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Maledetti Savoia di Giovanni Piazza


 http://artevizzari.italianoforum.com/componimenti-letterari-f18/maledetti-savoia-t1277.htm#14296 L’esigenza di verità non sia mai tentativo di mettere in discussione l’unità del paese.E’ però necessario, per meglio comprendere il presente, conoscere quel passato che lo ha generato. Affinchè quella unità possa pienamente e coscientemente arricchirsi anche della consapevolezza dei propri errori.MALEDETTI SAVOIA?Risorgimento.Gloriose pagine di splendide figure patriottiche o sporca guerra di conquista? Certamente un revisionismo dei vinti non avrebbe motivo di esistere, se non considerando falsate le annessioni plebiscitarie ufficiali con le quali questi ultimi si consegnarono ai vincitori. Mentre la possibilità di accesso a carteggi, inaccessibili per decenni, lascia intravedere abbastanza chiaramente la preesistente volontà di occupare il ricco sud con la sola legittimazione della forza. Volontà, questa, di un piccolo e retrogrado stato, indebitato da una miriade di guerre regolarmente perdute, e messa in atto da personaggi “padri della patria”, quali Vittorio Emanuele, Cavour, Mazzini e Garibaldi, ognuno dei quali aveva in pessima considerazione gli altri. E se risponde certamente a verità che il Borbone, come peraltro tutti i regni del tempo, non fu per nulla liberale e tenero con i propri sudditi, risulta altrettanto evidente quanto quella illiberalità ebbe modo di dare il meglio di sè, quando si espresse in savoiardo. Perchè la piemontesizzazione a cui fu costretto il sud, imponendo legislazioni e moneta proprie ed abolendo usi e costumi delle regioni annesse, unificando l’enorme debito di stato a quello praticamente inesistente delle Due Sicilie, innalzando a dismisura il prelievo fiscale (cosicchè il sud pagò di tasca propria la propria liberazione), predando e trasferendo al nord ogni potenzialità che risultò determinante per la nascita di quel polo industriale (le navi dei Florio, trasferite a Genova, costituirono il nucleo principale della Navigazione Generale Italiana, mentre le realtà dello stabilimento di Pietrarsa servirono a far decollare l’Ansaldo), predando il Banco di Sicilia ed il Banco di Napoli delle molto consistenti riserve, confiscando le terre ed i tesori della chiesa ed usando le rendite derivanti dalla loro vendita ad esclusivo vantaggio del nord, praticamente usando delle Due Sicilie allo stesso modo in cui l’usurpatore austriaco aveva usato dell’Italia, creò in pochissimi anni quell’assunto del “briganti o migranti” mai esistito in precedenza.Assunto, questo, mostratosi triste preludio alla esplosione della questione meridionale che, tuttora irrisolta, continua a deflagrare tra le sventurate avversità del sud. Certo è, peraltro, che se il nostro essere di parte, la parte dei vinti, possa non concedere immediata ed incondizionata credibilità ad una tale ed interessata percezione, anche l’assegnare la patente di neutralità agli storici dei vincitori, che hanno fatto del risorgimento un romanzetto strappalacrime intriso di inenarrabili eroismi e di disinteressati sacrifici, presenti analoghe difficoltà.Storici che hanno avuto il compiacente servilismo di tacere sulle stragi e sulle deportazioni e che per oltre un secolo hanno nascosto, sotto l’infamante tappetino del brigantaggio, persino il sangue innocente. Ma troppo evidenti sono oramai gli indizi che conducono ad una seria revisione di quella romanzata epopea risorgimentale. E troppo numerosi, i testi che da tempo si dissociano dall’immobilismo sacrale dell’ufficialità. E se quei testi e quegli indizi mostrano già una devastante e devastata realtà, è certo che ancor più devastante sarebbe il liquidarli semplicemente come stupidi sentimenti di rivalsa. Emblematico, e recentemente venuto alla luce, il carteggio di una lunga e sconcertante trattativa del governo piemontese che chiede a più soggetti di poter disporre di un’isola sulla quale confinare i prigionieri duesiciliani.Tentativo, questo, che si protrasse almeno fino al 1872 (dodici anni dopo l’annessione), e che apre un ulteriore squarcio sul periodo di terrore e su stragi e deportazioni perpetrate contro intere città. Ponendo l’inquietante interrogativo di quanto numerosi ancora fossero i detenuti nei lager sabaudi (terribile e temutissimo, quello di Fenestrelle). “Briganti” braccati solo perchè fedeli ad un giuramento, o indipendentisti o, semplicemente, picciotti renitenti ad una coscrizione estranea al loro costume, che privava le famiglie delle migliori braccia e le condannava a miseria e disperazione. “Briganti”, talmente numerosi nonostante le continue eliminazioni in calce viva causate da stenti, privazioni, torture e fucilazioni, da rendere necessario il reperimento di un confino che potesse contenerli e totalmente isolarli. “Briganti”, a cui li relega il ruolo di vinti, in quella storia scritta dai vincitori che non si preoccupa nemmeno di dover giustificare le gesta “eroiche” di quei mille, che lo stesso Garibaldi, in parlamento a Torino il 5 dicembre 1861, definisce: «tutti generalmente di origine pessima e per lo più ladra; e tranne poche eccezioni con radici genealogiche nel letamaio della violenza e del delitto».Emblematico e paradossale, anche in questa desolante evidenza, come la “gloriosa epopea risorgimentale” abbia la criminale spudoratezza di far proseliti “nel letamaio della violenza e del delitto”, e che alla fine, sdegnosamente, non esiti a smentirlo.Ecco quindi che la miriade di atti in possesso dei vari ministeri, gli archivi dei Savoia, se ancora esistenti, quelli dei Borbone e di mezza Italia e le tante memorie autobiografiche permetterebbero certamente di fare maggiore chiarezza su uno dei periodi più tristi della storia del sud e di far luce sulle accuse di piraterìa e schiavismo rivolte al Garibaldi.Quel Garibaldi difensore e paladino del popolo, ma accusato di stragi e proprietario di gran parte di Caprera e beneficiario, per il figlio Menotti, di ingenti somme mai restituite al Banco di Napoli. Chiarezza sulle accuse di pavidità al Mazzini, traditore della causa repubblicana. Sulla inettitudine ed ingordigia dell’intera casa Savoia.Sulla spregiudicatezza criminale di Cavour e di Crispi e sul ruolo determinante della massoneria internazionale. Come pure, sulla incredibile credulità di tanti patrioti.Uno per tutti il Pisacane, partito come Garibaldi per una spedizione impossibile perchè convinto ad arte che il sud si fosse già sollevato, ma che, molto ingloriosamente, venne massacrato dagli stessi contadini che voleva liberare.Ben venga, dunque, qualsiasi contributo che serva a ristabilire un briciolo di verità storica, a ridare una postuma dignità a quanti briganti non furono, semmai non lo furono, ed a quanti, in fede, combatterono e resistettero senza l’aiuto di una quinta armata che li conducesse alla vittoria e garantisse loro la qualifica di partigiani. Se appare ormai certo che i savoia organizzarono annessioni plebiscitarie universalmente riconosciute di nessun valore, è peraltro altrettanto certo che il sud non userà lo stesso iniquo metodo, regale solo nella empia efferatezza.Ma se ciò, come da più parti traspare, dovesse continuare a rivelarsi, in tutta la sua mostruosità, come un immenso genocidio di massa dei duesiciliani indiani d’Italia, sarà doveroso e comprensibile, allora, che dalle nostre valli torni a levarsi il grido, solo, unico ed indivisibile: il grido di MALEDETTISAVOIA!Un siciliano(Giovanni Piazza)Una via dedicata ai bersaglieri, a Genova, città che reagì al progetto con la nascita di un movimento popolare spontaneo, ricordando come le truppe sabaude del La Marmora, ed in special modo i bersaglieri, per reprimere la rivolta antisavoia del 1849, cannoneggiassero prima e saccheggiassero poi, perché "non merita riguardo una città di ribelli". Vittorio Emanuele ringraziò il generale con una lettera, in francese, in cui definisce gli insorti genovesi "una vile e infetta razza di canaglie". Appunti e contrappunti  I Comu a Genova, "Via dei Bersaglieri", dopu ca la sfascianu già ddi stissi. Ciàvi centanni ecchiù ma parsi aieri ca ddu gran sorti di gran re ci dissi: "Fofò, soggioga a sacco e rappresaglie la vile e infetta razza di canaglie." II Ed il prode La Marmora chi fici? Prima si li va pigghia a cannunati poi li fa catafùttiri a pirnici de bersaglieri e l'autri so' surdati. Ora però, pi sbergiu e fantasìa ci vonu dari tìtulu a la via. III Pirchì, nga comu ni finì, cca ssutta? Piazze e vie Garibbaldi a tinchitè. Si, l'eroe dei due mondi, a dirla tutta ci fussi di sfunnari l'arritrè facennu sulu appuntu e contrappuntu. Comu chi ddici! Comu chi ti cuntu! IV Cumpà, quello era un latro di cavaddi che faceva il pirata bucaniero, di pilu lungarinu a supraspaddi pirchì n'oricchia ci mancava vero, no pi mancanza, ma tagghiata e vvìa pirchì campava di piratarìa. V E a la ranni casata savuiarda sempri in bulletta e dèbbiti 'nsubbissu astura s'alliccàssiru la sarda, pirchì campannu cu ddu chiovu fissu di sempiterna guerra di cunquista ci sirviva qualcunu ntrallazzista VI pi inchìrisi li cassi strafunnati e allura cu l'aiutu di li ngrisi, di du navi e di milli sgangarati, senza pruvocazioni e senza offisi e senza mancu dichiarari guerra pigghiò l'assaltu di sta nostra terra. VII E arriparati arrera a li Britanni, ca sempri lingua ngrisi è Ddiu di guai, sbarcaru senza botta e senza danni accuminciannu l'òpira chi sai e stabilennu sèmplici e pricisi ca l'Italia la fìciru li ngrisi. VIII E milli e milli piastri ci custò e s'accattò ddi stupiti ufficiali burbuni e tradituri ca di so' ci pèrsiru la facci tali e quali ca ognunu si stuiavanu li mussa non cuntrastannu la camisa russa, IX mentri ddu sicilianu sinciruni, ca ci parsi d'aiutu spassiunatu, assicutannu fora a lu Burbuni prestu scarì la virità di statu ca ammenzu a stragi di carnificina iva avanzannu a la garibaldina. X E Ciccu prutistò, cu ddu cugginu piemontisavoiardu, ma Camiddu risposi a tuono e di pinzeru finu dichiarànnusi fora e liddu liddu dissi ca cu la garibbalda truppa nun ci spartiva chiummu emmancu stuppa. XI Ma intantu già l'armata piemuntina pigghiava postu, mentri a menzu via iva canciannu l'aria già cchiù fina e lu culuri di la tirannìa, scura e nniura di cori e chianu chianu già russa di lu sangu sicilianu. XII A Garibbaldi poi si lu iucanu ca essennu persunaggiu incontrollàbbili sùbbitu ci svutò ripubblicanu mentri pi governari in pianta stàbbili al savoiardo pòrsiru vantaggi cullabborazionisti e licchinaggi. XIII Pirchì stu generali in virità nun ci assa mai pinzatu a la cunquista e l'impresa ca si dimostrerà vincenti ma ridicula a la vista fu attenta e priparata a tavulinu di ddu Camiddu ciriveddu finu. XIV Peppi, - ci dissi - tutto il meridione ha misu manu all'arma e cu valìa ha posto in fuga il pèrfido borbone. Tu basta ca t'affacci accomusìa e ti pigghi lu meritu e la gloria svutannu al savoiardo la vittoria. XV E comu lu criaturi Pisacanu ddu babbu ci cridì, partennu a razzu, e chiddu ca nun fu colpu di manu ma sulu di chiù sutta e d'intrallazzu fu principiu di sorti disgraziata, sdisulannu stu regnu a na palata. XVI E dannu casa a latri e malfattura dessi la scusa a dda gran testa fina d'interveniri cu la manu dura. Sulu ca poi, camina ca camina, Garibbaldi pinzava, ma a stu puntu mi pigghiu Roma eppoi ci lu va cuntu. XVII Ma testafina lu capì a na botta ca disturbannu l'aria papalina s'assa nfuddatu assaidicchiù la lotta mittennu in forsi puru la rapina e senza appagnu e chiàcchiri di fera lu rimannò di cursa a la Caprera. XVIII Ma no p'esigliu o pi cunnanna trista pirchì menza di l'isula era so' e si suspetta a ffari lu schiavista si fici il soldo eppoi si l'accattò, pirchì la patria è patria e sempri sia, però la proprietà mancu babbìa. XIX E' fatta - fece il savuiardo - e allura sia fatta l'annessioni pi memoria pirchì l'impresa di sta truvatura sia già ligittimata di la storia e allura vota, sìculu, e perciò sicciài curaggiu vòtici di no. XX E seicentu e sissanta e setti frati l'èbbiru, stu curaggiu smusuratu e nonostanti li minacci armati svutanu e rivutanu di ddu latu lassannu impiritura la memoria e pigghiannu l'appuntu cu la gloria. XXI L'Italia è unita, il popolo è cu mmìa - dissi lu savoiardu a l'intrallazzu, e accuminciò cumpleta la razzìa e li tisori li cugghiva a mazzu e arricampannu ogni di chi truvava mancu l'occhi pi chiànciri lassava. XXII Ogni cassadominiu cumunali ca assupirchiò di poi di li sacchiggi fu sanu sanu siquistratu e tali sucatu in nomu di rigali liggi pirchì la ranni e savuiarda panza nun canusci musura né suttanza. XXIII Ogni chiesa di regula spugghiata giammentri ogni tirrenu papalinu fu spussissatu, ed ogni tassa isata a livellu di furtu e di rapinu sulu pi smusuratu conquibbussu a lu grifagnu savuiardu mussu. XXIV E la terra prumissa fu la fossa, e la miseria la liberazioni, mentri l'eterna sìcula sommossa puru si frammiscata a lampi e troni nenti ci potti contra a l'armamenti ca Cadorna calava i cchiù putenti. XXV E carzarati a la furesterìa a Finistreddi mòrsiru a cafolu, o briganti o migranti, era la via senz'autru versu di pigghiari volu sinnò comu briganti di catina in sempiternu sutta formalina. XXVI Pirchì briganti prima nun cinn'era? Com'è ca poi ci vinni vucazioni? E ammenzu a tanti chiàcchiri di fera n'arresta sulu, a centru di questioni, cirtizza ca ddu nòrdicu sviluppu si raddrizzò, cunzànnusi lu tuppu, XXVII sulu grazi a lu sangu e li tisori duisiciliani, e ddu risorgimentu ca ni chiantanu a forza nta lu cori cantatu nta li libbra a centu a centu s'addimustrò, liggennuci la lista, una misara guerra di cunquista. XXVIII Comu a Genova, "via dei bersaglieri", dopu ca la sfascianu già ddi stissi. Ma essennu nui meridionali e fieri d'èssiri tali, pi nun dari bissi è duvurusa nostra volontà pritènniri sia fatta verità. Giovanni Piazza(lo stesso siciliano)  http://artevizzari.italianoforum.com/componimenti-letterari-f18/maledetti-savoia-t1277.htm#14296