PGS Ardor Bronte

Lorenzo: A scuola per riscoprire il senso delle cose


Crocifisso sì, crocifisso no, crocifisso boh. Noi studenti cattolici non dobbiamo convertire a forza gli amici o partire  per una crociata. Pretendere il massimo dal scuola, questo sì. Sono gli anni più belli della nostra vita, e non possiamo vederli conditi da bassi talk show in cui si cancellano con disinvoltura duemila anni di storia o da intere lezioni di italiano e filosofia sostituite da lunghi monologhi del prof sull’ingerenza della Chiesa. Meritiamo di più: un’educazione che inviti alla riflessione facendoci riscoprire il senso delle cose. Riscoprire che quell’anno sul calendario indica il tempo trascorso dall’avvenimento più importante degli ultimi due millenni, che in quel quadro c’è passione e fede, che se «diamo a Cesare quel che è di Cesare» è perché la nostra cultura è così impregnata di tradizione cristiana, anche nei modi di dire. Se lo diciamo commettiamo un’ingerenza? Ingeriamo, ingeriamo. Ingeriscano i professori di religione: insegnino la religione cattolica che è alla base della nostra società, e non frammentino le sessanta ore di lezione in vaghi discorsi sui problemi giovanili e sulle droghe pesanti e leggere, politicamente corrette. Ingeriamo noi studenti. Con cortesia, con gentilezza: ma bisogna dirlo. L’alternativa? Non poter parlare e sentir parlare di cristianesimo, a causa di un indefinito “rispetto” verso per gli altri. Seguendo questa logica illogica dovremmo costringere “i promessi sposi” al divorzio o a un Pacs, per rispetto. Dovremmo censurare Dante – ha messo Maometto nell’inferno: ma come si è permesso! –. Dovremmo eliminare decine di pittori, filosofi e poeti dai nostri libri. Rimarrebbe Dan Brown, che, pur basandosi su elementi insensati per concludere che la Chiesa è una società criminale, per qualcuno è come il Vangelo. Scusate: come un testo sacro. La parola  “Vangelo” è troppo irrispettosa, effettivamente. Lorenzo Galliani, studente universitario