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Breve, anzi, brevissima introduzione allo studio storico del Diritto Romano

Post n°12 pubblicato il 25 Gennaio 2011 da princepscivitatis
 

La storia del diritto dei paesi di tradizione latino-germanica ha, come punto di partenza, il sistema giuridico romano. I principali lemmi giurispubblicistici e giurisprivatistici odierni (potestà, legge, giustizia, giurisprudenza, beni, persona, obbligazioni, contratti, etc.) derivano dal diritto romano, che accanto al diritto naturale e fino alla nascite del Code Civil napoleonico (1804), ha costituito il fondamentale referente di ogni ricerca giuridica.

Per la tradizione giuridica "colta", il diritto romano, soprattutto quello che ha dato origine al sistema del Corpus Iuris Civilis giustinianeo (vedi più avanti), è la fonte per eccellenza, ove l'anteriorità e l'autorevolezza hanno addirittura prevalso sul potere costituito (Thomas).

Il fondamento della normatività del diritto romano sta proprio nella sacertà delle origini dello stesso, nella primordialità che ne legittimava l'intangibilità e la immutabilità. Merito della Scuola Storica del diritto (Von Savigny, 1814) fu quello di aver affermato l'imprescindibile necessità di governare tenendo conto della storia delle istituzioni della società civile, facendo, cioè, della tradizione giuridica romana il riferimento primordiale e legittimante di ogni forma di governo.

Lo studio della tradizione romanistica, reinterpretata e adattata alle esigenze del presente, ha offerto soprattutto nei paesi latino-germanici il modello per la formazione del diritto vigente.

Il Còrpus Iùris Civìlis

Con questa espressione, coniata dal giurista Dionisio Gotofredo alla fine del XVI secolo, si indica l'intera opera realizzata su impulso dell'Imperatore Giustiniano (527-565 d.C.) al fine di raccogliere, in un complesso organico, gli iùra (ovvero i frammenti di opere di giuristi classici; agli scritti dei più famosi giuristi classici, infatti, l'imperatore riconosceva valore di norma giuridica) e le leges (ovvero l'insieme delle costituzioni imperiali, provvedimenti dell'Imperatore, il cui insieme definì, poi, il cd. ius novum) vigenti, operando un armonico raccordo tra tutte le fonti di produzione del diritto romano e tra tutto il relativo materiale legislativo.

Il Còrpus Iùris Civìlis ricomprendeva il Codex Iustinianus, i Digesta Seu Pandèctae, le Intitutiònes e il Codex repetìtae paelectiònis (quest'ultima opera innovava le precedenti).

Tale enorme raccolta normativa rispondeva a delle esigenze pratiche fortemente sentite : di ovviare alla difficoltà di conoscere la plurisecolare produzione legislativa e giurisprudenziale delle epoche storiche precedenti; di sopperire alla mancata conoscenza del latino nelle province orientali e alle incertezze derivanti dalle divergenti dei manoscritti; di porre rimedio agli sconvolgimenti prodotti dalla decadenza del processo formulare (del quale si dirà poi).

L'opera fu compiuta da una commissione di esperti scelti dal curatore dell'itera codificazione, il quaestor sacri palatii Triboniano cui Giustiniano affidò l'incarico il 15 dicembre 530 con la constitutio Deo auctore.

Il Còdex Iustiniànus

Parte del Còrpus Iùris Civìlis, esso consisteva in una raccolta di leges, cioè di costituzioni imperiali comprendente il materiale dei Codici Gregoriano, Ermogeniano e Teodosiano, nonchè le ultime costituzioni imperiali. Della redazione fu incaricata una commissione presieduta dal giurista Giovanni, ex quaestor sacri palatii, da altri sei eminenti funzionari tra cui il già citato Triboniano, nonchè da Teofilo, professore alla facoltà di giurisprudenza di Costantinopoli e da due avvocati.

L'opera, commissionata da Giustiniano nel 528 d.C. con una costituzione "haec quae necessario", venne pubblicata il 7 aprile 529 d.C., con la costituzione "Summa rei publicae" che ne fissò l'entrata in vigore il 16 aprile successivo.

La costituzione affrontò il tema del valore da attribuirsi alle leges non comprese nel nuovo codice : di esse si vietò, infatti, la utilizzazione giudiziale. Il codice non ci è pervenuto nella sua primaria edizione, poichè trasfuso, dopo soli quattro anni, nel Codex repetitae praelectionis.

Il Digesto

Il Digesto (Digèsta Seu Pandectae) è una raccolta di brani dei giureconsulti muniti di ius publicae respondendi (diritto di dare pubblici responsi a questioni di carattere giuridico, facoltà concessa, sin dai tempi di Augusto, ai giuristi di maggior valore, i cui pareri avevano, quindi, carattere vincolante essendo considerati fonti di diritto).

Ai fini di una migliore comprensione dell'ordinamento giuridico, le fonti originarie in esso inserite furono modificate, attraverso la eliminazione di tutto ciò che fosse ormai desueto.

Fu pubblicato il 16 dicembre 533 d.C. con la costituzione Tànta, indirizzata al Senato e a tutto il popolo, nella quale si stabiliva, altresì, che la compilazione avrebbe avuto forza di legge nell'Impero Romano a partire dal giorno 30 di quello stesso mese.

L'opera si articola in cinquanta libri, a loro volta suddivisi in titoli, ognuno dei quali reaca una rubrica con la indicazione dell'argomento trattato.

Le Institutiònes

Costituivano un trattato essenzialmente di diritto, utilizzato in sostituzione delle Istituzioni di Gaio (importante giurista del II secolo d.C.). Vennero pubblicate il 21 novembre 533 d.C. e constano di quattro libri, in conformità con lo schema dell'opera gaiana, e ripartiti in titoli dedicati ai vari argomenti della materia.

Ai fini dell'elaborazione dell'opera, i compilatori attinsero, oltre che alle Institutiones di Gaio, anche alle Res Cottidianae dello stesso autore e ad opere di altri giuristi. A seguito della emanazione della constituzione Tànta, le Institutiones assunsero valore di legge.

 

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