UNDATED BAR

CRONACHE- Diacronia in un giorno


Piedi a rovesciaStanotte lui mi aspetta Prendo un martiniBianco liscio Non so se ci vadoQuesto locale è vuotoSi può fumare senza aspettare che chiudano le serrandeProibizionismo e guerraScrollo la cenere in una ciotola di ceramica laccata bluIl tacco mi scivola dallo sgabelloDondolo mollemente la gamba L’accavallo sull’altraOra dovrebbe stare ferma per un altro poLa gonna mi comprime la carneChissà se in città mettono il coprifuocoCamminare per le strade deserteL’umidità che entra dalla lana del cappottoRaffredda la camicettaIl rumore dei tacchi che ti segueSordo rumore tra i ciotoliMorbida tra le pietreNemmeno un soffio d’ariaSuona il mio pensiero veloce e fermoPensiero dei pensieri bianco e cavo Quando sono tutti assieme ronzare flebile e dritto Pace che il cuore assale animale Mi sento un po’ disturbata stanotteCon lui non si mostrano debolezzeLui non lo vuoleIo non lo voglioNon servePrendo la chiave magnetica dalla portineriaIl letto è amplio La doccia L’acqua scroscia da dietro alla portaDa dietro la finestraAl di là delle pareti La pioggia Una diga nel fiume che non si fermaLa sua onda e il mio scorrere immobileSono un oggetto tra gli oggettiE’ delirio di onnipotenza cercare una soluzioneUn paio di scarpe sulla moquetteUna borsa disfattaNon sa che io ci sonoSeduta silenziosa al buioUn lume rosso di sigarettaUn odore acre di tabaccoStanotte Chopin e la luna E il cielo che si appoggia sui miei capelliSulla mia volontà Trivellata cava d’argentoVite pagate da Dio Si aggirano nel cuore della pietraMinatori con falci e dinamite Non possiedono nulla per non essere possedutiEssere un vecchioImbarcarsi in una nave merciCon un soffio d’Ercole sulle mani Melograni d’ottobre e Novecento colto Giorni anni di rose ormai mature tra dita Dall’Olimpo cadono fiori che puzzano morte Sul letto in cotoneAffondataAncora un bacio l’universale mesce E il respiro divide le salive Calde acque amnioticheSugli ombrelli della cittàStivali in pozze sporche indicano le direzioniMi scusi signora, non l’avevo vistaCon l’ombrello non si vede nullaMi scrollo la spalla dal contatto improvvisoSgradevole senso dell’altroQuando riguardo la strada sono nel posto sbagliatoNon so che ore sianoIl cielo d’autunno è grigio tutto il giornoContinuo a camminareNon dovevo andare in nessun postoNessuno mi sta aspettandoQuando sarò stanca mi fermeròIl ritmo dell’orologioDieci secondi ogni minutoDodici volte cinque minuti ogni oraSei volte dieci minuti ogni oraUn quarto di oraUn quarto di oraUn quarto di oraUn quarto di oraVentiquattro ore che si inseguonoOgni giornoTutti i giorniL’orologio ticchetta nelle testeCon i muri e i vicoli che da secoli nello stesso giorno ci deridonoMi chiedo dove cazzo corrono Perché cazzo raggiungono il tempoLo inghiottono famelici di arrivare alla sua finePerché il tempo per voi ha una fineE io lenta nel passaggioFerma da secoli tra i vostri passiSfuggo agli occhi come un alone Ho deciso di vivere un giorno soloCome i muri e i vicoliCome il mio posacenere pieno di sigaretteVicino al portatile apertoNon ho fretta di arrivare alla fineMi puoi ascoltare nella pausa di una voceTra un battito di mani a teatroMi puoi vedere piegata sul tuo viso prima di chiudere gli occhi Mi puoi vedere se cammini osservando il corso di luce sull’asfaltoMi puoi vedere quando ti siedi in silenzio nella tua stanza Sono nella prima e ultima pagina di ogni libro, bianca attaccata al cartoncinoSono registrata in ogni concerto, sospesa tra il play e l’overtureSono qua ora tra le lettere e intorno alle lettereLe mie mani sui tasti stanno per fermarsiE il vostro sguardo scorrerà nel labirinto alfabeticoPer cercarmi un’ultima volta.