Autoestinguente

Epilogo


(tempo di lettura: 3 minuti)Adesso, dopo tanti anni e tante bugie, sento il dovere di dire la verità. So che i miei giorni sono alla fine, per cui non hanno più effetto su di me minacce e lusinghe. Probabilmente non sarò creduto, ma quello che conta è che io muoia con la coscienza in pace, finalmente. Dunque, la storia è questa: con infiniti stratagemmi e pericoli, venni infiltrato al fianco di Hitler fin dal 1935 col nome di Heinz Linge, e divenni entro breve il suo attendente personale. Somma ironia, considerando che sono ebreo polacco. Il mio compito era di non interferire in nessun modo con le decisioni del Führer, ma di riferire tutto. Conoscevo quell’uomo forse come nessun altro. I piatti preferiti, i malanni, le idiosincrasie, i libri, la musica… Vissi quegli anni chiedendomi se non sarebbe stato più semplice uccidere il dittatore, anche a costo della mia vita. Più di una volta pensai di farlo di mia iniziativa – sarebbe stato così facile –, ma mi attenni sempre agli ordini. E, Dio mi perdoni, ancora mi chiedo se fu giusto.Arrivammo così al 30 Aprile ’45. I russi erano ormai entrati a Berlino, contrastati solo da sparuti gruppetti di bambini promossi a difensori della Patria e anziani soldati richiamati a forza in servizio. Hitler si era rinchiuso nel bunker sotto la cancelleria già da dieci giorni, e noi fedelissimi con lui. Il vecchio pazzo aveva un asso nella manica, diceva, un piano sicuro, e ce lo stava illustrando. Il popolo tedesco lo aveva deluso, lo aveva tradito, dunque sarebbe stato abbandonato in mano ai sovietici. Il Führer aveva pronta una via di fuga. Avrebbe portato con sé Eva, sposata poche ore prima, e quanti riteneva necessari per ricominciare da capo. Una volta al sicuro, avrebbe attivato la Wunderwaffe, l’Arma Prodigio, capace di annientare America e Russia.A un tratto, in un fragore enorme, la porta blindata fu abbattuta. Un uomo immenso, più di due metri, fece irruzione. Era vestito come un ebreo in preghiera, con i tefillin sul braccio sinistro e sulla testa. Si avventò sul Führer e lo maciullò a mani nude. Lo stesso fece con Eva Braun che fu l’unica a tentare di salvare Adolf. Eravamo tutti paralizzati. Poi si voltò verso di me e disse:"Da cinque anni mi eludeva, con le sue magie e i suoi sosia, ma adesso non fuggirà più. Tu sei un Fratello, ti ho riconosciuto, dammi la pace." S’inginocchiò, si tolse il tefilláh dalla fronte, e mostrò la scritta celata sotto, tatuata sulla pelle: era EMETH, "verità" in ebraico. Capii, e un brivido mi squassò l’anima. Esitai, ma era giusto fare come mi chiedeva. Cancellai con le dita la E, lasciando METH, ovvero "morte". Il Golem si dissolse in polvere sotto i nostri occhi.NessundoveAprile 1999