Creato da princepscivitatis il 23/02/2007

Storia & Archeologia

La Storia e l'Archeologia : una passione da sempre! Il luogo di ritrovo per tutti gli amanti di queste discipline meravigliose. Un tuffo nel passato per sognare e vivere esperienze magiche, visitare i luoghi del passato e conoscere i grandi uomini che con le loro imprese hanno segnato la storia dell'Umanità.

 

 

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Per iniziare : cos'è la Storia. A cosa serve? (parte seconda)

Post n°3 pubblicato il 23 Febbraio 2007 da princepscivitatis
 

(seconda parte)

STUDENTESSA : Studia la Grecia che ha poche fonti, rispetto ad uno storico che studia il nazismo in un momento in cui le fonti poi sono troppe forse, c'è una pluralità di visioni o magari la storia recente di venti anni fa? Qual'è la differenza?

CANFORA : La differenza l'ha espressa bene un personaggio, che fu Segretario di Stato negli Stati Uniti d'America al tempo di Nixon negli anni Settanta, che si chiama Henry Kissinger, che era un signore - credo ancora noto -, che ha scritto un bellissimo libro, - e' un conservatore, uno che sa il fatto suo, come si suol dire -, Gli anni della Casabianca. Lui era uno storico, un professore di storia, che ha fatto il politico; come Tucidide, come Machiavelli. E dice, a un certo punto, nella Prefazione del suo libro, che lo storico della contemporaneità, trovandosi purtroppo dinanzi ad alcuni milioni di documenti, dovrebbe bruciarne la gran parte. Naturalmente è una battuta di spirito. Cosa vuol dire? Vuol dire che ardua è la fatica di colui che su poche fonti superstiti cerca di raccontare come è andata - ed è il caso della storia antica soprattutto, già per l'età medioevale è diverso -, così grave è quella fatica, altrettanto lo è quella di colui che si trova dinanzi a una massa sterminata, anche insignificante, di documenti. Perché? Perché le cose più importanti probabilmente non passano neanche da un documento scritto. Cioè noi possiamo avere gli atti di un'ambasciata, di un ministero eccetera, però poi la guerra arabo-israeliana del '73 si fermò per una telefonata che le due grandissime potenze del momento ebbero modo di farsi per arrestare il conflitto. E allora quella telefonata è un documento che purtroppo non è affidato ad una registrazione, men che meno ad una scrittura, che vale milioni di documenti utili. Questo cosa vuol dire? Vuol dire che lo storico antico dovrebbe ciclicamente fare il mestiere dello studioso di storia contemporanea e viceversa. Perché le due cose, tutto sommato, sono educative, ci insegnano a ridimensionarci, a capire meglio, e se vuole, anche a non feticizzare il risultato. Come si traduce, sempre da capo, i poeti? Si scrivono sempre da capo poesie. No, non è che Petrarca e poi basta. Ogni poeta lirico vivente ha bisogno di scrivere una poesia. Si continuerà sempre a cercare di raccontare meglio il passato.

STUDENTE: Professore, come nelle precedenti puntate, abbiamo effettuato delle ricerche su Internet sull'argomento di cui si parlava. Mi sono divertito a cercare le posizioni di vari pensatori riguardo all'utilità e all'uso, della storia. Una posizione che mi è sembrata interessante è quella di un teorico dell'Ottocento che vede appunto nella continuità del pensiero umano l'utilità della storia. Inoltre, sul sito della Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche, ho trovato al riguardo un aforisma di Duby, che appunto ci dice che: "La storia è sempre stata manipolata. Ma io penso che il dovere degli storici sia sempre quello di rettificare queste manipolazioni". Lei è d'accordo con questa affermazione di Duby?

CANFORA : Ma io non sono d'accordo su quasi nulla di quello che lei ha detto. Scherzo solo in parte. Riguardo alla continuità del pensiero umano, quello uno la può mettere alla prova anche studiando la matematica, la fisica, la pittura. E' la continuità e diciamo che forse, in rebus ipsis, nel fatto stesso che noi siamo qui, altri saranno qui fra due secoli. Quanto a Duby dice in modo simpaticamente assiomatico, tutto sommato, quello che il vecchio Ecateo di Abdera, che è un signore, vissuto molto prima di Duby, molto, ai tempi della rivolta ionica, VI° secolo avanti Cristo - e già rispetto agli Egizi era un bambino, gli Egizi erano molto più vecchi di lui - dice: "Io non voglio raccontare la storia che mi hanno tramandato, ma come è parsa a me", ed è l'atto della soggettività, del fatto che il singolo si propone come filtro rispetto ad un autorità consolidata, la storia dei re. Se c'è una morale di tutto questo nostro discorso è che non possiamo mai accettare quello che ci viene fornito dall'alto autoritativamente. Dobbiamo guadagnarci sempre criticamente o opponendo la nostra critica a quello che ci viene fornito, le nostre verità. Quindi una lotta perenne. Il sapere è un conflitto.

STUDENTE: Professore, ma allora quand'è che finisce il nozionismo e comincia la storia?

CANFORA : Non c'è nessuna distinzione. Anzi, la parola nozionismo è una parola stolta, inventata dai pedagogisti, che sono delle simpatiche comunità di persone, che non producono, secondo me, utili suggestioni, perché "nozionismo" è un termine che vuole gettare il discredito sull'informazione concreta. Senza informazione concreta c'è la pura chiacchiera. Naturalmente "nozionismo" vuol dire che uno deve memorizzare centinaia di date? Non è vero, non è vero, perché intanto un dato è interessante in quanto io capisco come me lo sono guadagnato. A quel punto divento un essere vivente. Non è più una parola stampata in nero in una pagina che io detesto.

STUDENTE: Finora abbiamo parlato a lungo dei limiti della storia, limiti che per la storia antica son soprattutto di unilateralità delle fonti e per quella più recente di mistificazioni. E tra gli altri limiti c'è quello di una incompletezza della storia. La storiografia tradizionale ci ha offerto soprattutto una storia di battaglie. La mia domanda è in quali direzioni ci si può muovere per fare della storia più completa, senza arrivare con questo a quello che è un altro mito, forse a una semplificazione della storia a misura d'uomo, come volevano gli antichi, la storia specchio dell'umano. Però, in questo senso, perché la storia possa aiutare in modo maggiore a capire come è fatto l'uomo, anche viceversa capire l'uomo per capire la storia. E questa è un'altra questione.

CANFORA: Mah, la storia a misura d'uomo. Tanto forse bisognerebbe sgomberare il terreno da un equivoco. Lei ha certamente in mente - ma forse mi sbaglio, comunque azzardo che Lei abbia in mente, un racconto di Borges, di questo straordinario narratore argentino, I cartografi dell'Impero, i quali - nel romanzo di Borges - cercarono di fare una carta geografica perfetta di un immaginario Impero, che per essere perfetta era grande quanto l'Impero e quindi non serviva a niente, perché si estendeva quanto si estendeva l'area geografica che voleva descrivere. E' una metafora che vuol dire che la totalità delle conoscenze per l'assoluta oggettività è un'illusione, cioè finisce con l'essere la realtà stessa. Quindi togliamoci dalla testa questo risultato, che comunque è reso impossibile dai limiti pratici. La ragione per cui la storia è malvista dai potenti, è nel fatto che essa aiuta la gente a capire un po' di più. C'è un aneddoto raccontato dalle Cronache Cinesi, secondo cui l'imperatore, che costruì La Grande Muraglia, e quindi siamo nel III° secolo avanti Cristo, vietò la circolazione dei libri di storia e di poesia, su consiglio di un suo consigliere sciagurato, il quale portò questa motivazione: "Se i sudditi sanno che cosa succedeva sotto l'imperatore precedente, e poi sotto l'altro imperatore ancora precedente, possono fare un confronto". Quindi bando ai libri di storia. L'imperatore vigente è l'unico parametro possibile. Va bene? Questo è un aneddoto, più o meno veridico, che rende bene poi il concetto per cui, come dicevo prima, la storia non è amata dai potenti. Però, come tutte le cose ineliminabili, può anche essere corteggiata, per cui i potenti possono interferire nella sua costruzione. Quindi diciamo che è un mestiere difficile, criticabilissimo, ma indispensabile.

STUDENTESSA: Buongiorno. Prima parlava di interpretazione dei telegiornali, importanza dei mass-media. Allora io volevo sapere, se c'è un legame tra la storia contemporanea e i mezzi di comunicazione.

CANFORA: C'è un legame fortissimo. Basta pensare che gli Archivi della RAI sono tra le fonti più importanti per lo storico, purtroppo sono tenuti male.

STUDENTESSA: Quindi probabilmente fra cinquant'anni, per esempio, i ragazzi come noi studieranno maggiormente le cose che appaiono sui telegiornali o sui giornali o sugli altri mezzi di informazione.

CANFORA: Alla stessa maniera che noi studiando il secolo passato, e intendo il XIX°, anche se questo è già finito praticamente, devono scorrere collezioni e collezioni di giornali che sono i mass-media dell'epoca, ben sapendo quanto valgano, ma purtroppo non potendone fare a meno. No, non scherzo, quando dico che gli archivi della RAI saranno una delle fonti più importanti e speriamo che non siano poi così caduche, perché lei sa che è un materiale che può rovinarsi facilmente. Tanto tempo fa mi è capitato di fare, di curare una certa trasmissione sul cinquantenario della Repubblica Italiana e volevamo attingere agli Archivi televisivi, dei primissimi tempi della televisione italiana, c'era l'immagine, ma non c'era più l'audio. E quindi era una fonte poco, anzi per nulla utilizzabile. Bisogna rassegnarsi a questo. Come nelle biblioteche l'umido e i topi hanno distrutto un sacco di libri importantissimi, così anche questi documenti di tipo nuovo sono soggetti all'usura. Ma questo non significa che non si debbano desiderare, mettere a frutto, e così via. Anzi è uno di quei casi in cui la materia è così vasta che poi bisognerà trovare tecniche per selezionarla.

STUDENTE: Professore, scusi eh! Ma noi studiamo la storia, bisogna studiare la storia per non commettere gli errori del passato. Ma perché tuttora si commettono, cioè ancora ci sono guerre civili? Forse non è stata ben compresa, non è stata ben studiata?

CANFORA: Ma perché i fatti sono il frutto non soltanto dell'atteggiamento mentale delle persone, ma anche dei loro interessi. Tantissime persone, come si usa dire, sanno bene che cosa sarebbe giusto fare, ma fanno il contrario per ragioni concrete, interessi e così via. Stiamo banalizzando sia la formulazione che la mia, sono molto, diciamo, semplificatorie, però rendono bene il concetto. Non è lineare questo procedimento, ma questo vale anche per la predicazione religiosa, perché i principi delle grandi religioni del mondo sono dei principi sani, etici. E come mai poi non si traducono in opere e il crimine c'è ugualmente? Perché c'è un divario fra quello che è giusto pensare, che ci spiegano che è giusto pensare, e poi quello che concretamente si fa, appunto per una serie di ragioni empiriche, per lo più i grandi interessi egoistici. L'egoismo è una delle molle della storia umana. Mi pare che con questa triste conclusione potremmo anche porre un termine ai nostri pensieri. Il fatto che nonostante tutto - appunto, lei l'ha detto in modo un po' semplificatorio - non basta, è utile, ma non basta. Questa è, diciamo, la morale di questo mestiere.

STUDENTESSA: Professore mi chiedevo quale fosse la Sua visione personale della storia, se è ciclica o lineare, se veramente possiamo imparare qualcosa, perché comunque la natura umana rimane uguale a se stessa pur cambiando le circostanze oppure è assolutamente impossibile proprio perché nessun momento è uguale a un altro?

CANFORA: Alla fine, perché presumo che siamo verso la fine, la domanda più importante del mondo - mi permetto di chiosare -, anzi una domanda non solo importante, ma imbarazzante, perché se io fossi molto meno anziano di quello che sono direi: ma la storia è lineare, è un progresso perenne verso modi di organizzazione della società sempre più elevati. A grandi linee forse è ancora così, ma io lo credo sempre meno. Poi noi abbiamo in realtà uno spezzone piccolissimo, noi conosciamo la storia di qualche migliaio di anni, malissimo quella più vecchia, un po' meglio questa, mentre è una storia lunghissima, quella che abbiamo alle spalle, e forse anche quella che abbiamo davanti, ma non vedremo. Allora fare una regola da un campione così piccolo, forse è un azzardo. Col tempo, mi sono convinto che sostanzialmente l'ottimismo unilineare è fallace, cioè è un'illusione, però il ciclo, perché l'alternativa è il cerchio - come dice Machiavelli, per il fatto che si ripete - non si ripete mai uguale. Quindi tra le due alternative ce n'è una terza: che certo si torna, ma si torna in modo differente. E questo fa ben sperare.

 

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