«Il -30 alla società è un’ingiustiziaIo uscirò presto sulle mie gambe»Tratto da La StampaTORINO. «Non vedo l’ora di uscire dall’ospedale e di camminare sulle mie gambe: voglio tornare autonomo». A guardarlo in viso non diresti mai che ha fatto il volo che ha fatto. Non una ferita, non un livido. Rasato di fresco, occhiali stretti con la montatura azzurra, sorriso gentile e voce squillante di chi non sembra essere rimasto muto tre settimane, quando ancora per vivere aveva bisogno di respirare attaccato a una macchina. Gianluca Pessotto chiacchiera con tranquillità, nel box numero sei del reparto di Rianimazione delle «Molinette». E mentre parla tiene le mani sulla gabbia che gli protegge il bacino. Forse per l’imbarazzo, forse più semplicemente non sa dove metterle. E intanto guarda il primario della Rianimazione, Pier Paolo Donadio, dritto negli occhi. Si fida di lui e accetta di rispondere alle domande che gli abbiamo chiesto di porgli.C’è un ma imposto però dagli psichiatri dell’ospedale: nessun accenno al tentato suicidio, neppure all’«incidente», come crede Gianluca. Vietata anche qualsiasi allusione a sentimenti o emozioni che potrebbero turbare il suo equilibrio. Non che ci volesse quest’aut aut, era scontato che non spetta a noi svegliare l’ex terzino della Juventus da quel torpore che annebbia la sua voglia di farla finita, buttandosi dal tetto della sede della squadra. Gianluca ha già vinto la battaglia contro la morte, ma ha appena iniziato quella per imparare a volersi più bene.Sui cancelli dell’ospedale ci sono ancora molti striscioni di ultras e gente comune. Sono sbiaditi dal sole, ma reggono ancora. Si aspettava tanto sostegno?«No, non me lo aspettavo, e mi ha fatto molto piacere. Una dimostrazione incredibile, che in un momento così è importante, anche se io non ho visto nulla e tutto mi è stato raccontato. Mi fa piacere che ci sia stata tanta solidarietà anche da gente che non ama particolarmente il calcio».Durante la marcia per la Juventus, una delegazione è venuta fin qui a tifare per lei. Lo sapeva?«Sì, me l’hanno riferito. La cosa più importante però l’hanno fatta per la Juventus, che ha bisogno dei tifosi, di gente attaccata ai suoi colori e alla maglia. La loro spedizione per me non può che rendermi felice, ma la dimostrazione di affetto più importante l’hanno data nei confronti della squadra, che in questo momento ne ha bisogno».Le sue figlie, Federica e Benedetta, sono state felicissime di averla rivista. Cosa ha pensato appena sono entrate nella sua stanza?«La loro felicità è stata la mia felicità. Ero preoccupato per loro, perché mi avrebbero visto a letto, qui. Ma sono state istruite e preparate molto bene all’incontro, e la gioia di rivederle è diventata maggiore della preoccupazione, ed è stato per me un momento di vera felicità, anche perché loro, prima, potevano pensare qualsiasi cosa, e dopo che mi hanno visto non hanno più avuto paura».Durante i Mondiali le hanno dedicato prima i gol, e poi la vittoria. È contento per questi segni di profonda amicizia?«I miei compagni si sono dimostrati molto teneri con me, e poi sono anche venuti a trovarmi e ne sono stato felice. Mi ha fatto anche piacere che la mia situazione abbia rappresentato per loro un elemento di coesione e una motivazione in più».Quando ha visto la coppa del mondo ha creduto che non fosse vera? Le era stato proibito toccarla, per il rischio infezioni, eppure lei lo ha fatto lo stesso. «Sì, solo toccandola ci ho creduto. Solo toccandola ci si rende conto di che cos’è: è un sogno toccarla, anche solo per una volta, e per me, sia pure in questa occasione, è stata una grandissima gioia. Non ho vinto la coppa del mondo, sogno di tutti calciatori, ma toccarla mi ha fatto venire i brividi».I dirigenti e i compagni della Juve l’aspettano. Come valuta il declassamento della squadra in serie B a meno 30? Pensa che riuscirete ad avere uno sconto sui punti?«Me lo auguro proprio. Penso che questa sia una penalizzazione eccessiva, che va oltre i demeriti della società».I medici che l’hanno salvata dicono che ha molto contribuito il suo ottimo fisico di atleta: cosa sogna di fare quando uscirà?«Senza il grande lavoro dei medici, il mio fisico sarebbe servito a ben poco. Comunque per ora non ho grandi progetti, aspetto solo di uscire. Ho tanta voglia di abbracciare la mia famiglia: li vedo tutti i giorni, ma non posso stringerli a me. E poi, a dire la verità, ho tanta voglia di camminare. I medici e gli infermieri sono stupendi, ma io dipendo in tutto per tutto da loro. Spero che finisca presto».
PARLA IL PESSO
«Il -30 alla società è un’ingiustiziaIo uscirò presto sulle mie gambe»Tratto da La StampaTORINO. «Non vedo l’ora di uscire dall’ospedale e di camminare sulle mie gambe: voglio tornare autonomo». A guardarlo in viso non diresti mai che ha fatto il volo che ha fatto. Non una ferita, non un livido. Rasato di fresco, occhiali stretti con la montatura azzurra, sorriso gentile e voce squillante di chi non sembra essere rimasto muto tre settimane, quando ancora per vivere aveva bisogno di respirare attaccato a una macchina. Gianluca Pessotto chiacchiera con tranquillità, nel box numero sei del reparto di Rianimazione delle «Molinette». E mentre parla tiene le mani sulla gabbia che gli protegge il bacino. Forse per l’imbarazzo, forse più semplicemente non sa dove metterle. E intanto guarda il primario della Rianimazione, Pier Paolo Donadio, dritto negli occhi. Si fida di lui e accetta di rispondere alle domande che gli abbiamo chiesto di porgli.C’è un ma imposto però dagli psichiatri dell’ospedale: nessun accenno al tentato suicidio, neppure all’«incidente», come crede Gianluca. Vietata anche qualsiasi allusione a sentimenti o emozioni che potrebbero turbare il suo equilibrio. Non che ci volesse quest’aut aut, era scontato che non spetta a noi svegliare l’ex terzino della Juventus da quel torpore che annebbia la sua voglia di farla finita, buttandosi dal tetto della sede della squadra. Gianluca ha già vinto la battaglia contro la morte, ma ha appena iniziato quella per imparare a volersi più bene.Sui cancelli dell’ospedale ci sono ancora molti striscioni di ultras e gente comune. Sono sbiaditi dal sole, ma reggono ancora. Si aspettava tanto sostegno?«No, non me lo aspettavo, e mi ha fatto molto piacere. Una dimostrazione incredibile, che in un momento così è importante, anche se io non ho visto nulla e tutto mi è stato raccontato. Mi fa piacere che ci sia stata tanta solidarietà anche da gente che non ama particolarmente il calcio».Durante la marcia per la Juventus, una delegazione è venuta fin qui a tifare per lei. Lo sapeva?«Sì, me l’hanno riferito. La cosa più importante però l’hanno fatta per la Juventus, che ha bisogno dei tifosi, di gente attaccata ai suoi colori e alla maglia. La loro spedizione per me non può che rendermi felice, ma la dimostrazione di affetto più importante l’hanno data nei confronti della squadra, che in questo momento ne ha bisogno».Le sue figlie, Federica e Benedetta, sono state felicissime di averla rivista. Cosa ha pensato appena sono entrate nella sua stanza?«La loro felicità è stata la mia felicità. Ero preoccupato per loro, perché mi avrebbero visto a letto, qui. Ma sono state istruite e preparate molto bene all’incontro, e la gioia di rivederle è diventata maggiore della preoccupazione, ed è stato per me un momento di vera felicità, anche perché loro, prima, potevano pensare qualsiasi cosa, e dopo che mi hanno visto non hanno più avuto paura».Durante i Mondiali le hanno dedicato prima i gol, e poi la vittoria. È contento per questi segni di profonda amicizia?«I miei compagni si sono dimostrati molto teneri con me, e poi sono anche venuti a trovarmi e ne sono stato felice. Mi ha fatto anche piacere che la mia situazione abbia rappresentato per loro un elemento di coesione e una motivazione in più».Quando ha visto la coppa del mondo ha creduto che non fosse vera? Le era stato proibito toccarla, per il rischio infezioni, eppure lei lo ha fatto lo stesso. «Sì, solo toccandola ci ho creduto. Solo toccandola ci si rende conto di che cos’è: è un sogno toccarla, anche solo per una volta, e per me, sia pure in questa occasione, è stata una grandissima gioia. Non ho vinto la coppa del mondo, sogno di tutti calciatori, ma toccarla mi ha fatto venire i brividi».I dirigenti e i compagni della Juve l’aspettano. Come valuta il declassamento della squadra in serie B a meno 30? Pensa che riuscirete ad avere uno sconto sui punti?«Me lo auguro proprio. Penso che questa sia una penalizzazione eccessiva, che va oltre i demeriti della società».I medici che l’hanno salvata dicono che ha molto contribuito il suo ottimo fisico di atleta: cosa sogna di fare quando uscirà?«Senza il grande lavoro dei medici, il mio fisico sarebbe servito a ben poco. Comunque per ora non ho grandi progetti, aspetto solo di uscire. Ho tanta voglia di abbracciare la mia famiglia: li vedo tutti i giorni, ma non posso stringerli a me. E poi, a dire la verità, ho tanta voglia di camminare. I medici e gli infermieri sono stupendi, ma io dipendo in tutto per tutto da loro. Spero che finisca presto».