Ass.Maria Ruggieri

TESTIMONIANZA DI MAURO LEONE


Questa, che vi riportiamo é la testimonianza rilasciata dal sig.r  Mauro Leone,che racconta la storia di suo padre colpito da un angiosarcoma, anche in questo caso quello che emerge è l'inadeguatezza di alcuni medici nel diagnosticare precocemente questa forma rara di tumore. Devo ringraziare Vincenzo Ruggieri per avermi segnalato l'esistenza di questo blog, dopo che ho letto la storia di Maria in rete cercando notizie sulla malattia che ha portato via il mio papà il 15 settembre 2009. Il mio papà era un arzillo vecchietto di 88 anni, che ne dimostrava 70, coltivava l'orto, guidava l'auto, giocava a bocce e raccontava volentieri le sue esperienze della guerra del 40-45. Nel settembre 2008 la mia mamma notò una macchia scura sul cuoio capelluto, comparsa all'improvviso e che cresceva velocemente. Troppo velocemente per un tumore epiteliale dell'anziano. Comunque non perdemmo tempo, 4 visite dermatologiche in 40 giorni ci rassicurarono, "non è un melanoma, nonostante il colore scuro, siamo tranquilli", ma intanto la lesione cresceva fino a 5cm x 6, era divenuta spessa e molle e faceva male a toccarla. Una successiva visita presso uno dei dermatologi più conosciuti di Torino, il prof. Pippione (ci fossimo andati prima!), ci rivelò finalmente la gravità del problema. Ci rivolgemmo così all'IRCC di Candiolo, dove trovammo la premurosa attenzione del dott. Grignani, responsabile nell'Istituto per i sarcomi. Le sue parole furono severe ma determinate: ci vuole un approccio aggressivo, il paziente è anziano ma in buona salute, può sopportarlo.Ricordo quello che disse al mio papà: " Lei ha combattuto una guerra: beh, oggi ha un'altra guerra davanti. Ma con il suo carattere può affrontarla". Era il 4 dicembre 2009. Il 6 dicembre iniziava a chemioterapia con taxolo, e il tumore iniziò a regredire velocemente, il 29 iniziammo la radioterapia e verso metà gennaio la lesione era scomparsa. 20 giorni dopo la fine del protocollo però 5 piccole macchie si ripresentarono nella sede della lesione, tra lo scoramento dei medici. Fui io a proporre e insistere per la ripresa del taxolo. In una riunione i medici, in primis il dott Grignani e il dott Galizia, valutarono bene la situazione e decisero che valeva la pena di provare, anche visto il desiderio nostro di non gettare la spugna. La somministrazione di una piccola dose di taxolo ogni 15 giorni (terapia costruita su misura per il mio papà, che nonostante la buona forma rimaneva pur sempre un paziente molto anziano) bloccò la crescita di queste recidive per 6 mesi. Ogni settimana tornavamo a Candiolo per fare valutare la situazione e la soddisfazione era grande. Anche se sapevamo bene che non sarebbe durato in eterno. A luglio 2010 comparve un'altra macchia in un'altra zona del cuoio capelluto, che prese a crescere velocemente indifferente al taxolo. Ancora una volta noi fummo volentieri disponibili a tentare il possibile, e ci fu proposto un farmaco sperimentale, il Sorafenib (Nexavar) che aveva dato risultati interessanti negli USA, ma su cui la casistica era scarsissima. Il mio papà però, che sopportava egregiamente il taxolo, non poté mai assumere la dose piena di Sorafenib perchè gli provocava ipotensione con una debolezza insostenibile. La dose che poteva assumere continuava a controllare le 5 recidive di febbraio, ma non ebbe alcun effetto sulla nuova lesione che crebbe velocemente fino a ricoprire tutto il cuoio capelluto in poco più di un mese, mentre le indagini radiologiche sul resto del corpo non mostravano alcuna altra metastasi. Il 15 settembre, quando ormai disperavo vedendo il tumore estendersi minacciosamente verso gli occhi e il collo, e solo la preghiera ci dava un po' di conforto, il mio papà si spegneva nel suo letto. Il suo cuore aveva ceduto. Fortunatamente questa recidiva incontrollabile, a differenza del tumore primitivo, per quanto veloce e aggressiva, sanguinante e in parte necrotica, non era così dolorosa. Non dovemmo mai ricorrere alla morfina, anche se i medici erano pronti a farlo se fosse stato necessario. La nostra storia è stata, sento dentro di me, meno dolorosa di quella di Maria. Il mio papà aveva vissuto una vita piena e completa, e i 6 mesi di remissione gli hanno consentito di occuparsi delle sue attività preferite mentre io ho potuto trascorrere molto tempo con lui apprezzando ogni minuto del tempo che le cure ci hanno concesso in più. Rimane il dubbio: la malattia era in una zona ben visibile. Se fosse stata riconosciuta subito, forse l'esito poteva essere diverso. Non ne faccio una colpa ai dermatologi che lo visitarono inizialmente: probabilmente nessuno di loro aveva mai visto un angiosarcoma. Ma è sacrosanto lo scopo della Associazione Maria Ruggieri, di promuovere la ricerca e la conoscenza di questo male, perchè in futuro ad altri pazienti una diagnosi più tempestiva conceda qualche possibilità in più. Grazie ai familiari di Maria, per quello che stanno facendo. Mauro