Arriva il '600 stracarico di cultura musicale, portando con sè il declino della villanella e l'evolversi e il trasformarsi del madrigale e, da questi, l'avvento del melodramma. Le villanelle concludono il loro ciclo evolutivo nascendo prima anonime e popolare nei "villici" borghi di campagna, poi popolaresche in città e, infine, villanelle auliche d'autore alla "toscanese" nelle Corti dei vari regni, per decadere, definitivamente, venendo meno la spontaneità e la semplicità di quando erano anonime e popolari.Il '600 dona alla nostra città i tre primi grandi poeti e scrittori: Filippo Sgruttendio da Scafati (?), Giulio Cesare Cortese (1575-1621) e Giambattista Basile (1575-1632). Nelle opere di questi tre grandi poeti del '600 si sente lo slancio puro e ardito del popolo che partecipa, con questa sua lingua corposa e "tosta", a tutta la cultura del tempo, descrivendone la vita, i costumi e offrendoci, così, una viva, diretta, fresca testimonianza di essa. Nonostante la rivoluzione di Masaniello nel 1647, la peste del 1656 e il terremoto del 1688, il popolo, anche in queste tragedie, continuava a cantare per levarsi di malinconia.
1600, muore la canzone popolaresca?
Arriva il '600 stracarico di cultura musicale, portando con sè il declino della villanella e l'evolversi e il trasformarsi del madrigale e, da questi, l'avvento del melodramma. Le villanelle concludono il loro ciclo evolutivo nascendo prima anonime e popolare nei "villici" borghi di campagna, poi popolaresche in città e, infine, villanelle auliche d'autore alla "toscanese" nelle Corti dei vari regni, per decadere, definitivamente, venendo meno la spontaneità e la semplicità di quando erano anonime e popolari.Il '600 dona alla nostra città i tre primi grandi poeti e scrittori: Filippo Sgruttendio da Scafati (?), Giulio Cesare Cortese (1575-1621) e Giambattista Basile (1575-1632). Nelle opere di questi tre grandi poeti del '600 si sente lo slancio puro e ardito del popolo che partecipa, con questa sua lingua corposa e "tosta", a tutta la cultura del tempo, descrivendone la vita, i costumi e offrendoci, così, una viva, diretta, fresca testimonianza di essa. Nonostante la rivoluzione di Masaniello nel 1647, la peste del 1656 e il terremoto del 1688, il popolo, anche in queste tragedie, continuava a cantare per levarsi di malinconia.