Bianconeri siamo noi

I presunti arbitri amici


Da TuttosportIl campionato sot­to accusa, quello della sta­gione 2004- 2005, può essere sottoposto a diverse chiavi di lettura. Quella che andrebbe considerata per prima, cioè una lettura tecnica, è scivo­lata purtroppo in ultimissi­ma posizione da quando so­no divenuti di dominio pub­blico i testi delle intercetta­zioni telefoniche sui quali i giudici della procura napole­tana hanno basato le loro in­dagini. Non più cronaca sportiva, ma giudiziaria. La chiave di lettura ora è obbli­gata. Perché il campionato 2004- 2005, vinto dalla Juve, sarebbe stato in realtà ma­novrato, condizionato, arte­fatto. Dagli arbitri. A loro volta influenzati, orientati, guidati dall’organizzazione che - sempre in base alle ipo­tesi di reato delineate della Procura napoletana - faceva capo a Luciano Moggi. Qual­cosa di più della rinomata « sudditanza psicologica » da sempre chiamata in ballo per definire i ricorrenti favo­ri arbitrali pro Juve. Anzi, una sudditanza portata alle estreme conseguenze e - quel che più è grave - indotta da comportamenti del tutto estranei all’etica sportiva. Un meccanismo consolidato: le pressioni sui designatori producevano a cascata pres­sioni sui direttori di gara. Gli arbitri al centro di tutto, insomma.Fine intuizione, quella di Moggi. Capire che l’arbitro, una volta fatto entrare nel giro del grande calcio, perde automaticamente la sua au­tonomia, la sua libertà. Di­venta suscettibile al potere. E non è necessario, perché questo accada, corrompere ogni singolo direttore di ga­ra. No: è sufficiente lavorare sui vertici. Due designatori invece di uno, per dissimula­re imparzialità, per far finta di accontentare le diverse correnti. Due designatori strapagati, quasi a livello dei migliori allenatori. Strapa­gati e perciò - almeno incon­sciamente - riconoscenti al sistema che li ha voluti las­sù, destinati ad essere sem­pre in debito con chi li ha scelti. A tal punto da non po­tersi permettere di attaccare il telefono di fronte a certi suggerimenti, se non addi­rittura a certi ordini. Un meccanismo a catena. Un si­stema corrotto dalla freneti­ca aspirazione alla fama, al denaro e ai privilegi, che ca­ratterizza il mondo del cal­cio. Specchio della realtà so­ciale italiana, certo. Comun­que efficace, stando al succo delle intercettazioni di cui sopra.Se però l’assioma deve es­sere: arbitri compiacenti uguale Juve spinta in classi­fica, allora qualcosa non tor­na. Nel senso che la morale delle cifre, la sostanza dei ri­sultati, non combacia esat­tamente con la teoria che ha ispirato fin qui il lavoro del­la Magistratura. Nessuna prova a discarico, ci manche­rebbe. Siamo su piani di­stanti, molto distanti. Sem­plicemente, il linguaggio del­le statistiche sembra mette­re tutti sullo stesso piano, gli arbitri presunti amici e quel­li presunti indifferenti, o me­glio corretti. E se non dimo­stra che la sudditanza non esiste, se non altro non met­te in luce una particolare compiacenza.Prendiamo il caso di Mas­simoDe Santis, esempio vi­vente di un certo andazzo del calcio. Bastava avere una minima conoscenza del set­tore per sapere che non si trattava di sicuro del miglior arbitro nazionale, come la convocazione Fifa ai Mon­diali ( ispirata evidentemen­te dal sistema italiano) vole­va invece dimostrare. Una preparazione atletica all’al­tezza, probabilmente, ma ca­pacità tecniche al di sotto dell’eccellenza. De Santis, a quanto pare, incarnava idealmente l’arbitro giusto per il calcio ricco ( per pochi) e votato alle logiche di pote­re. Incurante degli errori grossolani come quel gol an­nullato a Fabio Cannavaroa Torino, quando il difensore vestiva la maglia del Parma. Attento ai dettagli del pote­re ( come dimostra la storia della muta di maglie ottenu­ta quale cadeau dalla squa­dra di riferimento, vedere in­tercettazioni), capace di re­sistere ad attacchi tremendi, a polemiche in grado di an­nientare chiunque.D’accordo, però il bilancio delle partite della Juve arbi­trate da De Santis nella sta­gione 2004- 2005 non denota una particolare aderenza al­la presunta cupola moggia­na. L’arbitro di Tivoli l’anno scorso ha concluso il ciclo bianconero dirigendo ( il 20 agosto 2005) la Supercoppa italiana disputata a Torino e assegnata all’Inter grazie al gol di Veron nei supplemen­tari e dopo l’annullamento di una rete segnata da Treze­guet( per fuorigioco) ma ap­parsa valida. Durante il pre­cedente campionato aveva incontrato la Juve in 5 occa­sioni, registrando sul suo taccuino questi risultati: vit­torie dei bianconeri contro Atalanta ( 2- 0) e Lecce ( 1- 0), pareggio con il Parma ( 1- 1) e sconfitte con Palermo ( 0- 1) e ancora Inter ( 0- 1). In totale, contando anche la gara di Supercoppa, 7 punti conqui­stati dalla Juve su 18 dispo­nibili.Un dato che, curiosamen­te, contrasta con il bilancio delle partite invece dirette da Pierluigi Collina. Perché in questo caso la Juve ha vinto di più ma l’arbitro in questione non è mai stato considerato vicino all’in­fluenza di Moggi, anzi, in di­verse occasioni apertamente criticato dal club bianconero sotto la gestione della Tria­de. Eppure con Collina la Ju­ve - sempre nella stagione 2004- 2005 - ha battuto la Roma ( 2- 0), l’Atalanta ( 2- 1), il Siena ( 3- 0) e il Milan ( 1- 0) a San Siro nella partita che assegnato ai bianconeri lo scudetto, mentre l’unico pa­reggio è stato registrato nel­la trasferta di Firenze ( 3- 3). In totale 13 punti alla Juve su 15 disponibili.Qualcuno obietterà che so­no dati che non significano nulla. E così affermando avrà tolto credibilità alla teoria degli arbitri affiliati, o almeno al teorema delle vittorie telecomandate. Ti­rando le somme, consideran­do anche le due partite di Coppa Italia contro l’Atalan­ta ( alla larga da altri poten­ziali scandali, vedi calcio­scommesse), dividendo gli arbitri della stagione cosid­detta taroccata in arbitri amici della Juve e arbitri equidistanti, ne esce un qua­dro di sostanziale parità. La squadra composta dal capo­fila De Santis più Bertini, Dondarini ( già, il « Donda » ) ,Racalbuto ( non proprio un fuoriclasse del fischietto),Rodomonti, Pieri, Trefolo­ni( lui ligio alla sudditanza anche nei numeri: 4 vittorie su 4), Farina e Ayroldi to­talizza 51 punti su 81 per una percentuale di adattabi­lità al progetto Moggi pari al 71 per cento. La risicata for­mazione degli arbitri fedeli al proprio mandato, compo­sta dall’asso Collina ( grande personalità più che destrez­za nella valutazione dei fal­li), il povero Paparesta, Messina, Banti e Bergonzimette invece a segno 29 pun­ti bianconeri sui 42 a dispo­sizione. Vale a dire, in termi­ni di incidenza, il 70 per cen­to.Non si notano sperequa­zioni. Non si vedono fatti ta­li da dimostrare la colpevo­lezza di qualcuno o l’inno­cenza di altri. A meno che Moggi non sia stato così abi­le da confondere le acque an­che in questo caso...Nella squadra dei “fischietti” favorevoli alla società bianconera anche Bertini, Dondarini, Rodomonti e Racalbuto: si sono dimostrati fedeli alla linea al 71 per cento Risulta di poco inferiore l’incidenza degli arbitra