Affreschi Yin

L'ABANDON


 Mi dà  fastidio parlarne, ma devo farlo. Per vivere un abbandono sempre rinviato ma presente. Ogni occasione, anche la più favorevole, reca con sé, in sordina, l’interpretazione generica dell’abbandono tanto temuto e insieme la possibilità di uscirne illesa, intatta.Intatta? E in che cosa?L’abbandono me lo porto dietro. Almeno così dicono i miei ultimi rendiconti interiori. Entrare nel nuovo mi affascina, mi seducono tutti quei benefici che ogni cosa all’inizio reca con sé.E’ bene guardare indietro e per farlo ho bisogno di fissare un punto di partenza.Da un libro di Alice Miller: “La maggior parte delle persone non vuole sapere nulla della propria storia e perciò non sa neppure di essere infondo continuamente influenzata, poiché vive nella propria situazione infantile irrisolta e rimossa. Non sanno di temere ed evitare pericoli che una volta erano reali, ma che ormai da tempo non lo sono più. Sono mossi da ricordi inconsci e da sentimenti e bisogni rimossi, i quali, finché restano inconsci e non vengono chiariti, spesso determinano in modo perverso quasi tutto ciò che essi fanno o non fanno.Una persona che abbia negato la sua realtà infantile e appreso a non provare dolore, sarà in perenne fuga  da ciò che le è accaduto in passato. Servendosi a questo scopo degli uomini, dell’alcool, delle droghe o della mania di essere efficiente.Dovrà continuamente essere sotto pressione per non lasciare emergere la noia, anzi, per non concedere neppure un secondo alla quiete in cui potrebbe percepire la bruciante solitudine di quando era bambina, giacché teme questo sentimento più della morte stessa, a meno che non abbia avuto la fortuna di apprendere che il riaffiorare dei sentimenti infantili e il loro divenire coscienti, non uccide, ma libera. Ciò che invece non di rado uccide è il difendersi da quei sentimenti che, nel momento in cui li si vive consciamente, potrebbero svelare la verità. E non parlo solo di bambini cresciuti in un evidente stato di abbandono, ma anche di quelli che vengono in terapia  con l’immagine di un’infanzia felice e protetta e che, secondo l’opinione comune, sono state l’orgoglio dei genitori e che quindi dovrebbero avere una salda coscienza del  loro valore.Queste persone comunicano i loro primi ricordi senza ombra di simpatia per il bambino che sono stati e la cosa è tanto più sorprendente in  quanto ci troviamo di fronte a persone dotate di una speciale attitudine all’introspezione e disponibili ad immedesimarsi con gli altri. Eppure il rapporto che intrattengono con il mondo affettivo della loro infanzia è caratterizzato da scarso rispetto, da coazione al controllo, dalla manipolazione e dalla tendenza a fornire le massime prestazioni.a)      Un bisogno primario del bambino è quello di essere preso sul serio sin dall’inizio per quello che lui è in ogni momento della sua crescita.b)      l genitori che da bambini non hanno goduto di un tale clima vivono in uno stato di carenza affettiva, e non perché fossero dei genitori decisamente cattivi, ma perché dipendevano da una certa sintonia con loro, a loro necessaria; il che significa che cercheranno per tutta la vita ciò che i loro genitori non hanno potuto dare loro al momento giusto, qualcuno che si interessi a loro totalmente.c)       Questa ricerca non potrà mai avere pieno successo perché riguarda una situazione irrimediabilmente trascorsa. Se questa è la premessa, credo sia inutile sviscerare gli aneddoti e trova interpretazione un mio sogno ricorrente.“Mia nonna sta vivendo l’ultimo periodo della  sua vita e mia madre la lascia sola. Sono attanagliata dall’idea della sua solitudine e non autosufficienza e, continuamente, mi chiedo come mia madre possa farle questo. Provo in me una struggente pena.L’ultima volta il sogno ha avuto uno sviluppo: rintraccio mia madre e le parlo. Le chiedo di rendersi conto e piangiamo insieme accoratamente.  Mentre precedentemente   mia nonna languiva sola in un letto, questa volta è in piedi, vestita di nero, energica, attiva, viva.”Giulia, molto perspicacemente, mi ha fatto notare che la nonna sarei io e allora il discorso torna. Ovviamente mia madre è quella parte di me che  mi è madre. Cercherò di far leva su questo dolore che, sono certa, racchiude un’insospettabile energia.