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Buchi Neri, evoluzione storica delle Teorie - Parte 10 di 11


Albert, il 2 novembre del 1915, aveva presentato le famose equazioni della Relatività Generale che furono pubblicate il 25 Novembre negli “Atti dell'Accademia Prussiana delle Scienze”.  Erano così complesse che inizialmente furono in pochi i matematici in grado di elaborarle, uno fra i primi fu Karl Schwarzschild. Appena ad un mese dalla pubblicazione della teoria di Einstein, durante la prima guerra mondiale, lo scienziato partì volontario per il fronte prussiano. Tra un assalto e l’altro, in trincea, elaborò le equazioni a lume di candela, riuscendo a trovare delle soluzioni che in gergo tecnico matematico vengono chiamate “Metriche”. Scrisse subito ad Einstein quanto scoperto, ma purtroppo pochi mesi dopo, nel maggio del 1916, morì a Postdam a causa di una Polmonite contratta in trincea. In quei pochi mesi introdusse il famoso “Raggio Gravitazionale” poi chiamato in suo onore come “Raggio di Schwarzschild” R=2GM/C2. E’ un raggio caratteristico associato ad ogni massa che se la materia viene concentrata entro tale distanza, si trova, secondo la Relatività Generale, l’ ”Orizzonte degli Eventi”, ovvero quando un corpo diventa un “Buco Nero”.
L’idea delle “Dark Star” torna quindi di moda!  Il raggio di Schwarzschild è proporzionale alla massa del corpo: per una massa di 1 gr il raggio è dell’ordine di grandezza di 10-30 m,  quello della Terra misura approssimativamente 9 mm, per il  Sole il raggio è di circa 3 km, per il buco nero supermassiccio della Via lattea si ha un raggio di 7,8 Milioni di Km, per un Buco Nero galattico di 50 milioni di masse solari il raggio raggiunge la dimensione dell’orbita della Terra pari a circa 150 Milioni di Km. Mentre nel XVIII° secolo, attraverso la Meccanica Classica, il meccanismo di base di un Buco Nero era una forza, con la Relatività Generale è una curvatura dello spazio-tempo, maggiore è la massa e la densità di un corpo maggiore diventa la deformazione del tessuto dello spazio-tempo che vi sta intorno.
Se la curvatura dello spazio è elevata, un raggio di Luce è costretto a percorrere un tragitto chiuso a tal punto da non poterne più uscire. Dalle formule di Schwarzschild si osserva che avvicinandosi all’orizzonte degli eventi accadono cose straordinarie. Ipotizzando un astronauta che si approssimi verso tale limite a causa della forte deformazione dello spazio-tempo dovuta alla massa, un osservatore esterno vedrà la Luce spostata verso il rosso. Sulla linea dell’orizzonte degli eventi, un intervallo finito verrà osservato come infinito da un osservatore esterno. Il Red-Shift è così forte che la radiazione non è più visibile in alcuna regione dello spettro e il tempo necessario per raggiungere l’interno è infinito. A dispetto di questo scenario esterno, l’osservatore interno attraverserà l’orizzonte per un tempo brevissimo e quindi finito. Questo incontro di infiniti sconcerta i fisici e il limite dell’orizzonte degli eventi diventa la singolarità di Schwarzschild. Questo termine rischia di confondere il non esperto in quanto per singolarità di Schwarzschild non si intende il collasso gravitazionale al centro della stella, ma che per un certo valore della distanza dal centro della stella, la matematica va a farsi benedire.