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Arte nel novecento 1
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Architetti, scultori, pittori devono di nuovo imparare a conoscere e a capire la complessa forma dell’architettura nella sua totalità e nelle sue parti, dopo di che potranno restituire alle loro opere quello spirito architettonico che hanno perduto nell’arte da salotto…. L'arte non è una professione,…. non c'è alcuna differenza essenziale tra l'artista e l'artigiano... Formiamo una sola comunità di artefici senza la distinzione di classe che alza un'arrogante barriera tra l'artigiano e l'artista. Insieme concepiamo e creiamo il nuovo edificio del futuro, che abbraccerà architettura, scultura e pittura in una sola unità e che si inalzerà verso il cielo come il simbolo di cristallo di una nuova fede". Programm des staatlichen Bauhauses in Weimar (aprile1919) Bauhaus Queste parole contenute in un volantino di quattro facciate corredate da una xilografia di Feininger intitolata La cattedrale annunciano la fondazione del Bauhaus, la scuola chiusa dalla Gestapo l’11 aprile 1933, dopo una perquisizione che era stata decisa al fine di scoprire materiali di propaganda comunisti, ma che non aveva dato alcun risultato. Il programma-manifesto é compilato in una lingua figurata e visionaria, del tutto caratteristica delle atmosfere espressionistiche della Germania appena uscita dalla sconfitta della guerra. L’appello é rivolto a “architetti, pittori e scultori” che debbono “ di nuovo imparare a conoscere e a capire la forma complessa dell’architettura nella sua totalità e nelle sue parti”. Il ritorno all’artigianato viene proposto come una sorta di cammino, di percorso attraverso il quale una nuova figura di artista totale poteva configurarsi. “Formiamo dunque una nuova corporazione di artigiani.........Impegniamo insieme la nostra volontà, la nostra inventiva, la nostra creatività nella nuova costruzione del futuro, la quale sarà tutto in una sola forma: architettura, scultura e pittura”. E’ un appello all’arte unitaria capace di riunificare le sue diverse manifestazioni e, contemporaneamente, è la speranza di porre le basi di un’arte popolare e collettiva non più relegata nei salotti o nei musei e destinata a pochi eletti. Rispetto ai corsi tradizionali il programma della nuova "scuola" si discostava per lo sbocco creativo al fondo del percorso didattico, per la proposta di una collaborazione tra le diverse arti, per il tentativo di superare i confini delle singole discipline, per una nuova sintesi di esperienze e di saperi diversi. Per raggiungere questo scopo – la grande architettura in cui si unificavano tutte le arti – la Bauhaus si proponeva di istituire una nuova comunità di maestri e artigiani, perché “l’arte ha origine al di là di tutti i metodi, essa non è di per sé insegnabile, come lo è invece l’arigianato. Architetti, scultori e pittori sono artigiani nel senso originario della parola, per questo una formazione artigiana sistematica sarà ineludibile premessa di ogni attività creativa”. I maestri e i giovani artisti si dovevano, quindi, interessare non solo dell’architettura, ma anche del teatro e della fotografia della grafica pubblicitaria della progettazione di mobili, del disegno di tessuti, di pittura e scultura. In una lettera scritta da Gropius negli stessi giorni troviamo un’ulteriore specificazione della sua idea: "Mi immagino che a Weimer prenda forma una grande siedlung (insediamento) nelle vicinanze del monte Belvedere, con un centro di edifici popolari, teatri, casa della musica e come punto culminante un edificio di culto e che ogni anno d’estate vi abbia luogo un grande festival popolare, nel quale venga offerto quanto di meglio il nuovo tempo sappia offrire nel campo della musica, del teatro e dell’arte figurativa”. Feininger, il primo tra i maestri nominato e amico di Gropius fin dal tempo del Novembergruppe, immagina per il manifesto una cattedrale sormontata da una torre in cima alla quale si incontrano tre raggi che stanno ad indicare le tre arti maggiori: pittura, scultura ed architettura. La cattedrale è il simbolo dell’arte totale (Gesamtkunstwerk) e dell’unità sotto il profilo sociale. Anche Taut nel suo libro La corona della città (1915-17) aveva utilizzato la rappresentazione di una torre della cattedrale come immagine programmatica. Il disegno era, allo stesso tempo, romantico e lirico, come lo erano le parole di Gropius: il fine ultimo di ogni attività figurativa è l’architettura! Il manifesto annunciava ideali apparentemente semplici ma in realtà rivoluzionari: avrebbe riunificato tutte le arti pratiche sotto il primato dell’architettura e avrebbe fuso il ruolo dell’artista e dell’artigiano. Gropius proclama che la scuola è al servizio dell’officina, dove gli studenti ricevono un’istruzione tecnica e artistica quanto più ampia e varia possibile, come premessa indispensabile di ogni creazione figurativa. In luogo dell’usuale struttura insegnante – allievo, la Bauhaus faceva sue le relazioni che in passato avevano legato tra loro maestri, operai qualificati e apprendisti. L’istruzione doveva includere tutte le discipline pratiche scientifiche della creazione creativa, e agli studenti sarebbe stata impartita un’istruzione che comprende quella artigianale……quella nel campo del disegno e della pittura……quella teorico scientifica. Cataloghi mostre Bauhaus 1919-1928, New York, The Museum of Modern Art,1938 Siti http://www.bauhaus.de/ |
Post n°5 pubblicato il 05 Marzo 2008 da dibiasefrancesco
All'inizio del Novecento l'immagine che si aveva dell'universo era radicalmente diversa da quella che se ne aveva in precedenza. Anche volendo limitare il campo agli strumenti con cui si osserva la realtà, il microscopio, il telescopio e la visione aerea stavano rivoluzionando il modo di vedere (ambito gnoseotogico) e insieme a questo l'intero sapere (ambito epistemologico). Quanto alla visione complessiva del cosmo, basta confrontare un astrolabio medievale o anche un modello astronomico di epoca seicentesca con una mappa dell'universo del XX secolo per rendersi conto di quali profondissime variazioni siano intervenute. Costruire lo spazio figurativo
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Post n°4 pubblicato il 05 Marzo 2008 da dibiasefrancesco
È la frase caratteristica che dice chi sostiene di non "capire", cioè di non apprezzare, l'arte contemporanea. Ciò che scoraggia, in realtà, è il fatto che dal Dadaismo in poi l'opera d'arte non richieda necessariamente una forte perizia esecutiva. Ma quanto conta l'esecuzione manuale dell'autore perché l'opera sia dotata di valore? Riflettiamo su qualche esempio. Canova non scolpiva i suoi marmi ma creava soltanto i modelli in gesso; Raffaello lasciava agli allievi grande parte dell'esecuzione delle opere, che sovente abbozzava soltanto in un disegno. Gli architetti non posano un solo mattone ma, al pari dei registi cinematografici, disegnano un progetto che poi viene realizzato da altri. Ciò non priva di alcun valore le statue di Canova, il Miracolo di Bolsena nelle Stanze della Segnatura al Vaticano o le facciate di Borromini. In questi casi, infatti, siamo disposti a credere che ciò che conta nell'opera sia stata l'idea iniziale più che il momento esecutivo; né queste opere ci piacerebbero meno se fossero state eseguite in materiali più deperibili. Proprio questo è stato uno dei punti su cui hanno voluto insistere, anche attraverso operazioni provocatorie, artisti come Duchamp e Schwitters. La loro battaglia aveva radici molto antiche e non fu che il momento più appariscente di una vicenda secolare. Già nel Rina¬scimento, infatti, appare chiaro agli artisti che il maggiore ostacolo al riconoscimento di pittura e scultura nel novero delle "arti liberali" (cioè in quelle attività a cui si era disposti a riconoscere un alto valore intellettuale) fosse proprio la commistione con l'attività manuale e dunque con il settore che oggi definiremmo artigianato. |
Post n°3 pubblicato il 05 Marzo 2008 da dibiasefrancesco
Non è possibile definire la parola "arte" in modo esauriente e univoco: di secolo in secolo le manifestazioni, gli oggetti e i manufatti che ascriviamo al suo campo semantico sono diversi e quasi inconciliabili. Storia dell'Arte volume 4 Atlas |