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PENA DI MORTE

Legge costituzionale 2 ottobre 2007
Eliminata la pena di morte dalla Costituzione, il nuovo art.27

 


Entrano in vigore dal prossimo 25 ottobre, le modifiche apportate con la legge costituzionale 2 ottobre 2007 n. 1 all'art. 27 della Costituzione.

E' stato definitivamente abolito ogni riferimento alla possibilità di condannare a morte.

La Carta dei diritti fondamentali di Nizza del 7 dicembre 2000, stabilisce che nessuno può essere condannato alla pena di morte (art.2) e che nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte (art.19).

In effetti, in Italia, della eccezione al principio generale del rifiuto della pena di morte non ci si era mai avvalsi: nessuna condanna alla pena capitale è stata eseguita dopo l'entrata in vigore della Costituzione. L'ultima esecuzione, infatti, fu effettuata a Torino il 4 marzo del 1947.

L'art. 27 quarto comma della Costituzione recitava:

"Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra".

Diventa:

"Non è ammessa la pena di morte".


Legge costituzionale 2 ottobre 2007 n. 1

"Modifica all’articolo 27 della Costituzione, concernente l’abolizione della pena di morte"

 

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TEST AMMISSIONE A MEDICINA

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La sentenza del Tar Bari sull'annullamento dei quiz di medicina

 


"Il fatto accertato che alcuni candidati (il 2 % del totale) con sofisticate strumentazioni avessero la possibilità, tramite telefono cellulare, di comunicare con l’esterno e conoscere le risposte ai quiz, non può far ritenere che questi stessi, a loro volta, divulgassero all’interno dell’aula le informazioni in loro possesso, ma, anzi, è verosimile che abbiano mantenuto uno stretto riserbo al riguardo onde evitare di essere scoperti.

Non siamo in presenza di un vizio radicale che inficia l’intera fase procedimentale di espletamento delle prove scritte, o addirittura dell’intero procedimento (come avviene ad es. nel caso di vizio di irregolare composizione della commissione, nel caso di generale e diffusa possibilità dei candidati di comunicare liberamente tra loro e con l’esterno o nel caso di predisposizione dei criteri di valutazione successivamente all’apertura delle busta contenenti le prove).

Il comportamento dei soggetti già identificati e di quelli ipoteticamente identificabili deve essere sanzionato con la esclusione dalla prova, ma il comportamento delittuoso di alcun candidati non è di per sé solo idoneo, nel caso in esame, ad inficiare l’intera procedura concorsuale.

E poi, non essendosi ancora concluse le indagini penali, l’annullamento delle selezioni sulle quali dette indagini sono incentrate, contrasta visibilmente con l’interesse pubblico all’ammissione ai corsi universitari dei candidati più capaci e meritevoli.

Soggetti allo stato non indagati che superassero legittimamente le nuove selezioni non potrebbero essere esclusi, nel caso di ipotetica successiva contestazione di reati, dalla frequentazione dei corsi universitari; mentre, al contrario, il mantenimento dei risultati delle prove scritte annullate con il decreto impugnato, consente all’Università, anche in tempi successivi, di intervenire efficacemente, escludendo eventuali ulteriori indagati ed ammettendone altri mediante scorrimento della graduatoria".


TAR Puglia, Bari, sezione terza

Sentenza 26 ottobre 2007 numero 2636

 

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Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 06 Dicembre 2007 da avvgraziaferrara
 

ABBANDONO DEL TETTO CONIUGALE: NON E' PIù REATO, MA IL CONIUGE CHE SI ALLONTANA SENZA GIUSTA CAUSA NE RISPONDE DINANZI AL GIUDECE PENALE PER VIOLAZIONE DELL'ART.570 CODICE PENALE.

"Art. 570 c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare).

Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potesta' dei genitori o alla qualita' di coniuge, e' punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa da lire duecentomila a due milioni."

I coniugi devono fissare l'indirizzo della vita familiare e quindi le scelte principali della famiglia di comune accordo.

L'art. 144 c.c. introduce un esplicito richiamo anche alla residenza anagrafica chiarendo che, analogamente alle scelte, deve essere concordata e stabilita da entrambi i coniugi.

L'obbligo di coabitazione potrà dirsi violato quando uno dei coniugi si sia del tutto rifiutato di fissare dall'inizio la residenza famigliare con l'altro o l'abbia successivamente abbandonata.

I casi di abbandono della residenza coniugale sono molteplici e le conseguenze che ne derivano possono spiegare diversi effetti, sia civili che penali.

Il caso più frequente è l'abbandono senza che vi sia una giusta causa.

Dal punto di vista civile, l'inesistenza di giusta causa, accompagnata dal rifiuto del coniuge di tornare nella residenza famigliare, permette all'altro coniuge di sospendere l'assistenza morale e materiale nei suoi confronti.

Ciò rappresenta l'unica eccezione alla regola generale che impone l'obbligo di contribuzione e assistenza continua ed ininterrotta in favore della famiglia e del coniuge.

Quanto alle conseguenze penali, si osserva che, con l'abbandono della casa coniugale, spesso si assiste alla cessazione o alla sostanziale attenuazione delle prestazioni materiali ed assistenziali in favore del coniuge e dei figli.

Verificandosi tale ipotesi sarà consentito al coniuge abbandonato rimettere il fatto davanti al giudice penale, sporgendo preventivamente una querela nei confronti dell'altro.

Con il deposito del ricorso per separazione dei coniugi in tribunale è pienamente legittimo l'abbandono della residenza da parte di un coniuge, fatto salvo, per il coniuge economicamente più forte, il dovere di continuare a prestare l'assistenza materiale e morale nei confronti dell'altro.

 
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