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Cast:Cate Blanchett, Judi Dench, Bill Nighy, Andrew Simpson, Joanna Scanlan, Philip Scott
Trama: Nella scuola di St. George, c'é una nuova professoressa, Sheba Hart. La donna stringe amicizia con una sua collega più anziana, Barbara Covett, arrivando a confidargli anche i suoi segreti più nascosti, come la sua relazione con uno studente. Ma quella che lei pensa essere un'amica ne approfitterà per dare sfogo alla sua gelosia. Minacciando di raccontare il suo segreto sia al marito che pubblicamente, Barbara, cercherà di tenere sotto controllo la vita di Sheba
Peccato, un vero peccato. Eh si, perché visto i grandi nomi presenti in questa piccola produzione l’impressione che si ha uscendo dalla sala è quella dell’occasione sprecata; per carità, non è né brutto nè da buttare e si lascia tranquillamente vedere ma non ti scuote, non ti fa stringere lo stomaco ne provare compassione, odio o tenerezza per le due protagoniste: Judi Dench disegna un personaggio deviato, morboso e squilibrato che trova nel suo diario l’unico vero confidente e amico che non l’ha mai tradita (il film è raccontato con la costante della voce off della stessa Dench, che qui diventa voce narrante senza però appesantire la struttura): ad ogni occhiata, ad ogni tiro di sigaretta si ha quasi l’impressione di rivedere la meravigliosa Bette Davis di Baby Jane, ma poi l’illusione decade, demerito sia della regia troppo anonima e impersonale di Richard Eyre, che innervosisce e delude per la scelta di non osare e di rendere troppo stereotipato un contesto così tremendamente affascinate e subdolo (Perché ostinarsi all’uso di ostici C/CC quando si ha a disposizione due leonesse del grande schermo come la Dench e la Blanchett da usare nella stessa inquadratura?..E non è un caso che nel momento in cui finalmente si decide di raccontare attraverso dettagli il film decolla paurosamente, ma purtroppo sembrano scelte occasionali), sia delle due sceneggiature, quella verbale di Patrick Marber (già autore di Closer), che, sebbene abbia il merito di rappresentare in modo egregio la struttura diaristica del film, pecca di dare troppa enfasi a situazioni già deviate di loro e quella musicale di Philiph Glass, qui confuso e autore di un autoplagio, anch’egli troppo occupato a esagerare nel dosare i suoi violini solitamente malinconici per accorgersi di aver oltrepassato il limite del sopportabile.
Fortunatamente queste pecche vengono equilibrate dalla Dench e da una Blanchett, oltre che sublime nella sua interpretazione, mai così bella e diafana, capace di ipnotizzare lo spettatore in sequenze che altrimenti avrebbero solo fatto distorcere il naso.
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