Creato da BARAKAH il 18/09/2013

BARAKAH

Gruppo di Autosviluppo Psicospirituale

 

 

 
 
 
 

O ci si sveglia.......

 Un verità dura da accettare, ma è una verità....

O ci si sveglia o si fa finta di dormire o bisogna accorgersi che siete tutti morti....Un video assolutamente da vedere ma soprattutto su cui riflettere!

 

 
 
 

L'intelligenza necessaria per lavorare su di sé

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L'intelligenza necessaria per lavorare su di sè si distingue per il suo potere di adattamento. Per poter lavorare su di sé è necessario avere flessibilità, che è il contrario di rigidità
La persona che nella vita ordinaria giudichiamo "forte", considerata dal punto di vista del Lavoro su di sè, dal punto di vista psico-spirituale, è semplicemente una persona cristallizzata nella Personalità - una persona che comprende una sola cosa alla volta, come si suol dire, mentre per lavorare su di sé è necessario pensare in modo nuovo, il che significa iniziare a trasformare sé stessi. E per trasformare sé stessi è appunto necessario "pensare in un modo nuovo"... quale modo?
Non si tratta di un insegnamento "nuovo" ma di un insegnamento antico, di cui parlano anche i Vangeli: "...
se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli." (Mt. 18,3)
Che cosa s'intende per "Regno dei Cieli"? E che significa "diventare come bambini"?
Il "Regno dei Cieli" è uno stato interiore, non un luogo esteriore, è uno stato interiore di sviluppo, che ogni essere umano può raggiungere e non ha nulla a che vedere con il tempo e con lo spazio, con un quando o con un dove, poiché è sempre al di sopra di noi, come una possibilità superiore di sé"... è un livello superiore di realtà, quello a cui si accede con una mente purificata dalle illusioni appartenenti ai sensi e all'egoismo.
Per passare dal nostro livello di essere ad un livello più alto, il livello del regno dei cieli, occorre una "ri-nascita", ovvero una "trasformazione interiore" bisogna ri-nascere dallo Spirito (Gv. 3,3) - questo significa ridiventare come "bambini" - e questo si traduce in un ACCRESCIMENTO DI COSCIENZA.
Per elevarci ad un livello di coscienza superiore, sono stati immessi nell'umanità molti insegnamenti diversi, ma tutti si riferiscono alla stessa cosa: l'accrescimento della coscienza. L'accrescimento della coscienza inizia con l'osservazione di sé.  La difficoltà nell'auto-osservazione è che le persone non osservano sè stesse, quantunque credano di farlo.
Quasi tutte le persone credono di essere coscienti di sè stesse in ogni aspetto, sia interiore che esteriore. Insomma, considerano sè stesse pienamente coscienti, ma questo livello di coscienza non è coscienza in assoluto: è solo il secondo livello di Coscienza che tiene conto soltanto della realtà sensoriale, tant'è vero che le persone continuano a odiarsi, ferirsi e uccidersi a vicenda in tutti i modi possibili.
S
e vogliamo veramente "trasformarci" dobbiamo incominciare a considerare il TERZO STATO DI COSCIENZA chiamato anche lo Stato del Ricordo di Sé, di Coscienza di Sé e di percezione di Sé, poiché unicamente questo Stato può nutrire la parte essenziale di noi che soltanto la verità può far crescere. La verità di "chi" siamo realmente.
Lo stato finale è la Coscienza Obiettiva o Quarto Stato di Coscienza in cui si vedono le cose come realmente sono e non più come "appaiono".
Se si cerca di fare questo Lavoro senza aver capito, e senza pensare secondo queste "nuove" idee, è lo stesso che voler apprendere a nuotare stando sulla terra. Questi sforzi si appoggiano su una base completamente sbagliata. Dobbiamo acquisire un NUOVO MODO DI PENSARE.
Continuare a pensare con le idee della vita e cercare di fare un Lavoro su sé stessi allo stesso tempo è mischiare le cose. Dobbiamo imparare a RE-INTERPRETARE la vita in base al nuovo modo di pensare che possiamo acquisire lavorando su noi stessi. Ricordate che ci riferiamo al cambiamento del livello d'essere interiormente.
Abbiamo in noi differenti livelli di essere. Se si lavora su di sé per un lungo periodo con crescente comprensione, si giungerà a un livello più elevato, per quanto piccolo sia, in sè stessi.
Ci sono TRE GRANDI PRATICHE che ci aiutano ad ottenerlo. La prima è il RICORDO DI SE',  la seconda è la NON-IDENTIFICAZIONE, e la terza la NON-CONSIDERAZIONE, nel senso di non dare la colpa agli altri.
Quando si comprende "chi" si è veramente, cioè a cosa assomiglia il nostro vero essere, significa che si sta incominciando a praticare il "Ricordo di sé" e che non ci si identifica già più con sè stessi come si faceva prima. Allora la nostra vita incomincia a cambiare perché stiamo permettendo a nuove "influenze" di penetrare in noi. A quel punto si comincia a discernere il proprio livello di Essere. Per questo è così importante osservare sè stessi. Le nostre preoccupazioni, le nostre pene, le nostre forme di auto-osservazione, sono le cose sulle quali dobbiamo lavorare per mezzo del Ricordo di Sé, per mezzo della non identificazione e del non dare la colpa agli altri, ma se non osserviamo noi stessi non potremo farlo.
La nostra mente - il nostro cervello, sta in contatto per mezzo dei sensi, con le influenze del mondo esterno visibile, in un modo troppo sbagliato per poter "cambiare" il nostro abituale modo di pensare, ma se si ricevono le "nuove" idee con comprensione (l'intelligenza flessibile e non rigida di cui abbiamo parlato all'inizio), esse stabiliscono una nuova serie di connessioni nel nostro cervello, nuovi sentieri di associazioni, che possiamo definire come una nostra seconda educazione: un'auto-educazione che possiamo dare a noi stessi. Se non si cambiano alcuni sentieri di associazioni meccaniche, non si potrà stabilire una nuova serie di connessioni capaci di operare in noi una vera trasformazione.

"Dobbiamo credere nell'Uomo Superiore. Dobbiamo credere che qualcosa, qualcosa che sta già li, sia superiore a ciò che siamo. Dobbiamo credere in una Mente Superiore" (Ouspensky).

... altrimenti la nostra mente rimane chiusa, la Via è chiusa, e guardiamo verso il basso, come gli animali, verso al Terra fisica. (da "Commentari di M. Nicoll sull'insegnamento di Gurdjieff e Ouspensky)
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VITA FELICE?................

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VITA FELICE?....

  Che cosa s’intende quando si dice “la mia vita, è stata una vita felice” o “ la mia vita è stata sfortunata”?

Vuol dire che le cose esterne furono gradevoli o no, o che le cose interiori, che i propri stati d’animo e sentimenti furono gradevoli o no? Sarete d’accordo con me che a volte una persona che gode di una buona situazione esterna nella vita, con sufficiente denaro e una buona posizione sociale, e che non subisce nessuna sofferenza, si sente invece sfortunata e miserabile, mentre una persona che si trova in circostanze molto diverse, anche avverse, è molte volte tutto il contrario.

Esaminiamo questa situazione più dettagliatamente. Cos’è la nostra vita? Questa cosa di cui parliamo con tanta volubilità senza renderci conto di cosa è la realtà? Quanta gente desidera parlare gratuitamente della storia della sua vita? A cosa si riferiscono in realtà?  Di solito parlano di eventi di altra gente, di cose esterne. Ma la nostra vita consiste di due cose ben distinte e separate che si possono  incominciare a comprendere attraverso l’osservazione di sé.

La nostra vita non consiste soltanto di eventi ma anche di stati. Gli stati sono interiori e gli eventi esteriori. Gli stati sono stati di sè stessi, cioè, stati interiori, come il malanimo, l’abitudine a preoccuparsi, l’essere timorosi o superstiziosi, avere presentimenti, avere depressione, oppure  stati migliori, stati di felicità, stati di gioia e misericordia.

Tutti gli stati sono dentro di noi,  cioè, tutti gli stati sono stati di sè stessi. Gli eventi sono esterni e ci portano fuori.  A volte lo stato interiore corrisponde ad un evento esterno, oppure può essere provocato da noi stessi, ma può anche non avere alcuna relazione con noi stessi.  

Prima di tutto, prima di pensare in che modo si relazionano tra loro,  è essenziale comprendere che gli stati e gli eventi sono due cose differenti. Prendiamo, per esempio, un piacevole successo. Il vostro stato interiore corrisponde a questo successo? Potete dire che quando arriva l’evento esteriore il vostro stato interiore gli corrisponde? Sapete – ad esempio -  che non dovrebbe accadere un certo evento spiacevole e lo state sperando. Potete dire che se invece accade, il vostro stato d’animo è pronto ad accoglierlo in modo gioioso? O ammettete che, anche se l’evento si presenta nel modo in cui vi aspettavate, spesso manca sempre qualcosa? Che cos’è che manca? Ciò che manca è il corrispondente stato interiore che dovrebbe combinarsi con l’evento esterno che si aspettava con tanta impazienza.

Ora esaminiamo la corrispondenza degli stati interiori con gli eventi esterni. A meno di stare in uno stato appropriato non è possibile combinarlo correttamente con l’evento presente. Pensando alla propria vita, generalmente tendiamo  a credere che sia fatta solo di eventi esterni e che, se ci fossero successi  determinati  eventi esterni, di un tipo o di un altro,  la nostra vita sarebbe stata più o meno fortunata o sfortunata.

Dobbiamo però ricordare che la capacità di una persona di vivere la propria vita dipende dal suo sviluppo interiore, dalla qualità dei suoi stati interiori. Perché internamente, in ciò che riguarda i nostri stati, c’è l’apparato per vivere e, se questo apparato, per esempio, è oppresso dall’autocommiserazione o dalle preoccupazioni o da altre emozioni negative, per quanto  gli eventi esterni possano essere piacevoli, niente può procedere con facilità, semplicemente perché l’apparato per vivere – cioè, la persona in sè, - è completamente incapace di combinarsi in maniera piacevole con tali eventi che, provenienti dalla vita esterna, potrebbero procurarle piacere e felicità.

Una persona  - ad esempio - pensa di compiere un viaggio all’estero, e quando questo avviene, è un evento. Ma può essere così preoccupata per le piccole cose senza importanza, che tutto il viaggio sarà “rovinato” dai più  piccoli contrattempi. In tal caso il colpevole è lo stato interiore dell’uomo. Per questo, se ci domandiamo in che cosa consiste la vita, non possiamo dire che consiste semplicemente di eventi, perché invece  consiste di molti gradi di stati.

Supponiamo che un uomo, il cui principale piacere siai essere pessimista e malinconico, ci dica che la vita è ingiusta e che non merita di essere vissuta. Pensate per caso che ciò scaturisca da un insieme di eventi appropriati o dagli stati interiori dell’uomo? Potete credere che invitandolo ad una festa divertente lo farete cambiare? Il male sta nell’uomo stesso.

Tutti i giorni scorgiamo gente che vede la propria vita e quella degli altri in modo negativo a causa dei loro pessimi stati interiori. Nell’osservazione di sè, è necessario distinguere tra gli eventi esterni e gli stati interiori e osservare in quale parte si è situati, se in relazione con lo stato interiore o rivolti verso l’evento esterno.

Gli eventi esterni sono di vari tipi. La vita esterna è piena di monti e di valli, di buon tempo e di cattivo tempo. Questa è la natura della vita. La vita è un insieme di avvenimenti diversi che succedono a vari livelli (a livello individuale, familiare, nazionale… mondiale ecc.) e ogni avvenimento ha una sua natura speciale. Anche gli stati interiori sono di vari tipi. Tutto il lavoro personale si riferisce agli stati interiori.

Abbiamo già parlato degli stati sbagliati che bisogna modificare non identificandosi con essi. Se lavorate su questi stati negativi e cercate di separarvi da essi, allora gli avvenimenti sgradevoli della vita non vi toccheranno  con tanta facilità, e non vi leveranno la vostra energia.

Gli eventi sono influenze che cambiano continuamente nelle loro variabili combinazioni; alcuni sono migliori di altri, ma in ogni caso è necessario non identificarsi con essi in nessun modo.

Da ciò che è stato appena detto, resta chiaro che si deve considerare la vita come una successione di stati interiori, e una vera storia della nostra vita deve essere una storia di questi stati e specialmente delle nostre emozioni negative. Quando iniziamo l’osservazione di sé, alla scoperta degli stati sbagliati in noi stessi  per contrastarli  con il Lavoro, la vita interiore si purifica e, siccome essa attrae la nostra vita esterna, a causa del cambiamento del nostri stati interiori, il non alimentarne uno, alimentandone invece un altro, ci permette di cambiare allo stesso tempo non solo la relazione con gli eventi provenienti dall’esterno, ma persino la natura della avvenimenti che ci capitano ogni giorno.

Solo così possiamo cambiare la natura degli avvenimenti che ci capitano. Non possiamo cambiarli direttamente, possiamo solo cambiarli cambiando i nostri stati interiori, cioè, cominciando a mettere ordine nella disordinata casa in cui abitiamo. Non sono gli eventi quotidiani che hanno importanza, come l’aver perso qualcosa o che qualcosa è andata storta o che qualcuno si sia dimenticato di noi, o ci abbia parlato sgarbatamente ma solo la nostra  reazione a tutto ciò, cioè, in quale stato di voi siete, perché è lì che nasce la vera vita e, se i vostri stati interiori sono appropriati, nulla nello scorrere degli eventi esterni può nuocervi.

Se non si riesce a farlo, è bene riflettere sul perché non ci si riesce. In primo luogo si cerchi di definire la natura dell’avvenimento osservando se quel determinato  tipo di evento accade spesso o di rado  e poi si cerchi di esaminarlo più dettagliatamente. Se si incomincia con questo modo semplice, subito si vedrà quanto sono diversi gli avvenimenti personali e come la nostra vita esterna è sempre cangiante . Allora si sarà capaci di vedere, nei riguardi dei piccoli avvenimenti della vita quotidiana, che essi furono provocati parzialmente da noi stessi, e che i fatti sono accidentali, e ciò che non si può fare un momento si può fare in un altro…

Dunque riflessione sul proprio stato e con quale stato si affronta qualsiasi evento particolare e se questo stato è lo strumento più appropriato per affrontare quel determinato evento. Si tratta insomma di distinguere, come esercizio per vivere più coscientemente, tra gli stati interiori e gli eventi esterni, cercando di confrontarsi con qualsiasi evento esterno, dopo averne osservato la natura, con la disposizione interiore appropriata, con lo stato appropriato. (liberamente tratto dai “Commentari” di Maurice Nicoll)

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