Appunti

Suggerimenti per approfondire l'arte

Creato da dibiasefrancesco il 04/03/2008

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

Tag

 

FACEBOOK

 
 

 

Guernica

Post n°12 pubblicato il 18 Febbraio 2014 da dibiasefrancesco

Il Guernica di Picasso e Guernica

di Héctor Becerra

(Versione Italiana)

Pubblicato in “La nave”. Anno III. Nº 21. Buenos Aires, ottobre 1997 e in “El Criticón”. Anno 1 – N°2. Buenos Aires, maggio 2000.

Nel 1908 Picasso trascorse le sue vacanze d’autunno in un piccolo paese vicino alla cittá di Amiens e di fronte alla durezza delle sue montagne e ispirato da Cèzanne, dipinse alcune opere geometrizzate. Fu durante queste vacanze che Picasso inaugurò quello che si definirà cubismo.

Il 26 aprile 1937, l’aviazione nazista, insieme a un gruppo di forze inviate da Benito Mussolini, attaccarono Guernica con bombe incendiarie e di alto potere distruttivo. Era la prima volta che vengono utilizzate forze combinate delle due nazioni, una sinistra prova generale di quello che più tardi sarebbero state le grandi operazioni offensive naziste della Seconda Guerra Mondiale.

Guernica fu scelta come città emblematica dell’unione e identità basca, affinchè la sua distruzione attentasse al morale del fronte, dato che le truppe del governo autonomo basco stavano offrendo una resistenza inattesa che fece infuriare l’alto comando tedesco. La legione Condor perpetrò per la prima volta un intensivo bombardamento di sterminio contro una città che non aveva difese antiaeree, uccidendo approssimatamente millecinquecento persone, in maggioranza civili.

Impressionato da questo avvenimento, Picasso tornò al suo cavalletto per dipingere con i suoi colori più angoscianti -neri, grigi, bianchi- una enorme composizione di otto metri di larghezza per tre metri e mezzo di altezza nella quale riuscì a sintetizzare l’idea del bombardamento manifestando il culminare della sua capacità di sintesi e di plasticità, senza rinunciare al suo stile personale: una composizione come Guernica non appartiene specificatamente al cubismo; nonostante ciò, contiene tutti i caratteri essenziali di una concezione plastica dedotta direttamente da quella cubista.

Nessuno si era finora cimentato in una impresa così difficile, ragione per cui Picasso si trova nella posizione scomoda di chi deve plasmare inediti strumenti formali e tecnici, adeguarli alla nuova esigenza espressiva. Da questo atteggiamento nasce la sua rivoluzione, così incompresa agli inizi, che in nessun momento è volontà di distruggere formule rappresentative tradizionali, ma al contrario è assoluta necessità di gettare le basi di un nuovo convenzionalismo formale narrativo, utile alla dichiarazione dei suoi fini e dei suoi contenuti. Questa sarà in gran parte la base della pittura moderna.

Questa alterazione della finalità -e dei mezzi- nell’opera d’arte, che da rappresentativa si trasforma in narrativa, da figurazione di un oggetto visibile si converte in un complesso momento soggettivo -e pertanto invisibile- è il principale motivo della incomprensione sofferta dall’opera di Picasso da parte di una grande quantità di critici e di pubblico in generale, proprio perchè non si volevano capire le ragioni che lo portavano alla apparente distorsione della realtà e perchè non si poteva accettare questo differente punto di partenza.

Poco più di due anni fa, una notizia apparsa sul quotidiano argentino Clarín passava quasi inosservata: il presidente tedesco, Roman Herzog, ammetteva la responsabilità dei piloti tedeschi nella distruzione di Guernica. Per la prima volta un capo di stato tedesco dichiarava di accettare questo passato e riconoscere la colpa degli aerei tedeschi. Herzog inviò un messaggio di condoglianze, che fu letto dall’ ambasciatore tedesco in Spagna durante la commemorazione del bombardamento.

Forse così possiamo cominciare a capire il bisogno di espressione che guidava Picasso nella sua singolare configurazione dell’ immagine, risultato non di quello che vede, ma di quello che sa e sente. Bisogna intendere inoltre che se Picasso avesse rappresentato puntualmente la distruzione di Guernica, tale rappresentazione non si sarebbe differenziata per nulla da altre decine di città annientate dalle bombe. Per questo, sebbene si rompano i legami con la rappresentatività classica, si sviluppa una narrazione di assoluta autenticità umana in un linguaggio di ardente passione e di fervorosa immaginazione.

Nell’opera, il simbolico cavallo -rappresentazione del popolo- muore ferito da una scheggia caduta dal cielo. Una madre grida orribilmente con il suo bambino morto in braccio. Una donna cade nel vuoto, costretta dall’abisso apertosi nella propria casa in fiamme. Altre figure, prigioniere del panico e dello stupore, se affacciano a una finestra o cadono chiedendosi il come e il perchè della strage. Il toro, la bestia barbara resta stoicamente immobile con la testa rivolta dall’altro lato come cercando lontano le altre possibili vittime, un altro teatro per le sue mostruose imprese. Della figura del toro solamente sono chiaramente visibili le feroci corna, l’orecchio teso, il muso furioso.

Giunto a un estremo grado emotivo, Picasso non si permette ormai l’espressione senza controllo, il patetismo; esige compostezza. E il contrasto fra la sobrietà e il terribile significato di ciò che dice produce questo turbamento che solamente sentiamo di fronte alle più alte manifestazioni dell’arte.

Lo psicanalista francese Jacques Lacan ci racconta un episodio di gioventù. Si trovava su una barca insieme a una famiglia di pescatori e un compagno di navigazione lo interrogava: “Vedi quella lattina che galleggia nell’acqua, la vedi? Ecco, lei non ti vede!”. Dice Lacan di aver sempre voluto sapere perchè al suo amico questo episodio sembrasse così buffo mentre a lui no. Sicuramente dovrebbero passare diversi anni perchè l’adolescente diventasse il prestigioso intellettuale che conosciamo e potesse teorizzare questioni sicuramente intuite. Che il suo amico dicesse che la lattina non lo vedeva si deve al fatto che in un certo senso e nonostante tutto la lattina lo guardava. Lo guardava in quanto punto luminoso, dove si colloca tutto ciò che guarda. Quello che è luce mi guarda -sostiene Lacan- e grazie a questa luce nel fondo del mio occhio qualcosa si dipinge; il quadro -e ciò è sicuro- è nel mio occhio, però io sono nel quadro.

Questa scambio fra soggetto e oggetto è fondamentale nella pittura moderna giacchè il quadro di Picasso in quanto sguardo costruisce soggettività lì dove non esisteva. Il Guernica cessa di essere mero oggetto (d’arte, di rappresentazione, ecc.) e acquisisce vita propria. Quanti siamo, coloro per cui il Guernica fu per primo e prima di tutto l’opera difficile da capire di un famoso pittore? Quanti siamo, coloro per cui Guernica fu il nome di un quadro prima che di una città bombardata? Guernica acquisisce vita propria e da lì interroga, questiona, responsabilizza i militari, i politici, i funzionari, gli agressori; tutti quelli che -a rigore- sembrerebbero mancare di soggettività. Con la guerra abbiamo scoperto -dolorosamente- che non si oppone più l’uomo contro l’uomo, ma che l’uomo si oppone alla fatalità. La soggetività deve essere costruita. Se la guerra è una entità astratta solamente può evocarsi attraverso astrazioni come quella di Guernica.

In questo momento in cui si privilegiano tanto le comunicazioni, dove il giornalismo si erige a testimone dei fatti politici, sociali e scientifici sarebbe ineressante ricordare che ciò che si conosceva comunemente come “opera d’arte” può essere valida non solo per rappresentare la realtà ma persino per modificarla. Il Guernica di Picasso non solo è servito come riflesso, come rappresentazione, ma ha agito come generatore di soggettività. E’ per questo che oggi possiamo affermare che l’opera d’arte diventa importante per creare coscienza, responsabilità e in questo senso non segue la realtà ma la precede.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Guernica è il titolo di un noto dipinto di Pablo Picasso, realizzato dopo il borbandamento aereo della citta omonima durante la guerra civile tedesca da parte della Legione Condor, corpo volontario composto da elementi della tedesca Luftwaffe, il 26 aprile 1937.

« Avete fatto voi questo orrore, maestro?»
«No, è opera vostra » (Risposta di Picasso ad un ufficiale tedesco, in visita al suo studio, alla visione di Guernica)

Dato il diverso tema dell'opera , le interpretazioni in chiave antibellica sono piuttosto discordanti. Lo stesso Picasso non contribuì molto alla chiarezza quando, alla richiesta insistente di spiegare Guernica, dichiarò:

« …. Questo toro è un toro e questo cavallo è un cavallo …. Se voi date un significato a certe cose nel mio dipinto questo può essere molto vero, ma non è mia l'idea di dargli questo significato. Anch'io ho realizzato le idee e le conclusioni cui voi siete giunti, ma istintivamente, inconsciamente. Io ho realizzato un dipinto per il dipinto. Io dipingo le cose per quello che sono. »

Eccone due versioni fra le tante.

Interpretazione antibellica

Rispettando le linee generali del secolo, l'artista spagnolo esprime in Guernica la sua opposizione ai regimi totalitari che si diffusero in Europa nel corso del XX secolo, e lo fa mediante la rappresentazione di un terribile evento bellico: la distruzione, durante la Guerra civile spagnola 1936-1939. Picasso leva alta la sua voce contro l'eccidio e si schiera dalla parte degli oppressi. Nell'opera però non ci sono elementi che richiamino al luogo e al tempo; niente ci indica che si tratti di un bombardamento, ad eccezione di quello che, a destra, può sembrare un palazzo in fiamme. È piuttosto una protesta contro la violenza, la distruzione, la guerra in generale. Ecco allora l'interpretazione che si può dare al toro che appare nella parte sinistra del quadro: esso rappresenta il Minotauro, figura mitica e simbolo di bestialità, che contribuisce proprio ad universalizzare il significato del quadro. La lampada ad olio in mano ad una donna che scende le scale e posta al centro dell'opera, indica la ragione che non comprende il bombardamento e la distruzione (oppure la verità che compare sul luogo dell'orrore); la colomba a sinistra, simbolo della pace, ha un moto di strazio prima di cadere a terra, mentre il cavallo agonizzante simboleggia il popolo spagnolo degenerato. La violenza e la sofferenza traspaiono esplicitamente guardando, sulla sinistra dell'opera, la madre che grida al cielo, disperata, con il figlio senza vita tra le braccia; da contraltare ad essa, l'altra figura apparentemente femminile a destra che alza, disperata, le braccia al cielo. In basso nel dipinto c'è un cadavere, egli ha una stigmate sulla mano sinistra come simbolo di innocenza verso la crudeltà nazi-fascista e nella mano destra stringe una spada spezzata da cui sorge un pallido fiore quasi a dare speranza per un futuro migliore. L'alto senso drammatico nasce dalle deformazioni dei corpi, dalle linee che si tagliano vicendevolmente, dalle lingue aguzze che fanno pensare a urli disperati e laceranti, dall'alternarsi di campi bianchi, grigi, neri, che accentuano la dinamica delle forme contorte e sottolineano l'assenza di vita a Guernica. Ma esso nasce anche dalle grandi dimensioni del quadro, che impongono i contenuti con evidenza immediata. Enormi dimensioni che furono scelte perché questo quadro doveva anche rappresentare una sorta di manifesto che "esponesse" al mondo la crudeltà e l'ingiustizia della guerra, qualunque essa fosse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Guernica

Nel 1937 la situazione politica in Europa era arrivata ad un punto di rottura. La Germania

aveva compiuto il riarmo, l’Italia aveva invaso l’Etiopia e la Spagna era vittima dell’aggressione fascista di Franco.

 In questa atmosfera di paura, si apriva a Parigi l’Esposizione internazionale dedicata ai temi del lavoro, del progresso e della pace. Una delle pareti del padiglione spagnolo doveva essere occupata da un dipinto murale di Picasso, pittore ormai riconosciuto come genio artistico. Inizialmente, l’artista aveva deciso di eseguire una composizione allegorica; ma quando ad aprile si seppe che i bombardieri tedeschi al servizio di Franco avevano attaccato l’antica città di Guernica per seminare il terrore nella popolazione, provocando una strage di innocenti, Picasso decise di rispondere a quel fatto atroce con il suo dipinto. Nacque così Guernica, un’opera che non rappresenta la storia, ma è un fatto storico. E’ infatti il primo intervento della cultura nella lotta politica: alla distruzione dell’attacco tedesco la cultura democratica risponde attraverso Picasso e il suo capolavoro. Sulla tela Picasso non descrive un fatto, non usa toni drammatici, simboli o allegorie, perché così facendo avrebbe creato una rappresentazione molto emotiva ma anche teatrale, quindi lontana dal fatto che era successo. Il pittore non vuole fare una denuncia di quanto accaduto e provocare nello spettatore rabbia e pietà, ma vuole costringerlo a giudicare e decidere. Il quadro quindi non deve rappresentare qualcosa ma sviluppare una sua forza che nasce non dal soggetto o dal contenuto che tutti già conoscono, ma dalla forma. Quindi niente colore, solo nero, bianco e grigio anche se le linee sono precise e pronte a riempirsi di colore: il colore però non c’è, è andato via. Anche il volume non c’è, è andato via. Perché eliminandoli è stata tagliata la vita, nel quadro c’è solo la morte. I tedeschi, uccidendo gli abitanti di Guernica, hanno ucciso la vita, la civiltà, la storia. Quindi ogni spettatore è chiamato a scegliere tra nazismo e civiltà perché essi sono contrapposti come la vita e la morte. L’opera rispetta uno schema classico, perché contiene la simmetria, la prospettiva, il ritmo crescente, però il suo linguaggio è moderno perché cubista. I volti e le figure sono geometrici perché la violenza e la morte li rendono così; Picasso accusa quella scienza che ha messo la tecnologia al servizio della guerra, e quindi della morte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da cos'è data la simmetria in guernica?

certamente il periodo finale dell'opera di Picasso è stato caratterizzato dalla tela chiamata "Guernica"

 

nel 1937 la situazione politica era ad un punto di rottura. dopo aver tollerato il minaccioso riarmo tedesco ed il colpo di forza italiano in Etiopia, le democrazie borghesi assistevano inerti all'aggressione fascista in Spagna, sapevano che il trionfo della reazione spagnola avrebbe segnato la fine della democrazia in Europa ma temevano d'altra pare nel contestarlo di accelerare il processo rivoluzionario delle classi lavoratrici

 

in questa ambigua atmosfera di paura e d'indecisione si apre a Parigi una grande Esposizione internazionale dedicata come sempre al lavoro, al progresso, alla pace la Spagna repubblicana vi partecipa con un disegno politico ben preciso invocare la solidarietà del mondo libero, dimostrare che il suo progetto era lo sviluppo della democrazia in un paese socialmente arretrato, avvertire l'opinione pubblica che il conflitto spagnolo era l'inizio di una tragedia che avrebbe coinvolto il mondo intero

 

 

il padiglione spagnolo ( opera di due architetti razionalisti, Sert e Lacasa) doveva essere ornato da un dipinto murale di Picasso, il pittore spagnolo ormai universalmente acclamato come il genio artistico del secolo

 

da tempo Picasso aveva fatto la sua scelta politica, l'anno precedente aveva collaborato alla propaganda repubblicana con due serie di incisioni e pare che per il padiglione spagnolo di Parigi meditasse una vasta composizione allegorica, ma nell'aprile, si sparge la notizia che bombardieri tedeschi al servizio di Franco hanno attaccato l'antica città di Guernica, senz'altro scopo che fare una strage e seminare il terrore nella popolazione civile

 

 

di colpo, Picasso decide che il suo dipinto sarà la risposta alla viltà e all'atrocità di quell'eccidio, nasce così, in poche settimane "Guemica", che può dirsi l'unico quadro storico del nostro secolo, non perché rappresenta un fatto storico, ma perché è un fatto storico......così dice l'Argan:

 

****...E' il primo, deciso intervento della cultura nella lotta politica: alla reazione, che si esprime distruggendo, la cultura democratica risponde per mano di Picasso, creando un capolavoro. Da quel mo mento, Picasso in testa, gli intellettuali eserciteranno una più forte ma purtroppo inutile pressione sui governi democratici per deciderli, finalmente, a difendere la democrazia. Non è esagerato affermare che, nel nostro secolo ed in rapporto ad una problematica storico-politica, Guemìca ha la stessa importanza che aveva avuto, in rapporto alla problematica storico-religiosa del Cinquecento, il Giudìzio Universale della Sistina: l'opera con cui Michelangiolo era intervenuto con l'autorità del genio nel problema più scottante del tempo, sostenendo la tesi cattolica della responsabilità contro la tesi protestante della predestinazione.

Nell'opera, ormai matura, di Picasso, Guemìca segna una svolta non meno radicale di quella segnata, trent'anni prima, da Les demoiselles d'Avignon, e nello stesso tempo, come per un impulso a parlare a tutti nei modi più piani e diretti, quasi inconsapevolmente rievoca l'apocalittica Guerre del Doganiere Rousseau.**************

 

a mio avviso Picasso ha una visione lucida della situazione, l'eccidio di Guernica non è un episodio della guerra civile spagnola, ma è ma l'annuncio di una tragedia di incredibili dimensioni, in questo senso è vero quanto afferma l'Argan, Picasso non descrive o raffigura l'evento, come aveva fatto Delacroix nella Strage di Scio e nememno ricorre ad elementi oratori, drammatici, patetici, non supera cioè

la realtà storica trasformandola in una visione simbolica o allegorica, non mira a denunciare un misfatto ed a suscitare sdegno e pietà

 

ma vuole con forza rendere presente il misfatto nella coscienza del mondo civile, costringendolo a sentirsi corresponsabile, a reagire ed in questo è la sua straordinria grandezza

 

il quadro non deve rappresentare o significare ma deve sviluppare una forza di suggestione; e la forza non deve scaturire dal soggetto o dal contenuto (che tutti conoscono, è la cronaca del giorno), ma dalla forma

 

così dice l'Argan:

 

****La forma è l'espressione più alta della civiltà occidentale, erede della cultura classica; la crisi della forma è il segno della crisi della civiltà. In Guemìca non c'è colore: solo nero, bianco, grigio. E' escluso che Picasso si sia servito del monocromato per dare al quadro una tonalità cupa, tragica: tutto è chiaro, le linee disegnano con precisione i piani destinati a colmarsi di colore, ma il colore non c'è, è andato via.

E' escluso che il monocromato serva ad accentuare l'effetto plastico-volumetrico: il rilievo non c'è, è andato via.

Il colore e il rilievo sono due qualità con cui la natura si da alla percezione sensoria, si fa conoscere.

Eliminare il colore e il rilievo è tagliare il rapporto dell'uomo col mondo: tagliandolo, non c'è più la natura o la vita.

 
 
 

Arte nel Novecento 4

Post n°11 pubblicato il 18 Marzo 2008 da dibiasefrancesco

Surrealismo

Il Surrealismo si sviluppa negli anni Trenta del Novecento. In questo periodo si afferma la psicoanalisi, una teoria che studia l'influenza esercitata sul nostro comportamento dai desideri e dagli impulsi istintivi. Tali desideri ed impulsi, dei quali spesso non siamo consapevoli, si rivelano soprattutto nei sogni. Il Surrealismo ricerca il modo di esprimere nelle immagini il mondo irreale ed a volte angoscioso che è caratteristico del sogno. Le opere di pittura e di scultura sono composizioni di frammenti di immagini reali, disposti, accostati e combinati senza un ordine dettato dalla logica, dalla ragione; esse creano un mondo nuovo, sconosciuto ai nostri occhi; un mondo fantastico, stravagante, impossibile, una fusione di realtà e sogno. Oltre a questi accostamenti assurdi il ricorso alla deformazione e l'esecuzione nitida contribuiscono a creare nelle opere surrealistiche quella tipica atmosfera allucinante, inquietante. I Surrealisti con queste immagini intendono rappresentare non la realtà esterna, ma la realtà interiore dell'uomo, quella più nascosta, che si trova nel più segreto dell'anima, cioè l'inconscio con i suoi desideri, le sue frustrazioni, inquietudini, aspirazioni. Evocando o rivelando questo mondo, l'artista, e quindi l'uomo, si sente totalmente libero di esprimersi, senza costrizioni imposta dalla società, dalla tradizione, dalla morale, dalla logica, dalla religione. L'osservatore è libero di interpretare, di trovare significati simbolici. In questo senso il Surrealismo riprende e sviluppa la ricerca iniziata dal Simbolismo, che vedeva nell'immagine non la rappresentazione della realtà, ma la rivelazione di tutto ciò che nell'uomo sfugge al controllo della ragione.  

I principali esponenti del Surrealismo sono: Ernst, Mirò, Arp, Masson, Tanguy, Dalí, Magritte, Delvaux 

L'arte dopo la seconda guerra mondiale    

Dopo il secondo conflitto mondiale, nel generale senso di sfiducia verso quella civiltà che aveva portato guerra e distruzione, gli artisti non sentono più il bisogno di trasmettere al futuro ciò che producono, non vogliono più lasciare il segno del proprio operato, non vogliono più rispecchiare la società del loro tempo, perché troppo grandi sono state le atrocità che ha prodotto. Si determina allora fra gli artisti quasi una febbrile volontà di cambiare, di sperimentare, di ricercare vie sempre nuove di espressione, di porre in discussione o di rifiutare tutto ciò che appare consolidato ed accettato dalla massa. Si verifica allora una totale rottura dei percorsi tradizionali dell'espressione artistica e si apre la via ad una pluralità di ricerche, spesso anche isolate o del tutto personali che, a differenza del passato, non sono veri e propri movimenti legati fra loro e preparatori l'uno dell'altro, ma linee di ricerca variamente orientate e conviventi nello stesso momento. In un panorama così vasto e mutevole, le tendenze più significative, capaci di determinare via via nuove posizioni culturali, sono state: l'Informale, la Op-art, la Pop-art, il Concettuale, e la reazione ad esso definita Postmoderno, con la Transavanguardia. All'interno di ogni tendenza si sono sviluppate ulteriori ricerche ed approfondimenti, tra loro anche abbastanza differenti e piuttosto libere rispetto alla linea iniziale. 

Informale

Agli inizi degli anni Cinquanta del Novecento in Europa, in America ed anche in Giappone si afferma una tendenza artistica definita Informale, che mette in evidenza un caratteristico atteggiamento di profonda sfiducia nei valori tradizionali della razionalità e della conoscenza. Gli elementi tradizionali di espressione - linee, colori, figure - perdono significato. Il rifiuto della ragione porta al rifiuto della forma, comunque essa sia, figurativa e non figurativa, e l'atto creativo coincide con l'agire. L'Informale per il rifiuto dell'immagine ottenuta attraverso regole consolidate e per la ricerca di immediatezza e istintività espressiva, si riallaccia all'Impressionismo tanto da essere definito anche «Impressionismo astratto»; per il rifiuto della tradizione culturale, si riallaccia al Dadaismo; per l'esaltazione dell'inconscio, al Surrealismo; per la violenza dell'immagine, all'Espressionismo. Le opere si differenziano notevolmente le une dalle altre a seconda della personalità dei singoli artisti e dei procedimenti esecutivi adottati. Abbiamo infatti:

- la pittura d'azione, in cui il colore è steso con gesto istintivo, quasi violento;

- la pittura segnica, fatta di motivi e segni che si richiamano a caratteri di scritture inventate;

- la pittura materica, eseguita con particolari impasti o accostamenti di materiali eterogenei.

Tali manifestazioni, varie e complesse, sono espressioni di particolari stati d'animo dell'uomo in un mondo che è stato sconvolto dalla guerra e che è incerto sul futuro. Sembra che l'uomo attraverso l'artista, non ponendo più fiducia nella ragione, si affidi all'istinto e al caso.

I principali esponenti dell'Informale sono: Fautrier, Dubuffet, Tapies, Burri, che indagano sull'espressività della materia; Wols, Hartung, Michaux, Mathieu, Soulages, Vedova, Afro, Birolli, Capogrossi e Scanavino che indagano il valore dei segni visivi come tali, senza associare al segno alcun significato descrittivo.

Action Painting

Nella linea di ricerca dell'Informale si manifesta negli Stati Uniti, intorno agli anni Cinquanta del secolo passato, una tendenza definita Action Painting (pittura d'azione). E' una tendenza particolare della scuola di New York, che attribuiscono al gesto del dipingere, all'azione in quanto tale, il ruolo determinante nell'esperienza dell'artista. Anche gli artisti dell'Action Painting, come già quelli dell'Informale, si esprimono attraverso modi differenziati: Jackson Pollock predilige la tecnica del dripping (sgocciolamento del colore); Willem De Kooning accosta colori violenti alla maniera espressionista: la sua pittura è chiamata proprio «espressionismo astratto»; Franz Kline utilizza grandi segni neri su fondo unicamente ed ossessivamente bianco. Le successive manifestazioni artistiche americane (New Dada e Pop-art) hanno le loro radici nell'Action Painting.  

I principali esponenti dell'Action Painting sono: Pollock, De Kooning, Kline, Tobey.

Op-art

L'Op-art si manifesta inizialmente verso la fine degli anni Cinquanta del Novecento ed il suo nome nasce dalla contrazione dell'espressione «Optical art». La tendenza è caratterizzata dal desiderio di approfondire e riutilizzare le ricerche visuali già condotte nell'ambito del Bauhaus, del Futurismo e del Dadaismo. Agli artisti della Op-art non interessano più un bel paesaggio o la figura umana, ma gli infiniti stimoli prodotti dalla realtà contemporanea con il suo dinamismo, le sue continue trasformazioni, con la sua tecnologia sempre più sofisticata, con il suo spettacolo visivo e sonoro. E quindi inventano forme con un procedimento quasi scientifico: si servono delle tecniche industriali per ricreare effetti di movimento ed effetti ottici. Tali effetti sono ottenuti per mezzo sia di congegni meccanici, luminosi, elettromagnetici, sia di accostamenti di colori netti a linee, punti, forme geometriche che destano nell'osservatore reazioni ottiche e psicologiche, sensazioni particolari, soggettive. L'osservatore pertanto viene stimolato a completare l'opera con il suo personale intervento.

In America la Op-art fu proposta ufficialmente a New York nel 1965, nella grande mostra di arte astratta percettiva, nella quale si evidenziò la personalità di Poons; in Europa tali ricerche iniziate da Vasarely, furono seguite da: Soto, Agam, Munari, Gerstner e Bury.

 
 
 

Arte nel Novecento 3

Post n°10 pubblicato il 18 Marzo 2008 da dibiasefrancesco

Cubismo

Nel momento in cui il Fauvismo volge al termine, prende avvio ancora in Francia il Cubismo, uno dei più importanti movimenti del nostro secolo: esso contribuirà all'evoluzione del gusto moderno, proponendo forme lineari, semplificate, geometrizzate che possiamo notare sia nell'architettura che nell'oggetto d'uso quotidiano. L'appellativo «cubismo» deriva da un'espressione del pittore Matisse che aveva definito «simili a cubi» le immagini di un quadro di Braque, fondatore del movimento insieme a Picasso. Il periodo più tipico del Cubismo va dal 1908-9 all'inizio della prima guerra mondiale. Alcuni temi di ricerca dei Fauves vengono recuperati, come ad esempio l'abolizione della profondità illusoria. I Cubisti partono dallo studio della realtà, ma la scompongono, la frantumano per poi ricomporla sulla tela in un nuovo ordine, che cancella la distinzione tra oggetti e spazio. Un oggetto, una figura umana, sono rappresentati in più vedute, da diverse angolazioni; queste diverse immagini vengono sovrapposte come se nella fusione di vedute successive si volesse comunicare la totalità delle percezioni, ottenute girando attorno al soggetto. Questo processo di scomposizione in piani e ricomposizione successiva, «disintegra» la forma in modo tale da rendere difficile, a volte, l'individuazione del soggetto, e molte immagini cubiste rasentano quasi l'astrazione. Per contro si sviluppano nuove tecniche polimateriche che, attraverso il colore denso, anche mescolato a sabbia, e attraverso il collage con carta, legno, stoffa, comunicano all'osservatore sensazioni tattili e visive, che lo riportano alla realtà fisica. Da un lato quindi si ha la scomposizione della realtà, rappresentata in forme schematiche, quasi geometriche; dall'altro si ha l'uso di tecniche che riportano materialmente alla percezione della realtà. Il materiale che costituisce un oggetto non è solo «rappresentato», lo si incolla così com'è sulla tela e nelle composizioni polimateriche i confini tra pittura e scultura si assottigliano.

Alla nascita del movimento cubista contribuiscono vari fattori che possiamo individuare, per esempio, nella tendenza a compiere continue ricerche e nuove esperienze, che caratterizza il primo periodo del Novecento; inoltre, nell'influenza esercitata da Cézanne, con la sua pittura severa, essenziale; infine, nella scoperta della cultura negra che suggestiona con le sue forme schematiche, geometrizzate, assai espressive nella loro deformazione. Il movimento cubista desta notevole interesse nell'ambiente culturale del tempo, soprattutto presso quegli artisti che sono intenti ad altre esperienze, come i futuristi, gli astrattisti... È dal Cubismo che, per esempio, Mondrian, il fondatore dell'Astrattismo, trae stimolo o spunto nel creare forme pure della geometria. Questo gusto per la geometria diviene la caratteristica delle manifestazioni pittoriche e, specie, architettoniche del Neoplasticismo, fondato dallo stesso Mondrian con altri artisti, e successivamente della produzione di altre correnti artistiche europee. 

I principali esponenti del Cubismo sono: Picasso, Braque, Delaunay, Duchamp, Gris, Léger

Der Blaue Reiter

Il distacco totale dalla realtà esterna diventa il tema centrale del movimento tedesco Der Blaue Reiter (Il Cavaliere Azzurro) fondato nel 1911 da Vasilij Kandinskij. L'immagine è una forma di comunicazione che non ha bisogno di rappresentare la natura, oggetti o figure umane; ciò che suscita idee, sensazioni ed emozioni è l'insieme dei colori, delle linee, delle luci che sono composti nel dipinto, indipendentemente da quello che significano. Una linea orizzontale ad esempio, in un'immagine «figurativa», può essere utilizzata per rappresentare l'orizzonte di un paesaggio marino, ma può anche rappresentare solo se stessa: in tutti e due i casi suggerirà stabilità, equilibrio, quiete. Nella sua ricerca Kandinskij esplora proprio questa espressività degli elementi fondamentali del linguaggio visuale; le sue opere grafiche e cromatiche sono inizialmente degli studi, che sembrano ispirati allo «scarabocchio» del bambino, come se l'artista volesse recuperare uno stato primitivo in cui non si è influenzati da nessuna tradizione e cultura e ci si esprime sperimentando le possibilità dei propri gesti, ed i risultati di un gesto nella traccia che lo strumento lascia dietro di sé. Analoga alla ricerca di Kandinskij è quella di Paul Klee; l'immagine comunica il proprio mondo interiore ed educare l'immagine equivale a formare la personalità dell'individuo, a renderlo capace di esprimere se stesso. Per questo Klee dedica tanto impegno all'insegnamento: per undici anni infatti è professore alla Bauhaus. L'arte dunque è una elaborazione autonoma della mente umana e nella composizione dell'immagine punti, linee, colori e luci sono considerati solo come segni, che non vogliono suggerire nulla di reale; l'artista ne studia le infinite possibili combinazioni, così come un musicista crea la sua opera, strutturando le diverse intensità di timbri e l'altezza dei suoni.

I principali esponenti del gruppo Der Blaue Reiter sono: Kandinskij, Klee, Marc, Macke, Jawlensky, Kubin.

Neoplasticismo

Il Neoplasticismo, detto anche «De Stijl» si afferma in Olanda nel 1917. I suoi esponenti più significativi, Théo Van Doesburg (architetto) e Piet Mondrian (pittore) fondano la rivista «De Stijl» e, attraverso manifesti e dibattiti, affrontano il tema della «costruzione dell'opera d'arte». Tanto in architettura, quanto in pittura, la loro ricerca parte da forme geometriche semplici, che possono evidenziare con chiarezza i criteri di aggregazione scelti dall'autore. Nasce così un'architettura basata su elementi prefabbricati, rispondenti ad esigenze di economia e praticità, con i suoi ambienti distribuiti razionalmente e «belli» soprattutto perché funzionali all'uso; nasce una pittura come costruzione rigorosa dello spazio del quadro, fatta di sole linee e piani di colore compatto. L'Astrattismo di Mondrian è quindi molto diverso da quelli di Kandinskij e di Klee: l'artista olandese vuole eliminare ogni tipo di interpretazione soggettiva dell'immagine. Risolvere un problema compositivo è come dimostrare un teorema; bisogna tendere alla soluzione più elegante, perfetta nella sua semplicità e chiarezza. Per Mondrian quindi l'arte è la realizzazione di un progetto, non il frutto di una sensazione: l'armonia dell'insieme e l'equilibrio compositivo sono legati a calcoli precisi, che servono a determinare l'ampiezza di ogni superficie, la sua forma, il suo colore.

I principali esponenti del Neoplasticismo sono: Van Doesburg, Mondrian, Vantongerloo, Rietveld, Oud, Van Eesteren. 

Dada

Il movimento Dada nasce intorno agli anni Venti del Novecento, come forma di provocazione, piuttosto che come corrente artistica vera e propria. Già nella scelta, fatta a caso, della denominazione del movimento (la parola «dada» non significa nulla) si rileva l'atteggiamento assunto dai Dadaisti. Le conquiste tecnologiche che dovevano portare ad un mondo nuovo, hanno invece condotto alla guerra; i Dadaisti attaccano con feroce ironia le convenzioni e le regole della società, accettate in genere passivamente dalla massa. Il gruppo Dada pertanto vuole contestare e scandalizzare negando tutto del passato: l'opera d'arte deve esprimere ribellione. Le immagini non devono essere progettate, ma nascere anche per caso; i materiali che costituiscono un'opera d'arte possono anch'essi essere trovati per caso. Così le opere Dada sono caratterizzate dall'assemblaggio di materiali disparati, come ad esempio biglietti ferroviari, tappi di sughero, chiodi. Vengono proposti, come espressioni d'arte, oggetti qualsiasi: uno scola-bottiglie, una ruota di bicicletta o anche oggetti «assurdi» come una tazzina di caffè realizzata in pelliccia, o un ferro da stiro chiodato. Tutto può essere opera d'arte - dicono i Dadaisti - se è firmato ed esposto in una mostra. Le loro opere vengono perciò definite una «non-arte», una «anti-arte». Tuttavia esse stanno a testimoniare un nuovo modo di esprimersi, non privo di una ricerca estetica con i richiami a forme del linguaggio cubista e futurista.

I principali esponenti del movimento Dada sono: Duchamp, Picabia, Man Ray, Arp, Schwitters.

Metafisica

Nel 1917, dall'incontro a Ferrara di due grandi pittori, Giorgio de Chirico e Carlo Carrà, nasce in arte una nuova tendenza, che viene definita Metafisica. Ad essa aderirà, nel 1918 anche Giorgio Morandi. In contrapposizione al Futurismo, che ricercava un modo per rappresentare il movimento e la velocità, simboli del mondo moderno, la Metafisica rappresenta una realtà dove ogni cosa appare assolutamente immobile, come pietrificata, senza tempo. Giorgio de Chirico, il maggiore esponente della Metafisica, costruisce con grande abilità tecnica immagini di città, che sembrano disabitate e nelle quali, al posto degli essere viventi, monumentali manichini popolano lo spazio. Su tutto sembra che regni una calma assoluta. Anche nelle nature morte, gli elementi sono rappresentati in modo inconsueto: forme del mondo naturale ed oggetti sembrano quasi senza peso, appaiono come pure forme geometriche. De Chirico vuole esprimere una realtà immutabile nel tempo attraverso immagini che fanno pensare alle visioni generate dai sogni.

I principali esponenti della Metafisica sono: De Chirico, Carrà, Morandi, Casorati, Sironi, Martini, Marini, Tosi

 
 
 

Arte nel Novecento 2

Post n°9 pubblicato il 18 Marzo 2008 da dibiasefrancesco

Pittura e scultura nei primi cinquant'anni del secolo

Il Novecento si apre in un clima di benessere crescente, gli esponenti della nuova borghesia hanno conquistato la ricchezza, ma non mostrano un reale interesse per la cultura e quindi per l'arte: un dipinto o una scultura sono considerati essenzialmente come «oggetti» per decorare un ambiente, che danno prestigio a chi li possiede, o come forme di investimento. Sempre più si afferma la figura del mercante d'arte, che fa da intermediario fra artista e compratore. Alcuni di questi mercanti, oltre a fornire al vasto pubblico opere più facilmente commerciabili, collezionano dipinti e sculture di artisti che vengono ancora ignorati e le cui opere risultano al momento incomprensibili: i dipinti di Cézanne, Van Gogh e Gaugain ad esempio, sono ancora rifiutati dal grosso pubblico, ma alcuni mercanti intuiscono che potranno avere in futuro una valutazione molto alta. Si sviluppa così un mercato redditizio in America, dove ricchi collezionisti, più aperti al nuovo, anche perché meno condizionati dalla cultura tradizionale che invece domina ancora l'Europa, acquistano opere dichiaratamente «di rottura» e incoraggiano la ricerca di artisti, che vogliono esprimersi in modo autonomo e antitradizionale. Nei primi trent'anni del Novecento, in un clima di tensione fra artisti innovatori e società borghese conservatrice, si affermano le cosiddette «Avanguardie storiche», quei movimenti d'arte moderna che riprendono e sviluppano le ricerche dell'Impressionismo, del Neo-impressionismo, del Simbolismo.  

Futurismo

In Italia, il primo movimento significativo di avanguardia è il  Futurismo, che si propone di ottenere un radicale rinnovamento della cultura, rifiutando in modo violento tutto il passato. Il movimento nasce nel 1909 e propone i suoi obiettivi attraverso un Manifesto letterario, cui seguono nel 1910 il Manifesto della pittura futurista e nel 1914 il Manifesto dell'architettura futurista. Il Futurismo quindi investe differenti campi della cultura estendendosi anche alla poesia, al teatro, al cinema. I Futuristi esaltano la civiltà della macchina e sognano una rivoluzione che distrugga tutto il patrimonio storico. L'uomo moderno deve soltanto guardare al futuro, rinnovarsi continuamente, abbandonare ogni regola data dalla tradizione. In pittura e in scultura la ricerca di effetti di movimento sarà il tema dominante: la figura umana ad esempio, viene rappresentata con gli arti ripetuti o sovrapposti in successione ritmica; le linee compositive, i colori, le luci sono strutturati secondo ritmi crescenti o radiali. L'intento del Futurismo, anche attraverso l'immagine, è comunque quello di scardinare tutte le convenzioni, stupire, dare scandalo. Dopo la prima guerra mondiale il gruppo futurista si disperde, ma il problema di dare «forma» al movimento si ripropone nelle ricerche individuali dei suoi protagonisti.

I principali esponenti del movimento futurista sono: Balla, Boccioni, Carrà, Severini, Russolo, Depero, Sant'Elia, Prampolini, Bragaglia, Dudreville. Morandi, Rosai, Martini, Conti, Melli e Dottori, dopo una prima adesione al Futurismo, svilupperanno una ricerca del tutto personale.

Espressionismo

L'Espressionismo, prima che un movimento legato ad un particolare gruppo di artisti e collocabile in una precisa area culturale e geografica, è una tendenza che più volte si è manifestata nel corso della storia. Nel Novecento si ripropone in antitesi all'Impressionismo: dipingendo non si trasferiscono sulla tela solo i dati della propria percezione, ma anche il proprio modo di interpretare la realtà, filtrando ciò che si vede attraverso le proprie emozioni. L'Espressionismo quindi, è sulla linea di ricerca di Van Gogh, più che di Gaugain e dei Simbolisti, e si manifesta in Francia con i Fauves («belve») e in Germania con il gruppo Die Brücke («il ponte»): i due movimenti nascono quasi contemporaneamente attorno al 1905. 

Quello dei Fauves non è un gruppo compatto e non ha un programma definito; il suo maggior esponente è Henri Matisse e del gruppo fa parte anche Georges Braque, che successivamente sarà un esponente del Cubismo. Per i Fauves, protagonista dell'immagine è il colore che, distribuito con pennellate ben evidenti, ritma la composizione e «costruisce» in senso vero e proprio il dipinto. Si abbandona pertanto ogni modalità di rappresentazione illusoria della profondità e si rifiuta la pittura tonale tradizionale, per ispirarsi invece all'arte primitiva, ritenuta più istintiva e vitale. Nei dipinti dei Fauves sono assenti perciò gradazioni di colore e sfumature, effetti di chiaroscuro e di volume, le tinte sono fortemente contrastanti. La prevalenza dei colori puri acquista anche un significato simbolico e serve a sottolineare la condizione interiore di totale disponibilità a reinventare nuovi modi di comunicare con l'immagine. Nel 1907 i Fauves attraversano un momento di crisi dopo l'entrata di Picasso; il gruppo finirà con lo sciogliersi, e Braque, insieme a Picasso, aprirà la ricerca cubista.    

I principali esponenti dei Fauves sono: Matisse, Vlaminck, Derain, Dufy, Van Dongen.  

Il gruppo espressionista tedesco Die Brücke ha invece un preciso programma scritto, in cui si autodefinisce realista e rivoluzionario. Come i Fauves, anche gli artisti di Die Brücke si ispirano all'arte dei primitivi recuperando inoltre tecniche e materiali legati alla tradizione popolare tedesca, come la xilografia. Il gruppo Die Brücke ha un orientamento ideologico preciso e l'apprezzamento per le espressioni d'arte popolare e primitiva diventano la manifestazione di un aperto dissenso nei confronti della società borghese e conservatrice della Germania di quel tempo. I soggetti prediletti dagli Espressionisti tedeschi sono polemicamente tratti dalla realtà quotidiana della classi lavoratrici e più deprivate: gente della strada, avventori di caffè, emarginati. I colori corposi, densi, appaiono incrostati sulla tela come se la materia volesse comunicare la sensazione sgradevole di certe realtà di bruttezza e degrado umano. Dunque, con l'Espressionismo tedesco, l'immagine diviene anche una forma di denuncia. Nel 1913 il gruppo si scioglie ed i singoli esponenti continuano ad operare in modo autonomo. Negli anni precedenti la seconda guerra mondiale e l'avvento del nazismo, il movimento riacquisterà vigore con Otto Dix e George Grosz, che esprimono attraverso le loro opere, in modo esasperato e fortemente drammatico, la violenta protesta contro la società che prepara una nuova guerra. Il regime nazista li definisce «degenerati» e li costringe ad emigrare negli Stati Uniti.

I principali esponenti del gruppo Die Brücke sono: Kirchner, Heckel, Nolde, Schmidt-Rottluff, Pechstein, Müller, Barlach.

 
 
 

Post N° 8

Post n°8 pubblicato il 18 Marzo 2008 da dibiasefrancesco

 
 
 
Successivi »
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Ultime visite al Blog

dibiasefrancescorainbow75mau.dechNickmosumbgio1oro_gialloenrico505several1pepedgl16deteriora_sequorkremuziointerfree04alexz86_FRgiulietta.d
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963