Il ritmo del cuore

Post N° 21


Una riflessione sul mondo postindustriale: come sta cambiando la realtà del lavoroUn ventenne ha una prospettiva media di vita di 60 anni. 60 anni equivalgono a 525.000 ore di vita. Lavorando per 40 – dai 20 ai 60 –, con il regime previsto dal nostro sistema normativo, che è pari alle 2000 ore di lavoro all’anno, un ventenne lavorerebbe in tutto 80.000. Mettiamo che per altre attività (di impegni domestici, per la cura di sé, per il sonno) sia occupato altre 10 ore al giorno, per un totale di 219.000 ore. Ebbene a questo ventenne resterebbe un monte ore di tempo libero pari a 226.000. Il lavoro rappresenta 1/7 della lunga vita che gli resta. (cfr. D. De Masi, Il futuro del lavoro, Bur, Milano 1999). Il tempo libero è quindi aumentato. Ma come impieghiamo questo tempo libero? E poi è proprio vero che la maggior parte della popolazione lavora?La situazione planetaria del lavoroNel primo mondo lavora soltanto il 20% della popolazione. Nel terzo mondo solo il 10%. Su circa 6 miliardi di abitanti del pianeta, i lavoratori – chi cioè ricava dal lavoro una retribuzione – non raggiungono neanche il miliardo di persone. Il popolo dei rimanenti 5 miliardi è composto da bambini, anziani, pensionati,casalinghe, studenti, poveri che vivono di espedienti, ereditieri, lavoratori in “nero”, comunque non garantiti da un posto stabile (cfr. ibidem).  Il lavoro: un’emergenza recenteCome si è visto, solo un miliardo di persone sono regolarmente retribuite. Queste persone sono più garantite delle altre, sono più rispettate, possono ostentare la propria professione. Secondo molti sociologi, solo chi lavora riesce a socializzare, a maturare, a realizzarsi. Secondo alcune religioni, solo chi lavora riesce a riscattarsi dal peccato originale e a guadagnarsi il Paradiso. Per migliaia di anni, fino all’avvento dell’età industriale, la parte alta della piramide sociale non lavorava affatto. Curiosa inversione di tendenza, non trovate?