Dall'Olimpo

Il frullatore, Fabio Volo e la mia Moleskine


Stanotte mi sono rigirata tutto il tempo nel letto e anche oggi pomeriggio mentre cercavo di riposare il mio cervello sembrava un frullatore… vrvrvrvrrvrvrrrvrrvrrvrv … sempre a rimuginare, sempre dietro ai “se” e ai “ma”, dietro a produzione di pensieri terribili, alla ricerca di colpe che non ha nessuno. Sto leggendo un altro libro di Fabio Volo, uno dei tanti romanzi che io chiamo di “intrattenimento”, e ogni volta che mi imbatto in questo autore, trovo fra le sue pagine personaggi che pensano ciò che penso io e che fanno le stesse cose ridicole che faccio io. E allora mi dico “beh, allora non sono strana, siamo tutti così in determinati frangenti”. E quindi mossa dal solito impulso, prendo la matita e sottolineo le parti che trovo molto autobiografie. Ecco un altro che a trent’anni si rende conto di non aver vissuto perché le sue paure lo hanno tenuto attanagliato e quasi incapace di muoversi e cerca di dare una svolta alla sua esistenza. Non mi piace lo stile con cui è scritto il libro: troppo paratattico, è un susseguirsi di frasi semplici staccate da un punto. Penso la scelta sia dovuta all’intenzione di far credere che a scrivere sia il protagonista. In ogni caso, lo stile troppo elementare mi dà sui nervi. Menomale che ieri pomeriggio in libreria ho preso pure G.G. Marquez, “Cent’anni di solitudine”, così appena stacco con Fabio Volo mi getto nella letteratura seria. Tutti i pensieri che fin qui ho messo per iscritto sono la parte raccontabile delle mie elucubrazioni notturne. In effetti, di tutto quello che ho pensato, quasi non ricordo più niente, per fortuna. Anche perché quello che mi ripromettevo di fare e dire era stato sempre seguito da un “vedi che poi sembri pazza psicopatica!!! Lascia stare”. In ogni caso, da questo momento in poi terrò sempre vicino a me la mia moleskine ancora intonsa, così niente più mi sfuggirà all’alba.