AstroLeo

Buchi Neri, evoluzione storica delle Teorie - Parte 11 di 11


In matematica, il termine di singolarità indica in generale un punto, di una funzione o una superficie che "degenera", cioè una funzione o le sue derivate possono “tendere ad infinito". In questo periodo pertanto non si parla di singolarità centrale in quanto concentrare la massa non significa farla collassare in un punto, ma si ritiene che dentro il Buco Nero la massa sia distribuita, ovvero ha una dimensione. La singolarità si incontra solo in corrispondenza di una distanza dal centro, che oggi prende il nome di “Raggio di Schwarzschild”, dove il tempo si annulla e lo spazio diviene infinito.
Le deformazioni delle dimensioni dell’osservatore che vede una contrazione dello spazio, si rapporta con resto dell’universo come se piccole parti dello spazio diventassero infinite. Schwarzschild naturalmente, si era reso conto che la sua formula impazziva per questo valore del raggio ed è per tale motivo che Einstein si dimostrò tra i maggiori scettici. In fisica ogniqualvolta si incontra una singolarità, ovvero una funzione che porta ad un infinito, è un pessimo segnale che suggerisce che la teoria non è completa e necessita di essere rivista ed integrata da un’altra migliore. Anche molti anni dopo, nel 1939, sente la necessità di pubblicare un articolo in cui contrasta Schwarzschild non ammettendo la possibilità dell’esistenza di un Buco Nero. Per dimostrazione afferma che dei corpi in avvicinamento, per mantenere una configurazione stabile, avrebbero dovuto muoversi a una velocità superiore a quella della Luce e questo non è permesso dalla Relatività Ristretta. Ma questo si dimostrò uno dei sui errori, banalmente non era necessario che la configurazione rimanesse stabile. Coni di luce: