PENNY_BLOG

Il blog visto da un giornalista


Un blog può essere una cosa e l’altra. Se faccio un post sull’ultimo film che ho visto, può essere benissimo blogging personale. Non sono stimato critico cinematografico. Influenzo il giudizio solo degli amici, così come farei se ne parlassi al telefono. Ma se lo fa Lietta Tornabuoni, è inevitabile che la gente generalizzi e metta quel post al livello di un pezzo sull’espresso, quanto ad autorevolezza, perché è sempre la stessa persona che parla, sebbene su due media diversi. O credete che se Lietta scrive “Shrek fa schifo” sul proprio ipotetico blog, chi lo legge le dia meno retta che se lo legge in un suo articolo sull’espresso?
 Sarebbe schizofrenia.Allo stesso modo, se faccio un post su Telecom, la gente lo considera alla stregua di un articolo, per quanto questa idea mi trovi contrariato. Allora, ahimé, devo essere responsabile. Devo togliermi la maschera del diario personale, che fa ridere i polli. Bisogna allora introdurre alcune regole che sono del giornalismo, della sua deontologia professionale. Che vanno seguite se si parla di cose per cui si è opinion maker. Una questione di coscienza. Ovvio, il blog non dat panem e allora una certa sciattezza deve essere tollerata, perché qui si scrive nei ritagli di tempo. Ma la leggerezza nei giudizi (su temi dove facciamo opinione, bene inteso) non può essere accettata. Perché si parla a una platea di centinaia di persone, di cui non si conoscono le facce, non a un gruppo di amici: come può essere considerata “personale” questa attività? Allora se scrivo una notizia non verificata devo dire che non è verificata, avvertire. Manca una blogtiquette o non è applicata, perché il fenomeno che vede i blogging “fare opinione” è piuttosto recente. Laddove invece noi giornalisti abbiamo la deontologia. Intendiamoci, non sto in questo modo proponendo una sovrapposizione di ruoli tra blogging e giornalismo tradizionale.
So bene che sono cose diverse. Ma la coscienza, la scrupolosità nella verifica, quando si esprimono giudizi tali da influenzare la platea deve esserci in entrambi i casi. E’ una questione etica.Dal blog di Alessandro LongoProfessione: Giornalista