colleghi antropologi fa parte di un gruppo di punta in Italia per le ricerche sull’origine e l’evoluzione dell’uomo - è che i capelli rossi e la pelle chiara dei Neanderthal non sono dovuti allo stesso tratto fenotipico del gene MC1r che determinano gli stessi caratteri nell'Homo sapiens, cioè alla specie alla quale apparteniamo in noi. È una variante, un'espressione diversa dello stesso gene".
Ciò significa che per rispondere alla stessa esigenza (necessità di avere la pelle chiara per far fronte alla scarsità di luce solare delle alte latitudini) due specie diverse hanno sviluppato le stesse caratteristiche, ma partendo da tratti diversi del proprio patrimonio genetico.

Si tratterebbe dunque di un chiaro esempio di convergenza evolutiva ovvero di come l’evoluzione abbia agito in modo indipendente in due specie che, a causa delle elevate latitudini alle quali entrambe vivevano, avevano necessità di sviluppare caratteristiche tali che consentissero loro di assorbire più raggi solari (pelle chiara) e quindi evitare gli scompensi dovuti alla scarsa produzione di vitamina D.

Inoltre, l'evoluzione indipendente di queste caratteristiche da parte dei Neanderthal rispetto ai Sapiens mostra come sia possibile escludere sia l'evoluzione di una specie dall'altra
(Sapiens da Neanderthal), sia eventuali flussi genici tra le due specie e dunque anche fenomeni di incrocio, in seguito ai quali ci sarebbero stati discendenti con caratteri misti.
Tutti i Neanderthal avevano i capelli rossi? "È difficile dirlo - risponde Caramelli - I reperti ben conservati dai quali ricavare materiale genetico adeguato sono pochissimi. Quel che è certo è che su due campioni, entrambi presentano le stesse caratteristiche. Esemplari che sono vissuti a migliaia di chilometri di distanza e a 8 mila anni l'uno dall'altro".

"Quelli fatti - ha aggiunto Caramelli - sono i primi passi che ci potranno portare, in futuro, a identificare tutta una serie di caratteristiche somatiche dei Neanderthal e a stabilire inoltre quali sono quelle uniche della nostra specie. Le ricerche su questa fase delle evoluzione umana (e sulle fasi più antiche) sono senza dubbio tra le più affascinanti per capire come, quando e in che tempi si è originato il nostro genere Homo e la nostra specie Homo sapiens".


Rimane sempre la domanda sul come e perché i Neanderthal si siano estinti. Le ultime ricerche tendono a escludere il clima quale causa dell'estinzione. Probabilmente si è trattato di una superiore adattabilità dei Sapiens al cambio repentino di clima (fine della glaciazione) che ha portato a un migliore accesso alle risorse nelle stesse nicchie ecologiche nelle quali le due specie convivevano, ipotizza Caramelli. Lo diranno le prossime ricerche sul Dna dei Neanderthal, sperando nel frattempo di scoprire esemplari meglio conservati.


Source:
- LaStampa.it
- Corriere.it
 

 
 
 

E' finita l'evoluzione dell'uomo?

Post n°8 pubblicato il 20 Dicembre 2008 da Nean.856
 


La teoria di genetisti inglesi: I maschi fanno figli quando sono troppo giovani e così ci sono poche «mutazioni» nel Dna.


LONDRA — «L’evoluzione umana è finita». Per secoli scienziati e scrittori di fantascienza hanno cercato di tracciare un identikit dell’Uomo del Futuro, immaginandolo come superuomo o al contrario come un flaccido fruitore-schiavo delle nuove tecnologie che permetterebbero di vivere senza muovere un muscolo, usando telecomandi attivati dalla forza del pensiero. Ebbene: l’ultima teoria è che il Future Man sarà semplicemente uguale a quello di oggi, perchè le forze che guidano l’evoluzione — selezione naturale e mutazioni genetiche — si sarebbero quasi esaurite. Lo sostiene uno studio dell’University College di Londra.

I MOTIVI - Il professor Steve Jones sostiene che ci sono tre motivi per i quali non si registrano più importanti mutazioni genetiche: per la maggior parte della storia dell’uomo le condizioni di vita erano così dure sulla terra che la selezione naturale era forte, mentre ora con il progresso tecnologico, essere per esempio più temprati al freddo non aiuta. Poi, nell’era della globalizzazione, le popolazioni separate dal resto del mondo di fatto non esistono più. Terzo fattore, il più rilevante secondo gli scienziati dell’University College di London, è che ci sono pochi padri in età avanzata. «Nei maschi il numero di divisioni cellulari necessarie per arrivare da uno spermatogonio (precursore dello spermatozoo) fino alla formazione di uno spermatozoo maturo cresce con il passare degli anni. Ogni volta che c’è una divisione c’è la possibilità di un errore, di una mutazione. Per un uomo di 29 anni si verificano circa 300 divisioni tra lo sperma che lo ha generato e quello e quello che passa al figlio: ogni divisione crea un’opportunità di errore, mutazione ed evoluzione». Il genetista inglese ha fatto l’esempio del genitore di 29 anni non a caso: è l’età media in cui si diventa padre in Occidente. «Per un genitore di 50 anni invece, il numero di divisioni è superiore a mille: perciò aumentano le possibilità di mutazioni».

IL SULTANO - Il professor Jones cita il caso un po’ mitico di Moulay Ismail, sultano del Marocco, che nel Diciottesimo secolo avrebbe avuto 888 figli, contribuendo non poco all’evoluzione. Fatti i conti avrebbe dovuto giacersi con 1.2 donne ogni giorno per 60 anni (ma questa è un’altra storia di cui in caso si potrebbero occupare i sessuologi). In conclusione: padri più giovani uguale niente più evoluzione e quindi niente superuomo, ma anche niente minus habens incollato a un telecomando e incapace di altro.


Source: Corriere.it

 
 
 

Infanzia dell'Homo Sapiens

Foto di Nean.856

 

La storia della specie umana ha visto i bambini svilupparsi più precocemente di quanto facciano oggi. Due milioni di anni fa i nostri antenati avevano un'infanzia molto più breve.

Agli albori della nostra storia, i bambini non esistevano. O meglio, non esisteva l'infanzia, che sarebbe un'invenzione relativamente recente, al massimo di due milioni, un milione e mezzo di anni fa. Lo sostiene un gruppo di ricerca internazionale guidato da Jean-Jacques Hublin del Max-Planck-Institut di antropologia evolutiva di Lipsia, sulla base di uno studio effettuato sui crani dei nostri antenati. I suoi risultati sono stati pubblicati sulla rivista "Nature".

L'uomo è l'unico tra i primati ad avere un'infanzia così prolungata: a nascere tanto immaturo e a poter godere di un così lungo periodo durante il quale crescere e imparare. Ma fino a oggi non era stato ancora chiarito a quando risalisse questo privilegio.

Per scoprirlo, Hublin e colleghi hanno analizzato il cranio del cosiddetto Bambino di Mojokerto, un fossile di
Homo erectus rinvenuto a Giava e risalente a circa 1,8 milioni di anni fa. Gli antropologi hanno poi confrontato le tomografie computerizzate di questo con quelle di altri crani, di bambini moderni e di piccoli di scimpanzé. I risultati hanno mostrato che il bambino di Mojokerto, che al momento della morte aveva un anno, possedeva già tre quarti (tra il 75% e l'80%) della capacità cranica di un Homo erectus adulto.

Al contrario sappiamo che il cervello di un bambino di Homo sapiens all'età di un anno deve fare ancora molta strada prima di poter essere paragonabile a quello di un adulto della stessa specie. Anzi, come scrive su "Nature" Hublin "un'importante caratteristica dello sviluppo umano è proprio la persistenza di schemi fetali di crescita del cervello anche dopo la nascita". Per questo, secondo i ricercatori, l'infanzia deve essere nata dopo l'Homo erectus e non è mai stata presente nelle specie antichi progenitrici dell'uomo.


Source: ScienzaEsperienza
(16 Settembre 2004)

 
 
 

Bipedi prima del previsto

Post n°6 pubblicato il 20 Dicembre 2008 da Nean.856
 
Foto di Nean.856

Gli ominidi hanno cominciato a camminare in modo eretto circa due milioni di anni prima di quanto pensato fino a oggi.


Gli ominidi hanno iniziato a camminare in maniera eretta molto prima di quanto sinora immaginato dai paleoantropologi. Secondo un articolo apparso sulla rivista Science infatti sembrerebbe che la postura eretta sia stata una caratteristica degli Orrorin (
Orrorin Tugenensis), una specie che visse tra i cinque e i sette milioni di anni fa in Africa Orientale. Fino a oggi questa specie, antecedente agli esemplari del genere Australopitecus e Homo, era classificata in maniera incerta e discussa. Questa protoscimmia visse infatti in un periodo estremamente delicato della storia evolutiva che ha portato alla comparsa dell'uomo sulla Terra perché proprio intorno ai 5 milioni di anni fa c'è stata la separazione tra il ramo che ha dato origine all'uomo e quello che invece ha portato origine ai moderni primati, scimpanzé e gorilla.

Stabilire dunque se Orrorin faccia parte o meno del ramo che ha portato all'evoluzione umana caratterizzata dalla postura eretta è dunque estremamente importante per la ricostruzione del processo evolutivo della nostra specie. Ma la ricerca è ostacolata dalla scarsità di reperti fossili di Orrorin che non consentono un esame approfondito della questione. Ora però un ricercatore americano, Robert Eckhardt della
Pennsylvania State University
ha effettuato una serie di analisi sui femori dei cinque esemplari custoditi presso il Museo francese di storia naturale di Parigi. Le scansioni effettuate sui fossili, secondo il ricercatore non lasciano spazio a dubbi e mostrano che questo esemplare poteva camminare su due gambe soltanto.

Questo confermerebbe quanto già suggerito da alcuni ricercatori, in particolare dalla francese Brigitte Senut, che aveva già proposto di classificare Orrorin come discendente degli uomini e non delle scimmie. Inoltre la scoperta mostra che l'andatura bipede fu una conquista sin dalle prime fasi di sviluppo dell'umanità, proprio nel momento in cui ha iniziato a separarsi dalle altre scimmie.

Source: ScienzaEsperienza
(3 Settembre 2004)

 
 
 

I Diritti dei Popoli Indigeni

Post n°5 pubblicato il 20 Dicembre 2008 da Nean.856
 
Foto di Nean.856


Dichiarazione generale sui Diritti
dei Popoli Indigeni
delle Nazioni Unite




- Premessa

Affermando che i popoli indigeni sono uguali a tutti gli altri popoli, pur riconoscendo il diritto di tutti i popoli ad essere diversi, a considerarsi diversi, e ad essere rispettatati come tali,
Riaffermando che tutti i popoli contribuiscono alla diversità e ricchezza delle civiltà e delle culture, che costituiscono parte integrante del comune patrimonio dell'umanità,
Affermando inoltre che tutte le dottrine, politiche e pratiche che si basano o che sostengono la superiorità dei popoli o degli individui sulla base dell'origine nazionale, razziale, religiosa, etnica o di differenze culturali sono razziste, scientificamente false, giuridicamente nulle, moralmente esecrabili e socialmente ingiuste,
Riaffermando anche che i popoli indigeni, nell'esercizio dei propri diritti, devono essere liberi da ogni discriminazione di qualunque tipo,
Preoccupati per i popoli indigeni che hanno sofferto di ingiustizie storiche in seguito, fra gli altri eventi, alla colonizzazione e all'espropriazione delle loro terre, dei loro territori e delle loro risorse, impedendo così loro di esercitare, in particolare, il loro diritto allo sviluppo nel rispetto delle proprie esigenze e dei propri interessi [..]

Solennemente si proclama la seguente Dichiarazione sui Diritti dei Popoli Indigeni delle Nazioni Unite:

- Estratto

Articolo 8
1. I popoli e gli individui indigeni hanno il diritto di non essere fatti oggetto di assimilazione forzata e della distruzione della loro cultura.
2. Gli Stati dovranno predisporre efficaci meccanismi per la prevenzione e il rimedio di:
(a) Qualsivoglia azione con la finalità o l'effetto di privarli della loro integrità come popolo distinto, o dei loro valori culturali o identità etnica;
(b) Qualsivoglia azione con la finalità o l'effetto di spossessarli delle loro terre, territori o risorse
(c) Qualsivoglia forma di trasferimento forzato della popolazione con la finalità o l'effetto di violare o indebolire i suoi diritti;
(d) Qualsivoglia forma di assimilazione forzata o integrazione da parte di altre culture o stili di vita imposti alla popolazione tramite misure legislative, amministrative o di altro tipo;
(e) Qualsiasi forma di propaganda volta a promuovere o istigare discriminazioni razziali o etniche contro di loro.

Articolo 11
1. I popoli indigeni hanno il diritto di praticare e di rivitalizzare i propri costumi e tradizioni culturali. Questo diritto comprende il diritto a mantenere, tutelare e sviluppare le manifestazioni passate, presenti e future della loro cultura, i siti archeologici e storici, gli artefatti, gli stili, le cerimonie, le tecnologie, le arti visive e dello spettacolo e la letteratura. [..]

Articolo 12
1. I popoli indigeni hanno il diritto di manifestare, praticare, sviluppare e insegnare le loro tradizioni spirituali e religiose, i loro costumi e cerimonie; hanno il diritto di preservare e di accedere ai propri siti religiosi e culturali, con la dovuta intimità; hanno il diritto di utilizzare e di mantenere il controllo dei propri oggetti cerimoniali; hanno altresì il diritto al rimpatrio delle loro salme. [..]

Articolo 13
1. I popoli indigeni hanno il diritto di rivitalizzare, utilizzare, sviluppare e trasmettere alle future generazioni la loro storia, lingue, tradizioni orali, filosofia, sistemi di scrittura e letteratura, e di designare e poi mantenere le proprie designazioni di comunità, luoghi persone. [..]

Articolo 24
1. I popoli indigeni hanno il diritto alle proprie medicine tradizionali e a mantenere le proprie pratiche sanitarie, compresa la conservazione di piante, animali e minerali medicinali di importanza vitale. Gli individui indigeni hanno parimenti il diritto di accedere, senza alcuna discriminazione, a tutti i servizi sociali e sanitari. [..]

Articolo 25
I popoli indigeni hanno diritto a mantenere e rafforzare il loro particolare rapporto spirituale con le terre, i territori, le acque, le coste e altre risorse tradizionalmente posseduti o altrimenti occupati e di difendere le loro responsabilità per le future generazioni a questo riguardo.

Articolo 26
1. I popoli indigeni hanno il diritto alle terre, territori e risorse che hanno tradizionalmente posseduto, occupato o altrimenti utilizzato o acquisito.
2. I popoli indigeni hanno il diritto di possedere, utilizzare, sviluppare e controllare le terre, territori e risorse da essi posseduti in ragione del loro tradizionale possesso o di altra occupazione o uso tradizionale, e hanno parimenti il diritto a quelli altrimenti acquisiti.

Articolo 28
1. I popoli indigeni hanno il diritto ad un risarcimento, sottoforma di restituzione, o quando questo non sia possibile, di una giusta, congrua ed equa compensazione, per le terre, territori e risorse che hanno tradizionalmente posseduto, o altrimenti occupato o utilizzato e che sono stati confiscati, presi, occupati, utilizzati o danneggiati senza il loro previo libero consenso informato.
2. Se non altrimenti concordato liberamente dai popoli interessati, la compensazione dovrà essere erogata sotto forma di terre, territori e risorse pari in qualità, dimensione e status giuridico o di una compensazione monetaria o altre forme di risarcimento.

Articolo 31
1. I popoli indigeni hanno il diritto di mantenere, controllare, proteggere e sviluppare il proprio patrimonio culturale, la propria conoscenza tradizionale, espressioni culturali tradizionali, così come le manifestazioni delle loro scienze, tecnologie e culture, comprese le risorse umane e genetiche, le sementi, le medicine, la conoscenza delle proprietà della fauna e della flora, le tradizioni orali, la letteratura, gli stili. [..]

Articolo 34
I popoli indigeni hanno il diritto di promuovere, sviluppare e mantenere le proprie strutture istituzionali e i propri specifici costumi, spiritualità, tradizioni, procedure, pratiche e, nel caso in cui esistano, sistemi o consuetudini giuridiche, in accordo con gli standard internazionali sui diritti umani.

[..]


Link di riferimento:
- Testo completo della Dichiarazione
- UNPFII
- Permanent Forum
- Vittoria politica storica
- Survival International
- Luci e ombre
- Unimondo.org
- Forumeditrice.it
- Popoli indigeni, popoli minacciati


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DARWIN 2009

"Il 2009 è un anno singolare per il darwinismo e la teoria dell'evoluzione biologica, il presupposto di fondo di tutte le scienze della vita. Ricorrono infatti 200 anni dalla nascita di Charles Darwin e 150 anni dalla pubblicazione del suo Origine delle specie, il testo che sancisce l'avvento della moderna visione evoluzionistica, uno dei paradigmi scientifici che hanno più influenzato la trasformazione di tutte le discipline scientifiche ma anche della cultura e del modo di pensare del mondo contemporaneo."

 

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