UNDATED BAR

Messaggio (da leggere solo a chi frega qualcosa)


Oggi ho deciso un’insolito approccio al mio blog, normalmente non lascio molto spazio ai commenti, per questo naturalmente mi ritengo in difetto ma un certo individualismo e a dire il vero anche una certa misoginia me lo impediscono. Questo messaggio sarà così dedicato alla risposta di un commento. Mi sono chiesta più di una volta se e quanto poteva arrivare delle afasie scritte fino ad ora -surreali cut up di visioni, intensioni ed eventi-, ieri ho avuto una reazione precisa e sintomatologica. Pubblico dunque una possibile lettura dell’alfasia n.016, Ugola salata, dando la chiave di alcuni dei suoi simboli.In questa alfasia mi sento per metà discolpata visto che ho onestamente avvisato nel suo interno dell’uso di  un certo flusso, con un riferimento a Proust e al ricordo, il suo simbolo è la magdalene…splaschhh tutto liquefatto nelle acque calde e profumate della memoria. In alfasia 016 ho scritto sulle Parole dette, sul loro ricordo puro e slegato dall’evento scatenante, sul loro continuo orbitare nella mente. Le parole si appoggiano anno dopo anno sulla testa, come un velo la coprono, salificandosi, diventando cristalli paralizzanti. A volte non le si assorbono subito, diventano il velo nero di una vergine. Parole pesanti, dense come pece penetrano nelle orecchie, si fermano, si addormentano in un cono incosciente. La forma rotonda di un passaggio. Ogni giorno cercano di penetrare nel corpo silenzioso toccando, invadendo come mani sessuali lo spazio sacro dell'intima chiusura. Poi colano nella testa, al suo interno, la superficie pungente si può schiudere dopo molti anni, il gas velenoso, solforoso, inizia a invadere il pensiero. Slegate dal tempo alle azioni, diventano parole irreali e postume,  escono da un alito riscaldato, nero e rabbioso; e rimangono come pietre stellari, lontane, raccolte in tempi.  Immagini che arrivano dalle pupille otturate, immagini senza forma e colore. Una sottile membrana le avvolge, ne comprime il succo mantenendole in vita, una bolla di sapone che inizia la sua orbita vacua di pianeta senza spazio della memoria. Sfere di vetro che nemmeno una punta pura di diamante o uno spaccaghiaccio con la punta di specchio, te stesso contro te stesso, riescono a rompere. E allora ogni giorno le porti a passeggio, sotto braccio, le ricopri d’argento come idoli del tempo, le coltivi come le rose gioiello di una serra artificiale; e ogni sera le riponi in un portauova, bianco come una corsia d’ospedale. Al mattino le tue pillole della memoria e dell’oblio sono pronte per essere nuovamente ingerite.N.b. Le alfasie sono poesie in cui regna il simbolo e il surreale nel libero vagare del pensiero, solo nelle Cronache e negli Psicodrammi affermo l'uso del proustismo fondendo momenti in atto e momenti della memoria, usando un presente assoluto estraneo al ritmo cronologico della narrazione (ad es. Diacronia in un giorno)