Centro di Igiene Mentale...... Vorrei raccontarle dopo tutto questo tempo cosa ho fatto. Non ho più scritto, non per il nuovo, non mi lascia un minuto di tregua e da quella grande avida che sono, saprà bene che mi lascio fare. E' la mia ricerca che si è dissolta, quella che mi ha permesso di trovare un senso scornandomi. L’ho giudicata mediocre e resta tale se non le racconto tutto.Da un po’ di tempo avverto la necessità/nostalgia di riassaggiare il malessere. Forse perché mi sembra di aver trovato un nuovo modo per eluderlo e perciò devo verificare. Non è la prima volta che mi accade.Prima e dopo è piacevole, rientrarci è il groviglio, ma forse anche il prezzo per poter osservare.E’ da un po’ di tempo che mi sono fissata. Per qualcos’altro. Ovviamente uso le mie interpretazioni e cerco un varco per andare in quell’oscuro fondo verso il profondo. Cerco di capire con i miei strumenti e mi sono impegnata nel sperimentarne altri. Nel modo che mi contraddistingue: l’ossessione. Un po’ a dire il vero, irretita. Irretire: attrarre, spesso con l’inganno all’interno di una situazione contrassegnata dalla perdita di libertà di movimento o da uno stato di soggezione morale o psicologica.Irretimento: imprigionamento, per lo più nell’ambito di una soggezione di ordine psicologico o affettivo.L’altra notte ho sognato di guidare una biga/trattore. Dietro mio padre e una donna. Mi trovo di fronte ad una discesa di terra che ha una forte pendenza. Non un minuto di timore o incertezza nel percorrerla. Solo un attimo di precauzione razionale nel farlo. Decisione nell’affrontarla. So che i freni meccanici non mi saranno d’aiuto, ma il mio corpo si. Introduco i miei piedi nella terra per frenare e sbilancio il mio corpo all’indietro per padroneggiare il percorso. In fondo si apre una distesa dove ci sono cavalli bianchi distesi. Uno è morto. Una mano femminile gli copre il volto e lo toglie di mezzo. Gli altri si alzano. Io ne prendo uno e con una corda lo conduco. Lui si infila in un orto attraverso una rete e mangia ciò che è piantato. Non voglio che mangi cibo altrui e vedo comunque che riesco facilmente a districare la corda dalla rete per farlo tornare dalla mia parte. La rete è fitta, ma guardando bene, ha un varco lineare attraverso cui la corda scorre senza difficoltà.Francesco mi ha detto: “ Ognuno sceglie il modo migliore per farsi male.”Ma non si tratta probabilmente solo di questo. Voglio scoprire un dolore che mi ha irretita. Nel passato è stato mio padre, anche se dentro mi sono sempre ribellata. Ho bisogno di sviscerare. Ci sarebbe altro da dire, ma mi fermo qui per ora. Questo è quello che sale e glielo affido. Scendo nel dolore e creo. Di nuovo.
La Rete
Centro di Igiene Mentale...... Vorrei raccontarle dopo tutto questo tempo cosa ho fatto. Non ho più scritto, non per il nuovo, non mi lascia un minuto di tregua e da quella grande avida che sono, saprà bene che mi lascio fare. E' la mia ricerca che si è dissolta, quella che mi ha permesso di trovare un senso scornandomi. L’ho giudicata mediocre e resta tale se non le racconto tutto.Da un po’ di tempo avverto la necessità/nostalgia di riassaggiare il malessere. Forse perché mi sembra di aver trovato un nuovo modo per eluderlo e perciò devo verificare. Non è la prima volta che mi accade.Prima e dopo è piacevole, rientrarci è il groviglio, ma forse anche il prezzo per poter osservare.E’ da un po’ di tempo che mi sono fissata. Per qualcos’altro. Ovviamente uso le mie interpretazioni e cerco un varco per andare in quell’oscuro fondo verso il profondo. Cerco di capire con i miei strumenti e mi sono impegnata nel sperimentarne altri. Nel modo che mi contraddistingue: l’ossessione. Un po’ a dire il vero, irretita. Irretire: attrarre, spesso con l’inganno all’interno di una situazione contrassegnata dalla perdita di libertà di movimento o da uno stato di soggezione morale o psicologica.Irretimento: imprigionamento, per lo più nell’ambito di una soggezione di ordine psicologico o affettivo.L’altra notte ho sognato di guidare una biga/trattore. Dietro mio padre e una donna. Mi trovo di fronte ad una discesa di terra che ha una forte pendenza. Non un minuto di timore o incertezza nel percorrerla. Solo un attimo di precauzione razionale nel farlo. Decisione nell’affrontarla. So che i freni meccanici non mi saranno d’aiuto, ma il mio corpo si. Introduco i miei piedi nella terra per frenare e sbilancio il mio corpo all’indietro per padroneggiare il percorso. In fondo si apre una distesa dove ci sono cavalli bianchi distesi. Uno è morto. Una mano femminile gli copre il volto e lo toglie di mezzo. Gli altri si alzano. Io ne prendo uno e con una corda lo conduco. Lui si infila in un orto attraverso una rete e mangia ciò che è piantato. Non voglio che mangi cibo altrui e vedo comunque che riesco facilmente a districare la corda dalla rete per farlo tornare dalla mia parte. La rete è fitta, ma guardando bene, ha un varco lineare attraverso cui la corda scorre senza difficoltà.Francesco mi ha detto: “ Ognuno sceglie il modo migliore per farsi male.”Ma non si tratta probabilmente solo di questo. Voglio scoprire un dolore che mi ha irretita. Nel passato è stato mio padre, anche se dentro mi sono sempre ribellata. Ho bisogno di sviscerare. Ci sarebbe altro da dire, ma mi fermo qui per ora. Questo è quello che sale e glielo affido. Scendo nel dolore e creo. Di nuovo.