Ci sono «io» ed «Io»Sono stato un po’ a giro per blog. io.......Ho notato come il termine «io» sia tra le parole più usate, anzi abusate. Questo «io» «io» «io» spadroneggia alla grande, e quasi sempre per sottolineare quanto siamo buoni e quanto siamo bravi. Trovo che sia un grande controsenso farsi sfuggire dal controllo della mente e dei sensi quell'«io» che è parente stretto dell'Ego per recitare la parte dell'altruista. Pensiamo, forse, di accaparrarci così una posizione migliore di quella che ci meritiamo nel palcoscenico del quotidiano vivere. Il più delle volte, quell’«io», vuole auto-celebrarsi. E questo «io» - ho notato inoltre - spesso è usato come battistrada per giudicare. Ma poi, chi è quell’«io» che scrive dietro il monitor? E’ l’«io» madre, figlio, fratello, bigliettaio o professore, con cui ci rivolgiamo al mondo? O è l’«Io» che nulla ha a che vedere con quei ruoli? che non nasce e non muore? che non ha un’identità con cui far valere, a tutti i costi, la sua storia e la sua importanza personale?Se è come penso l’estensione dell’«io» che ciascuno porta a giro nella società come se la strada fosse una passerella in cui indossare e mostrare una bella figura, c’è da stare poco allegri! Senza fare di tutta l’erba un fascio, credo che le persone si manifestino con l’«io» che guarda all’esterno, piuttosto che con l’«Io» che guarda all’interno. E così, quando giudichiamo lo facciamo con l’«io», poiché l’«Io» lascia liberi di esistere e di scegliere.In ogni caso, l’«Io» non ha alcuna necessità di apparire, e quando c’è, è invisibile!
Post N° 7
Ci sono «io» ed «Io»Sono stato un po’ a giro per blog. io.......Ho notato come il termine «io» sia tra le parole più usate, anzi abusate. Questo «io» «io» «io» spadroneggia alla grande, e quasi sempre per sottolineare quanto siamo buoni e quanto siamo bravi. Trovo che sia un grande controsenso farsi sfuggire dal controllo della mente e dei sensi quell'«io» che è parente stretto dell'Ego per recitare la parte dell'altruista. Pensiamo, forse, di accaparrarci così una posizione migliore di quella che ci meritiamo nel palcoscenico del quotidiano vivere. Il più delle volte, quell’«io», vuole auto-celebrarsi. E questo «io» - ho notato inoltre - spesso è usato come battistrada per giudicare. Ma poi, chi è quell’«io» che scrive dietro il monitor? E’ l’«io» madre, figlio, fratello, bigliettaio o professore, con cui ci rivolgiamo al mondo? O è l’«Io» che nulla ha a che vedere con quei ruoli? che non nasce e non muore? che non ha un’identità con cui far valere, a tutti i costi, la sua storia e la sua importanza personale?Se è come penso l’estensione dell’«io» che ciascuno porta a giro nella società come se la strada fosse una passerella in cui indossare e mostrare una bella figura, c’è da stare poco allegri! Senza fare di tutta l’erba un fascio, credo che le persone si manifestino con l’«io» che guarda all’esterno, piuttosto che con l’«Io» che guarda all’interno. E così, quando giudichiamo lo facciamo con l’«io», poiché l’«Io» lascia liberi di esistere e di scegliere.In ogni caso, l’«Io» non ha alcuna necessità di apparire, e quando c’è, è invisibile!