Cast:Steve Carell, Toni Collette, Greg Kinnear, Alissa Anderegg, Alan Arkin, Cassandra Ashe, Abigail Breslin, Paul DanoTrama: Una famiglia modesta, senza tante aspirazioni, é determinata a far partecipare la figlia ad un concorso di bellezza che si terrà in California. Decidono così di partire tutti insieme col loro vecchio furgone VW.Ecco un esempio di come il cinema a volte non lo si guardi, ma lo si viva. Stare fermo durante la visione è praticamente impossibile: vuoi applaudire durante tutta l’ultima sequenza finale, in cui una paffuta bambina di sette anni si discosta dal coro di bimbe cotonate e già anoressiche e fa un numero di danza spassoso e con personalità; vuoi trattenere le lacrime quando scopri che al mondo qualcuno può desiderare per se stesso la morte, non trovando altra scelta, ma soprattutto vuoi alzarti da quella dannata poltrona ed aiutare la famiglia Hoover a spingere quel buffo furgoncino giallo dalla frizione impigliata per farli partire. Eh si, perché ogni spinta, ogni rincorsa verso quel portellone aperto, rappresenta un tentativo di non mollare, la voglia di riuscire a farcela a tutti i costi e di portare a termine la missione: accompagnare la piccola Olive (Abigail Breslin )in California per farla partecipare al concorso di Miss Piccola California. E durante questo viaggio, ogni sosta o episodio che accadrà sarà uno schiaffo morale all’America dei concorsi di bellezza e delle false illusioni, al mito dell’essere vincente a tutti i costi, nonché un inno alla diversità, scostando per sempre l’equivalenza che diversità sia sinonimo di sofferenza o infelicità; e la magistrale sequenza finale è il concept di tutto il film: ogni risata di Toni Collette è un pezzo di muro che cade e lascia al posto alla gioia di essere fino in fondo sé stessi, fregandosi di chi detta dogmi o stereotipi sciocchi ed inutili. E allora che vadano al diavolo le varie Dakota Fanning, vittime di una società che crea bambine bellissime ma anonime, vuote e senza alcuna personalità, e ben vengano le Abigail Breslin, i cui denti a castorino, i buffi occhialini, e la pancetta di chi giustamente a sette anni va pazza per il gelato la rendono sì imperfetta, ma almeno umana; ma al diavolo anche chi pretende che al mondo tutti debbano essere uguali, creati con lo stampino e avere il sorriso perenne impresso sul volto, e ben vengano i periodi tristi, duri, sofferti perché è da questi che ci si accorge che siamo vivi e che proviamo emozioni. E allora forza, saltate su a questo furgoncino e iniziate a vivere, a divertirvi e a fregarvene di tutti i cliché che ci impongono: assaporiamo tutti i gusti di gelato, assaporiamo la nostra vita.
LITTLE MISS SUNSHINE di J.Dayton, V. Faris
Cast:Steve Carell, Toni Collette, Greg Kinnear, Alissa Anderegg, Alan Arkin, Cassandra Ashe, Abigail Breslin, Paul DanoTrama: Una famiglia modesta, senza tante aspirazioni, é determinata a far partecipare la figlia ad un concorso di bellezza che si terrà in California. Decidono così di partire tutti insieme col loro vecchio furgone VW.Ecco un esempio di come il cinema a volte non lo si guardi, ma lo si viva. Stare fermo durante la visione è praticamente impossibile: vuoi applaudire durante tutta l’ultima sequenza finale, in cui una paffuta bambina di sette anni si discosta dal coro di bimbe cotonate e già anoressiche e fa un numero di danza spassoso e con personalità; vuoi trattenere le lacrime quando scopri che al mondo qualcuno può desiderare per se stesso la morte, non trovando altra scelta, ma soprattutto vuoi alzarti da quella dannata poltrona ed aiutare la famiglia Hoover a spingere quel buffo furgoncino giallo dalla frizione impigliata per farli partire. Eh si, perché ogni spinta, ogni rincorsa verso quel portellone aperto, rappresenta un tentativo di non mollare, la voglia di riuscire a farcela a tutti i costi e di portare a termine la missione: accompagnare la piccola Olive (Abigail Breslin )in California per farla partecipare al concorso di Miss Piccola California. E durante questo viaggio, ogni sosta o episodio che accadrà sarà uno schiaffo morale all’America dei concorsi di bellezza e delle false illusioni, al mito dell’essere vincente a tutti i costi, nonché un inno alla diversità, scostando per sempre l’equivalenza che diversità sia sinonimo di sofferenza o infelicità; e la magistrale sequenza finale è il concept di tutto il film: ogni risata di Toni Collette è un pezzo di muro che cade e lascia al posto alla gioia di essere fino in fondo sé stessi, fregandosi di chi detta dogmi o stereotipi sciocchi ed inutili. E allora che vadano al diavolo le varie Dakota Fanning, vittime di una società che crea bambine bellissime ma anonime, vuote e senza alcuna personalità, e ben vengano le Abigail Breslin, i cui denti a castorino, i buffi occhialini, e la pancetta di chi giustamente a sette anni va pazza per il gelato la rendono sì imperfetta, ma almeno umana; ma al diavolo anche chi pretende che al mondo tutti debbano essere uguali, creati con lo stampino e avere il sorriso perenne impresso sul volto, e ben vengano i periodi tristi, duri, sofferti perché è da questi che ci si accorge che siamo vivi e che proviamo emozioni. E allora forza, saltate su a questo furgoncino e iniziate a vivere, a divertirvi e a fregarvene di tutti i cliché che ci impongono: assaporiamo tutti i gusti di gelato, assaporiamo la nostra vita.