Il mio amico BALI

Franco Arminio


 È Lucania anche questa: Castelnuovo di Conza, Santomenna, Laviano A Castelnuovo di Conza la pena di un paese ricostruito e già in rovina prima di essere abitato. A Laviano la pena e il disgusto per il lavoro degli architetti. Poi il colpo d'ala, la visita a un contadino che conosco. Siamo rimasti due ore noi a fare fotografie alla bella famiglia e alle vacche loro a offrirci il meglio dei loro prodotti. A un certo punto sembrava uno di quegli incontri umani che si facevano una volta. erano tutti felici. Io no, ero immerso nella mia stanchezza. alla fine per qualche motivo non mi trovo mai a tempo con gli appuntamenti della vita. E in questo caso neppure all'appuntamento con la poesia.Il racconto del viaggio di oggi potrebbe finire qui, in questo veloce riassunto. Ma ricomincio daccapo, frugo nei dettagli, magari è da lì che si apre qualche spiraglio.Siamo in provincia di Salerno, ma non è il Cilento e neppure la costiera. Siamo molto vicini all’Irpinia d’oriente e alla Lucania. Tre paesi che nessuno aveva mai sentito nominare prima del terremoto dell’ottanta. Il vecchio oblio lentamente sta tornando. Io però ci torno almeno una volta all’anno, sono affezionato a questi tre paesi, sono tra quelli che mi sono più cari. Per i luoghi esistono simpatie e antipatie, come per le persone.Oggi sono qui coi fotografi della terra dell’osso. Li porto nei paesi, poi ognuno fa quello che vuole.Prima tappa a Castelnuovo. Andiamo nella piazzetta che una volta era il cuore del paese e ora è un bel cerchio di case vuote, a parte la casa del sindaco. Il baricentro del paese si è spostato più giù, il baricentro è nelle case sparse. Salendo più in alto il senso di sgomento cresce. Non solo non abita nessuno, ma colpisce la grandezza delle case, tutte ricostruite e tutte vuote. Forse in nessun posto in Italia si può vedere una cosa del genere, un patrimonio urbanistico di un certo pregio completamente abbandonato.Andiamo al Comune voglio parlare con il sindaco. Tempo fa, quando sindaco non era, mi invitò qui a presentare un mio libro. Mi parve una persona buona, garbata, vogliosa di fare del bene al suo paese. Poi un paio di anni fa è stato eletto sindaco. Mi sarei aspettato che si facesse vivo, magari semplicemente per fare quella chiacchierata con me che in effetti ci stiamo facendo oggi. Mi dice che è preso da mille problemi. Fin qui è la solita storia di tutti i sindaci dei piccoli paesi alle prese con problemi oggettivamente enormi. A partire dal fatto che ogni giorno ci sono persone che vanno al Comune per illustrare problemi che prima magari raccontavano al prete o altre figure che nei paesi non hanno più il ruolo di un tempo. Faccio notare lo stato di degrado del centro storico. Magari si potrebbe imitare il sindaco di un paese calabrese che ha messo su internet tutte le case in vendita. Mi risponde che la situazione è complicata per il fatto che molti paesani proprietari delle case sono in Sud America. Spesso è difficile rintracciarli ed essendo quasi sempre persone benestanti non è che hanno interesse a vendere la casa. Poi c’è il fatto che il Comune ha completato una serie di alloggi ma non li ha ancora assegnati agli aventi diritto per cavilli burocratici. Insomma qui i problemi legati alla ricostruzione post-terremoto non sono finiti.La discussione mi conferma che il sindaco è una brava persona, intellettualmente onesta, ma forse gli manca quel pizzico di spregiudicatezza che forse serve per amministrare un paese che ha ormai meno di cinquecento anime. Mi accenna ai tanti problemi pratici che ci sono ogni giorno. Gli credo, e forse in un paese tanto piccolo è anche difficile che possa disporre di collaboratori adeguati. Rimane il fatto che qui  accade qualcosa di scandaloso. Adesso è tornato in funzione un impianto di compostaggio. Oggi c’è un vento che non porta la puzza, ma quando ci andiamo vicino si sente il tipico olezzo dolciastro dei rifiuti messi a macerare senza una tecnologia adeguata per impianti del genere. Il sindaco si lamenta che è previsto solo un controllo all’anno. In passato la struttura fu chiusa perché smaltiva fanghi tossici. Mi dice che hanno provato a ottenere la gestione diretta, ma l’impianto è stato affidato a dei privati ed è immaginabile che le leggi del profitto siano più forti di quelle della morale. Tra l’altro nella struttura ci lavorano alcune persone del posto e ogni azione contro la puzza viene vista come un’azione che può togliere lavoro a dei concittadini. Comunque la conversazione col sindaco è abbastanza disperante: se non succede nulla di buono neppure le poche volte che arrivano ad amministrarli persone oneste e volenterose vuol dire che il rischio di estinzione in paesi come questo è davvero alto. Se il calo demografico è di cerca 200 persone ogni dieci anni e se adesso i residenti effettivi sono quattrocento, si può facilmente fare il mesto calcolo.È ora di passare per Laviano. Subito dopo lo svincolo, ci fermiamo a un villaggio di baracche in legno che assicurò ospitalità alle persone dopo la fase delle roulotte e prima dell’arrivo della grande colata di cemento con cui hanno fatto migliaia di case. Adesso il luogo si presenta con il nome di “villaggio antistress.” Le baracche si possono fittare al modico prezzo di settanta-ottanta euro al mese. Hanno risposto all’appello molti del salernitano e del napoletano.  Il sindaco di Laviano è un’altra persona di valore. In passato si era inventato anche un contributo di diecimila euro per ogni bambino nato. Lui non è responsabile dell’orrenda ricostruzione ed ora si trova a gestire un paese che istiga i nervi solo ad attraversarlo. Il paesaggio intorno è meraviglioso e questo fa venire voglia di andare a cercare gli architetti che hanno lavorato qui per dire loro che meriterebbero un poco di galera. Per la verità un mio amico sostiene che gli architetti dopo la laurea dovrebbero fare un paio d’anni di carcere preventivo, giusto per essere più prudenti quando cominciano a lavorare.Lasciamo il villaggio e proviamo a trovare la piazza del paese. Niente, non si trova. Finiamo in una zona più periferica dove c’è un grosso complesso abitativo da cui si entra solo da due parti. Questo spazio sarebbe un ideale campo da giochi  per bambini, se ce ne fossero, invece ci hanno messo, al centro, sei panchine dove non si sarà mai seduto nessuno. Sarebbe il caso di togliere le marmette e riportare fuori un po’ di terra buona per fare qualche orto, se ci fosse qualcuno a prendersene cura. I miei amici fotografi sembrano piuttosto delusi e direi anche indignati dai posti che hanno visto oggi. Io sono troppo stanco, mi trascino pensando solo al fatto che la giornata a un certo punto arriverà alla sua fine. Ho contato almeno una cinquantina di panchine e nessuna persone seduta: Laviano potrebbe essere definito il paese delle panchine disoccupate. Il comune e la chiesa sono lontani dalla piazza e questa è una delle tante scelte urbanistiche illogiche. Una mia amica di Brescia non riesce a capacitarsi del fatto che ci siano tante case per un numero di abitanti molto piccolo. Io non ho voglia di spiegare i meccanismi che hanno portato allo scenario che  teniamo davanti. Mi limito a far girare la compagnia e adesso so che li porterò in un posto in cui tutti si rinfrancheranno. Saliamo verso la montagna dove almeno potremo comprare un buonissimo caciocavallo. Mente procediamo agli acquisti si sviluppa un clima di simpatia. Si comincia con l’assaggio di vari formaggi, poi si passa al salame. Gli amici fotografi scattano e il contadino e la sua famiglia sono contenti. Una bella famiglia meridionale. I ragazzi hanno un fisico assai diverso dagli adolescenti catodici lontani dalla vita all’aria aperta e dal lavoro manuale. Adesso viene fuori uno straordinario limoncello. Ne bevo quattro bicchierini. Mi cresce un leggero mal di testa, ma il mangiare mi sostiene un poco. Non è una giornata facile. Mi sono svegliato alle quattro e ho lavorato al libro fino alle otto e mezza. Adesso sono sicuramente il meno allegro della compagnia. I contadini ci mostrano in diretta come vengono fuori i caciocavalli. Arriva altra roba da mangiare e arrivano anche parenti e amici di famiglia. I fotografi, a cui si son aggiunte tre persone della comunità provvisoria, sono molto contenti.Invito tutti ad alzarsi, c’è ancora Santomenna che ci aspetta. È un paese vicinissimo a Castelnuovo, ma ancora più piccolo. Non ci sono neppure le scuole elementari e la media. Arriviamo che c’è una bella luce. Le case qui sono più sobrie. Sembrano attaccate alla montagna giusto per dare l’idea che il paese ancora c’è. E invece tutto si svolge dove passa la strada, in uno slargo in basso tra la chiesa e il Comune. Ritrovo un anziano presente nelle riprese che facemmo per il documentario Di mestiere faccio il paesologo. Santomenna ha un’ aria diversa sia da Laviano che da Castelnuovo. Il paese è veramente ridotto all’osso. Non a caso questa esperienza coi fotografi si chiama proprio: Viaggio nella terra dell’osso.