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“Pluralità dei Mondi Abitati” - Parte 9 di 9


L’interesse per le civiltà extraterrestri è molto vivo anche nei vertici militari,  nel 1924, delle anomalie elettriche potevano essere scambiati per segnali intelligenti provenienti da Marte. In un telegramma, ovviamente se non è un falso, della Marina Militare Statunitense, viene chiesto la collaborazione di astronomi americani per indagarne la natura.
Controversa è la storia della scoperta che vuole che la tribù africana dei Dogon conoscesse una cosmologia avanzata con l’evidenza che Sirio è un sistema triplo. Gli antropologi francesi Marcel Griaule e Germaine Dieterlen, studiano il villaggio per oltre un trentennio, tra il 1931 e il 1956, ma vi sono forti dubbi sulla contaminazione culturale o sulla veridicità di quanto dichiarato, in quanto Sirio B è stato scoperto dagli astronomi nel 1844 e che Sorgo (Sirio C), sarebbe già stato proposto dalla scienza in quanto nel 1884 sono state evidenziate anomalie che suggerivano una terza stella.
A chiudere ogni speranza scientifica extraterrestre entra in campo il fisico Enrico Fermi, il quale, nel 1950, propose il celebre problema reso noto successivamente come il “Paradosso di Fermi”: “se nell'universo esiste un gran numero di civiltà aliene, perché la loro presenza non si è mai manifestata?”. Ciascuno può condividere o meno il fatto che la loro presenza non si è mai manifestata e difatti la comunità non scientifica risponde negli anni successivi con vari fenomeni di avvistamenti, abduction, incontri ravvicinati di ogni tipo.
Verità, miraggi, illusione, finzione, disinformazione, difficile districarsi e credere a questo e qualsiasi ginepraio di informazioni contraddittorie. L’unica conclusione possibile è che non siamo in grado di farci un opinione vera, in quanto i dati sani non sono mai a nostra disposizione. Ma il sogno dell’uomo della “Pluralità dei Mondi Abitati” non può finire qui, neanche per la comunità scientifica, e difatti se non si trova evidenza nel sistema solare lo sguardo si sposta verso le altre stelle. Se vi è una civiltà aliena intelligente che sta inviando segnali nell’universo, questi possono essere captati, ed allora perché non mettersi in ascolto? Il 19 Settembre del 1959, l’italiano Giuseppe Cocconi, insieme al collega americano Philip Morrison, in un articolo su la rivista «Le Scienze», propone un sistema di come sintonizzarsi su «Radio Universo».
Ritenevano che la lunghezza d’onda più probabile su cui sintonizzarsi, per ascoltare eventuali messaggi extraterrestri, poteva essere quella di 21 cm, pari ad una frequenza di 1420 Mhz, sulla quale emette l’elemento più diffuso dell’universo: «l’Idrogeno». Cocconi, chiese al collega Bernard Lovell, di poter sperimentare tale ipotesi con il radiotelescopio Jodrell Bank, nel regno unito, ma l’autorizzazione gli fu negata.  Occasione sfumata per la ricerca italiana, in quanto pochi anni dopo, non per la vita aliena ma, per la ricerca astronomica, nel 1967, la giovane Jocelyn Bell, capterà il primo segnale radio di una Pulsar. Il suggerimento dell’Italiano verrà comunque accolto da Franke Drake, il quale, partendo dal progetto Ozma, darà inizio al grande progetto di ascolto che tutti oggi conoscono come SETI.