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ARTE ,CULTURA E MUSICA

 

 

EUGENIO OGIN

Post n°95 pubblicato il 23 Marzo 2015 da blotex2014_20140

Eugenio Onegin


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AutoreAleksandr Puškin


1ª ed. originale1825
Generepoema
Sottogenereromanzo in versi
Lingua originalerusso
Eugenio Onegin[1] (Евгений Онегин) è un romanzo in versi[2] di Aleksandr Puškin, da cui Čajkovskij trasse l'omonima opera lirica.

In questo poema sono rintracciabili i sentimenti, gli stati d'animo, i pensieri e gli atteggiamenti di Puškin di fronte agli eventi della vita. La sua composizione durò quasi otto anni ed il critico Belinskij scrisse che questa è l'opera più intima del poeta essendo qui presenti il suo amore, i suoi sentimenti e i suoi ideali.[3]

L'opera è composta da 389 stanze in tetrametri giambici con l'inusuale schema "AbAbCCddEffEgg", inventato appositamente per quest'opera dall'autore, per un totale di 5446 versi.


Tatiana, illustrazione di Elena Samokysh-Sudovskaya. 1900-1904

Eugenio Onegin è il nome del personaggio principale della storia: è un giovane dandy ozioso, già disilluso dalla vita e che sembra aver già provato tutto quello che gli era possibile, provando un certo spleen. Si ritira in campagna e diventa amico di un giovane poeta, Vladimir Lenskij. Questi è innamorato di Olga con cui si è appena fidanzato. La sorella di Olga, Tatiana, si innamora a prima vista di Onegin. Ardendo di questo amore, ella gli scrive una lettera infiammata, ma Onegin la respinge.

Qualche tempo dopo, Lenskij insiste perché il suo amico assista al ballo in occasione dell'onomastico di Tatiana. Onegin, scontento e annoiato, decide di vendicarsi provando a sedurre Olga che sta al gioco, con grande dispiacere di Lenskij che sentendosi tradito chiede riparazione con un duello.

Il duello con le pistole si svolge il giorno dopo all'alba. Il destino vuole che Onegin uccida il suo amico trovandosi costretto a lasciare la città.

Alcuni anni dopo Onegin incontra per caso un suo cugino principe e generale e lo invita a un ricevimento. Vi ritrova Tatiana che ha sposato il principe. Ella è molto cambiata e la sua bellezza provoca molti rimpianti a Onegin che si rende conto dell'errore commesso tempo prima rifiutandola. Le confessa il suo amore, ma è troppo tardi: Tatiana preferisce restare fedele a suo marito, anche se il suo amore per Onegin è ancora vivo.

 
 
 

PUSKIN A.S.

Post n°94 pubblicato il 23 Marzo 2015 da blotex2014_20140

Aleksandr Sergeevič Puškin
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Aleksandr Sergeevič Puškin (in russo: Александр Сергеевич Пушкин?, /ɐlʲɪˈksandr sʲɪˈrɡʲejevʲɪtɕ ˈpuʃkʲɪn/ ascolta[?·info]; Mosca, 6 giugno 1799, 26 maggio del calendario giuliano[1] - San Pietroburgo, 10 febbraio 1837, 27 gennaio del calendario giuliano[2]) è stato un poeta, saggista, scrittore e drammaturgo russo.

In filologia egli è considerato il fondatore della lingua letteraria russa contemporanea e le sue opere, tra le migliori espressioni del romanticismo russo, hanno ispirato numerosi scrittori, compositori e artisti.

Biografia
Le origini
Puškin nacque a Mosca il 6 giugno (il 26 maggio secondo l'allora calendario Giuliano) 1799. Il padre, Sergej L'vovič Puškin, era un maggiore in congedo discendente d'una antichissima famiglia aristocratica russa; la madre, Nadežda Osipovna Gannibal, era figlia di Osip Abramovič Gannibal (un gentiluomo figlio del maggior generale russo di origine abissina Abram Petrovič Gannibal - a cui Puškin dedicherà l'incompiuto romanzo storico Il negro di Pietro il Grande - e della di lui seconda consorte Christina Regina Siöberg, una dama russa appartenente ad una nobile famiglia scandinava) e di Marija Aleksejevna, una nobildonna russa.

Nonostante i rapporti con i genitori fossero piuttosto freddi, il secondogenito Puškin andrà sempre orgoglioso della sua nobiltà "vecchia di 600 anni" e del suo sangue africano. Non venne educato dai genitori, assidui frequentatori di salotti mondani, ma dalla nonna materna, dallo zio materno Vasilij, che apparteneva a un circolo letterario d'avanguardia chiamato Arzamas, e dalla balia Arina Rodionovna, il cui nome fu reso celebre dalle liriche che l'autore compose nell'ultimo periodo della sua vita.

La sua infanzia fu sempre caratterizzata dalla presenza di libri, soprattutto in francese, e da un ambiente che stimolava la curiosità per la lettura.

La giovinezza
Lettore accanito, formò la sua prima cultura nella ricca biblioteca paterna, sui classici di Boileau, Racine, Molière, Parny, Chénier, Rousseau, Montesquieu, Voltaire.

Nel 1811 Puškin entrò al Liceo imperiale di Carskoe Selo, che diventerà la sua seconda casa: qui conobbe il futuro poeta Del'vig, i futuri decabristi I. I. Puščin e V. K. Kjuchel'beker, oltre a collaborare alla rivista della scuola, "Vestnik" (Notiziario), con primissime poesie in francese.

È in questo periodo, infatti, che cominciò a scrivere versi. Nel 1814 alcune sue poesie comparvero sul "Vestnik Evropy" (Messaggero d'Europa), e prima ancora di lasciare il liceo egli venne invitato a far parte della celebre società letteraria dell'Arzamas dove fu in grado di gareggiare con poeti già molto affermati come Žukovskij e Batjuškov. Nello stesso periodo conobbe Čaadaev e Karamzin.

L'età adulta

Alexander von Benckendorff, capo della polizia segreta dello zar, nemesi di Puškin
Dopo aver completato i suoi studi, senza tuttavia eccellervi, nel 1817, Puškin diventò funzionario del Ministero degli Esteri, anche se di fatto non risulta che abbia mai svolto alcun lavoro ministeriale. A San Pietroburgo, dove risiedeva in quegli anni, condusse una vita all'insegna del piacere, primo fra tutti quello per le donne. In questo periodo frequentò Pavel Aleksandrovič Katenin e Aleksandr Sergeevič Griboedov. Ai salotti alternava tuttavia la partecipazione a società letterarie politiche progressiste, come l'"Arzamas" e la "Lampada verde" tanto che la poesia ispirò i lavori poetici di quel periodo ("La libertà", "La campagna", "Nöel") facendolo cadere in sospetto di attività sovversive tanto che fu confinato da un provvedimento di polizia nella Russia meridionale. Alcuni epigrammi rivoluzionari avevano infatti cominciato a circolare tra i salotti nobili ancor prima della pubblicazione di quest'opera, ed erano giunti a conoscenza dello stesso zar Alessandro I, che lo obbligò a lasciare la città, e ad assumere un incarico governativo nella sperduta e lontana Ekaterinoslav.

Lavorò nel frattempo ad un poema epico romantico in sei canti Ruslan e Ljudmila, edito nel 1822, a cura degli amici che erano rimasti nella capitale, che gli valse il rispetto e gli onori della nuova generazione di letterati e le antipatie della vecchia che vedevano nell'opera un'involuzione e un meticciamento della letteratura russa.

Puškin trasse vantaggio dal confino viaggiando al seguito del generale V. F. Raevskij, nominato suo custode, e visitando la Crimea, il Caucaso e la Bessarabia spingendosi, libero sulla parola data al generale con cui nel frattempo aveva stretto un forte legame di amicizia, fino a Kamenka e Chisinau. A Kamenka frequentò Pavel Ivanovič Pestel', capo della società segreta "Associazione del Sud".

Durante i due anni di confino scrisse Il prigioniero del Caucaso e una serie di liriche e poemetti in stile byroniano oltre ai primi tre canti dell'Evgenij Onegin.

L'esilio[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1823 venne trasferito ad Odessa alle dipendenze del principe Voroncov, governatore generale della Nuova Russia. Odessa era allora un grande centro commerciale e una città cosmopolita per la presenza di stranieri, in particolare greci, ed era un ambiente piuttosto stimolante per uno scrittore (tra l'altro qui inizia il poema Gli zingari, pubblicato poi nel 1827).

Colà Puskin venne iniziato alla Libera Muratoria nella Loggia "Ovidio". Si profilarono peraltro dissapori con Voroncòv il quale, volendo vendicarsi della corte di Puškin verso la moglie Elisabetta, forse coronata da successo stanti le bellissime liriche che l'autore russo le ha dedicato, lo denunciò per attività sovversiva alla polizia. Come prova produsse una lettera, sottratta dallo stesso Voroncòv, in cui Puškin scriveva a un suo interlocutore di Pietroburgo con frasi giudicate atee. La polizia lo spedì quindi in esilio presso Pskov, nella tenuta materna di Michajlovskoe, dove rimase, senza la possibilità di allontanarsene, fino al 1826. In quell'anno infatti lo zar Nicola I, dopo aver represso il movimento decabrista, decise di annullare il provvedimento di confino avvisandolo tuttavia, in un'udienza privata, che da quel momento sarebbe stato il suo unico censore, salvo venir meno a quanto promesso quando la polizia intercettò una lettera mandata da Puškin ai decabristi in Siberia e riprese a controllarlo.

Intanto nel 1825 finì il poema drammatico Boris Godunov (rappresentato solo nel 1831) e il racconto in versi Il conte Nulin, oltre a diverse poesie.

Il ritorno a Pietroburgo[modifica | modifica wikitesto]

Natal'ja Gončarova, moglie di Puškin
Tornato a San Pietroburgo, l'autore visse il momento più prolifico della sua esistenza di scrittore, coronato nel 1831 con il matrimonio con la bellissima Natal'ja Nikolaevna Gončarova[3]. La coppia ebbe quattro figli:

Marija Aleksandrovna (19 maggio 1832 - 7 marzo 1919);
Aleksandr Aleksandrovič (6 luglio 1833 - 19 luglio 1914);
Grigorij Aleksandrovič (14 maggio 1835 - 5 luglio 1905);
Natal'ja Aleksandrovna (23 maggio 1836 - 10 marzo 1913).

Gogol'
Nello stesso anno Puškin incontra Gogol', e con lui instaura un forte rapporto di amicizia e reciproca stima, tanto che, quando nel 1836 avvia una sua rivista[4], pubblica al suo interno alcuni dei racconti più belli e famosi di Gogol'. Intanto Puškin e sua moglie cominciarono a frequentare la società di corte e gli eventi mondani. Ne derivò un periodo di grandi problemi finanziari e umiliazioni per lo scrittore, soprattutto a causa della moglie e dei suoi numerosi ammiratori, tra i quali lo zar stesso[5].

Nel 1833 uscì in volume Evgenij Onegin (con un capitolo censurato) e pubblicò La dama di picche, nel 1835 l'antologia Poemi e racconti (che non contiene ancora La figlia del capitano né le ultime poesie).

Il duello e la morte

George d'Anthès

L'abito che Puškin indossò per il duello
Nel 1837, a seguito d'una lettera anonima che insinuava l'infedeltà della moglie, dopo aver insultato il barone van Heeckeren, ambasciatore del Regno dei Paesi Bassi e padre adottivo del presunto amante di lei - il barone francese George d'Anthès, dal 1836, anno in cui fu adottato dal barone, Georges de Heeckeren, marito della sorella di Natal'ja, Ekaterina - Puškin fu sfidato a duello. Fissato per le quattro del pomeriggio dell'8 febbraio 1837, il duello si svolse alla Čërnaja Rečka a Pietroburgo, dove oggi si trova l'omonima fermata della metropolitana e dove una statua del poeta ricorda l'evento. Puškin rimase ferito mortalmente e morì due giorni dopo la sfida, ad appena 38 anni per complicanze settiche della ferita all'addome. Leggende narrano che il barone si salvò grazie ad un bottone che parò il colpo del poeta. Un'altra versione racconta che il barone aveva una maglia di cotta a protezione, ordinata pochi giorni prima del duello[senza fonte].

Puskin mostrò pentimento e conseguentemente ebbe funerali religiosi. Dato che il governo temeva rivolte e dimostrazioni popolari, il funerale fu celebrato nella massima semplicità e il corpo di Puškin fu trasportato segretamente nella notte per essere sepolto nella proprietà di famiglia.

 
 
 

Graham Greene

Post n°93 pubblicato il 21 Novembre 2014 da blotex2014_20140

 

Graham Greene (scrittore)

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Henry Graham Greene (Berkhamsted2 ottobre 1904 - Corsier-sur-Vevey3 aprile 1991) è stato uno scrittore,drammaturgosceneggiatore, autore di libri di viaggi, agente segreto e critico letterario inglese. Le sue opere esplorano la morale ambivalente e le questioni politiche del mondo moderno. Greene è stato uno scrittore impegnato ma ha conosciuto anche grande popolarità. Greene rifiutava di essere definito un romanziere cattolico anziché un romanziere che era anche cattolico, ma i temi religiosi, in particolare cattolici, sono alla radice di molti suoi scritti, specialmente i quattro romanzi La roccia di BrightonIl nocciolo della questioneFine di una storia e Il potere e la gloria[1]. Opere come Un americano tranquilloIl nostro agente all'Avana e Il fattore umano mostrano il suo grande interesse per le operazioni di politica internazionale e di spionaggio.

Greene soffriva di un disturbo bipolare che ebbe una profonda influenza sulla sua scrittura e lo portò a degli eccessi nella vita privata[2]. In una lettera a sua moglie Vivien, Greene le disse che lui aveva « un carattere profondamente incompatibile con la vita domestica quotidiana » e che « sfortunatamente, la malattia è una parte rilevante di una persona ».[3]

Biografia

Infanzia

Nacque nel 1904 a Berkhamsted, nei pressi di Londra, quarto di sei figli. Il fratello minore Hugh Greene diventò direttore generale della BBC; il fratello maggiore Raymond Greene divenne un famoso fisico e alpinista.

I suoi genitori, Charles e Marion Greene (nata Raymon), erano cugini di primo grado, appartenenti a una grande e influente famiglia che comprendeva i Greene King, proprietari di un birrificio, banchieri e uomini d'affari. Charles Greene era vicedirettore alla Berkhamsted School, il cui direttore era Thomas Fry (sposato a una cugina di Charles). Un altro cugino era il pacifista di destra Ben Greene, internato durante la seconda guerra mondiale a causa delle sue idee politiche.

Nel 1910 Charles Greene assunse la direzione della Berkhamsted School, che Graham frequentava. Vittima di bullismo e profondamente depresso come convittore, tentò il suicidio diverse volte, alcune delle quali alla roulette russa, come lui stesso affermò (il biografo Micheal Shelden non dà credito a tale affermazione). Nel 1920, all'età di 16 anni, fu seguito da uno psicoanalista per sei mesi, dopodiché tornò a scuola ma non come interno. Tra i suoi compagni di scuola ci furonoClaud Cockburn e Peter Quennel. Passato al Balliol College di Oxford, frequenta i circoli letterari e politici iscrivendosi al Partito Comunista, che abbandona dopo poco più di un mese. All'epoca, nel 1925, fu pubblicata la sua prima opera,Babbling April, un volume di poesia che non ricevette una grande accoglienza.

Inizi della carriera

Dopo la laurea in storia, Greene intraprese con successo la carriera di giornalista, prima al Nottingham Journal, e poi come redattore del The Times. Quando era a Nottingham cominciò una corrispondenza con Vivien Dayrell-Browning, una convertita al cattolicesimo che gli aveva scritto per correggerlo circa un aspetto della dottrina cattolica. Nel 1926, (episodio descritto in A Sort of Life) una crisi religiosa lo induce ad abbandonare il protestantesimo per convertirsi al cattolicesimo, e da quel momento la sua opera letteraria ne fu profondamente influenzata. Fu battezzato nel febbraio dello stesso anno. Sposò Vivien nel 1927 ed ebbero due figli, Lucy (1933) e Francis (1936). Nel 1948 Greene lasciò Vivien per Dorothy Glover. Ebbe relazioni con numerose donne, ma non divorziò mai.

Dal 1930 al 1935 si dedicò unicamente alla narrativa, pubblicando un libro all'anno. Nel 1935 tornò al giornalismo diventando critico cinematografico per lo Spectator fino al 1939.

Viaggi

Per tutta la vita Greene intraprese viaggi che lo condussero lontano dall'Inghilterra, in luoghi che lui definiva selvaggi e remoti. I viaggi portarono al suo reclutamento nel MI6 da parte di sua sorella, Elisabeth, che lavorava per l'organizzazione, e durante la seconda guerra mondiale fu inviato in Sierra LeoneKim Philby, che in seguito si scoprì essere una spia sovietica che faceva il doppio gioco, era supervisore e amico di Greene al MI6. Come romanziere, Greene utilizzava i personaggi che incontrava e i posti in cui viveva per creare il tessuto dei suoi romanzi.

Lasciò l'Europa per la prima volta all'età di 31 anni, nel 1935, per un viaggio in Liberia da cui scaturì il libro Journey Without Maps. Il suo viaggio in Messico nel 1938, per vedere gli effetti della campagna governativa di secolarizzazione forzata, fu finanziato dalla casa editrice Longman, grazie alla sua amicizia con l'editore Tom Burns. Da quel viaggio scaturirono due libri, la relazione The Lawless Roads (pubblicata su Another Mexico negli U.S.A.) e il romanzo Il potere e la gloria. Nel 1953 la congregazione per la Dottrina della Fede informò Greene che Il potere e la gloria stava danneggiando la reputazione del clero, ma in seguito, in una udienza privata con Greene, Papa Paolo VI gli disse che, sebbene parti del suo romanzo potessero aver offeso alcuni cattolici, non avrebbe dovuto attribuire alcuna importanza a questo[4].Greene si recò ad Haiti, governata da François Duvalier, alias "Papa Doc", dove è ambientata la storia di I commedianti (1966). Il proprietario dell'Hotel Oloffson a Port-au-Prince, dove Greene soggiornava spesso, chiamò una stanza con il suo nome, in suo onore.

« C'è tanta stanchezza e disappunto nei viaggi che le persone devono aspettarsi - nelle stazioni, sui ponti dei traghetti, sotto le palme nel cortile degli alberghi in un giorno di pioggia. Devono passare il tempo in qualche modo, e possono passarlo solo con se stesse. Come i personaggi di Chekhov esse non hanno riserve; si vengono a sapere i segreti più intimi. Si riceve l'impressione di un mondo popolato da eccentrici, di strane professioni, di stupidità quasi incredibili e, per riequilibrarle, di sopportazioni sorprendenti. »
(Graham Greene)

Ultimi anni

Nel 1966 Greene si trasferì ad Antibes, per essere vicino a Yvonne Cloetta, che conosceva sin dal 1959, una relazione che durò fino alla morte dello scrittore. Nel 1981 gli fu conferito il Jerusalem Prize, assegnato agli scrittori per il loro impegno relativo alla libertà dell'individuo nella società. Una delle sue ultime opere, ilJ'Accuse - The Dark Side of Nice (1982), riguardava una questione legale in cui erano coinvolti lui e la sua famiglia allargata a Nizza. Greene dichiarò che il crimine organizzato era fiorente a Nizza, perché i vertici delle autorità cittadine avevano protetto la corruzione di magistratura e polizia. L'accusa provocò un processo per diffamazione che vide Greene perdente.[5] Nel 1994, dopo la sua morte, Greene fu vendicato perché l'ex sindaco di Nizza, Jacques Médecin, fu incarcerato per corruzione e crimini correlati.

Passò gli ultimi anni della sua vita a Vevey, sul Lago di Ginevra, in Svizzera. Il suo libro Il Dottor Fisher a Ginevra, ovvero la cena delle bombe (1980) è basato su tematiche e influenze filosofiche e geografiche. Greene aveva smesso di partecipare alla Messa e di confessarsi negli anni cinquanta, ma ricevette i sacramenti da Padre Leopaldo Durán, un prete spagnolo che era divenuto suo amico. Morì all'età di 86 anni nel 1991 e fu sepolto nel cimitero di Corsier-sur-Vevey.

Il suo biografo ufficiale, Norman Sherry, pubblicò il terzo e ultimo volume de La vita di Graham Greene nell'ottobre del 2004. Sherry seguì i passi di Greene, soffrendo talvolta per le stesse malattie di Graham e nello stesso luogo. La biografia rivela che Greene continuò a informare l'intelligence britannica fino alla sua morte, cosicché studiosi e lettori hanno a lungo dibattuto l'interessante questione se Graham Greene fosse un romanziere che era anche una spia, o una spia per cui una carriera di scrittore durata tutta la vita fosse una copertura perfetta.

Temi

«Il ruolo dello scrittore è quello di suscitare nel lettore la simpatia verso quei personaggi che ufficialmente non hanno diritto alla simpatia», così Graham Greene definiva il suo ruolo di artista.[senza fonte] Il contrasto dell'anima, le contraddizioni dei sentimenti, sono i temi su cui fa leva fin dal suo primo romanzo, L'uomo dentro di me, dove il giovane contrabbandiere che ne è il protagonista, è in continua lotta con il suo doppio onesto e saggio. I personaggi di Greene sono peccatori che sembrano vivere in un mondo abbandonato da Dio: alcolizzati, lussuriosi, assassini e suicidi sembrano trovare nella sofferenza quasi una consolazione.

Il treno d'Istanbul è il primo di quei romanzi che Greene definisce «divertimenti»[senza fonte]; racconti caratterizzati dal ritmo incalzante del thriller, dalla descrizione d'ambiente e dall'attenzione all'intreccio. Nei divertimenti sperimenta l'intuizione creativa che si perfeziona nei romanzi, che tendono invece a concentrarsi sul protagonista e sulle sue problematiche.

Del 1938 è il primo romanzo del ciclo cattolico, La roccia di Brighton, in cui Pinkie è un delinquente poco più che adolescente, devastato da un'infanzia infelice ed orgogliosamente votato al male. Da un viaggio in Messico nel 1939, dove è in corso una feroce persecuzione religiosa, trae lo spunto per uno dei suoi capolavori, Il potere e la gloria, nel quale l'ultimo prete sopravvissuto, un uomo indegno ed impuro, tormentato dal peso delle sue colpe, cerca di sfuggire ad una spietata caccia all'uomo. Il suicidio è il tema de Il nocciolo della questione, incentrato sul tormento del commissario Scobie, diviso tra la rigida morale ufficiale e la pietà provata per Elena.

I toni drammatici si attenuano nelle opere successive, che arrivano a sfiorare la commedia con Il nostro agente all'Avana, l'ultimo dei divertimenti, e il tragicomico nei suoi lavori teatrali. Contemporaneamente inizia la serie dei romanzi politici conUn americano tranquillo (1955), in cui prevede la svolta interventista dell'amministrazione statunitense. La società convenzionale, il sesso, il gioco d'azzardo e l'avventura convivono tra farsa e dramma ne I commedianti (1966), mentre i viaggi in Sudamerica ispirano il divertente In viaggio con la zia e Il console onorario.

Nel 1978 scrive la storia di spionaggio Il fattore umano, probabilmente suggerita dal tradimento dell'agente doppiogiochistaKim Philby, che fu suo superiore ai tempi della guerra e che nel 1963 fuggì in Unione SovieticaIl Dottor Fisher a Ginevra, ovvero la cena delle bombe è una satira sul capitalismo. Nella Spagna post franchista Greene ambienta Monsignor Chisciotte, in cui trasporta personaggi ed episodi del libro di Cervantes.

OpereRomanzi

 
 
 

GRAHAM GREENE

Post n°92 pubblicato il 21 Novembre 2014 da blotex2014_20140

 

Il decimo uomo

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Il decimo uomo
Titolo originaleThe Tenth Man
PaeseStati Uniti d'America
Anno1988
Formatofilm TV
Generedrammatico
Durata100 min
Lingua originaleinglese
Caratteristiche tecniche
Aspect ratio4:3
Colorecolore
Audiomono
Crediti
RegiaJack Gold
SoggettoGraham Greene
Interpreti e personaggi
Doppiatori e personaggi
FotografiaAlan Hume
MusicheLee Holdridge
Prima visione
Prima TV Stati Uniti d'America
Data4 dicembre 1988
Rete televisivaCBS

Il decimo uomo (The Tenth Man) è un film per la televisione del 1988diretto da Jack Gold e tratto dall'omonimo romanzo di Graham Greene. Gli interpreti principali del film sono Anthony HopkinsDerek Jacobi e Kristin Scott Thomas.

Nel 1989 il film fu candidato per un premio Golden Globe per la miglior miniserie o film per la televisione, senza riuscire a vincerlo.

Trama

Parigi. Durante la seconda guerra mondiale l'avvocato francese Chavel, scapolo con studio in città ma residenza in una bella villa in campagna con tanto di tenuta, viene catturato dai nazisti come ostaggio per le fucilazioni dirappresaglia che seguono alle azioni dei maquis. Riesce a salvarsi offrendo a Jean, un altro prigioniero, disoccupato e affetto da TBC, di barattare la sua vita in cambio delle sue ricchezze, così il povero Jean, che accetta, muore fucilato al suo posto.

Finita la guerra, Chavel torna nella sua villa di campagna, ora occupata da Thérèse, la sorella dell'uomo morto al posto dell'avvocato francese, e dalla madre, malata di cuore. Chavel, cui è cresciuta una folta barba che lo rende irriconoscibile anche agli abitanti del paese, si spaccia per Charlot, un altro prigioniero-ostaggio che ha conosciuto in prigionia Jean e che è povero in canna. Assunto dalle due donne sole come tuttofare, le cose incominciano ad andar bene per lui e Thérèse, che è perennemente in attesa di Chavel per vendicare la morte del fratello uccidendolo, incomincia a mostrare un certo interesse per Charlot-Chavel.

Improvvisamente si presenta Carosse, un impostore che si spaccia invece proprio per Chavel. Charlot non lo smentisce e Carosse, che è ricercato per un omicidio e per collaborazionismo, dopo una prima scomposta reazione di Thérèse nei suoi confronti seguita da un'offerta di ospitalità per una notte, decide di rimanere nella casa finché le acque si sono calmate. Astutamente, approfittando anche del momento di smarrimento della ragazza per il decesso della madre, convince Thérèse che Charlot è un impostore e un mentitore, invitando poi Charlot, in separata sede, ad andarsene, con la minaccia di uccidere Thérèse. Charlot tuttavia lo smaschera con uno stratagemma e poi si rivela per chi è veramente. Carosse, fuori di sé, lo colpisce con una revolverata e fugge ed il vero Chavel muore nelle braccia di Thérèse ottenendone il perdono.

 
 
 

Antonio Gramsci

Post n°91 pubblicato il 20 Novembre 2014 da blotex2014_20140

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Antonio Gramsci

 (Ales22 gennaio 1891 - Roma27 aprile 1937) è stato unpoliticofilosofogiornalistalinguista e critico letterario italiano.

Nel 1921 fu tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia e nel 1926 venne incarcerato dal regime fascista. Nel 1934, in seguito al grave deterioramento delle sue condizioni di salute, ottenne la libertà condizionata e fu ricoverato in clinica, dove passò gli ultimi anni di vita.

È considerato uno dei più importanti pensatori del XX secolo. Nei suoi scritti, tra i più originali della tradizione filosofica marxista, Gramsci analizzò la struttura culturale e politica della società. Elaborò in particolare il concetto diegemonia, secondo il quale le classi dominanti impongono i propri valori politici, intellettuali e morali a tutta la società, con l'obiettivo di saldare e gestire il potere intorno a un senso comune condiviso da tutte le classi sociali, comprese quelle subalterne.

Biografia

Origini familiari

Gli antenati paterni di Antonio Gramsci erano originari della città di Gramsh in Albania, e potrebbero essere giunti in Italia fin dal XV secolo, durante la diaspora albanese causata dall'invasione turca. Documenti d'archivio attestano che nel Settecentoil trisavolo Gennaro Gramsci, sposato con Domenica Blajotta, possedeva a Platacicomunità arbëreshë del distretto diCastrovillari, delle terre poi ereditate da Nicola Gramsci (1769-1824). Questi sposò Maria Francesca Fabbricatore, e dal loro matrimonio nacque a Plataci Gennaro Gramsci (1812-1873), che intraprese la carriera militare nella gendarmeria delRegno di Napoli e, quando era di stanza a Gaeta, sposò Teresa Gonzales, figlia di un avvocato napoletano di origini spagnole. Il loro secondo figlio fu Francesco (1860-1937), il padre di Antonio Gramsci.[1][2]

Le lontane origini albanesi erano conosciute dallo stesso Antonio Gramsci, che tuttavia le immaginava più recenti, come scriverà alla cognata Tatiana Schucht dal carcere di Turi, il 12 ottobre del 1931:

« [...] io stesso non ho alcuna razza; mio padre è di origine albanese (la famiglia scappò dall'Epiro durante la guerra del 1821, ma si italianizzò rapidamente). Tuttavia la mia cultura è italiana, fondamentalmente questo è il mio mondo; non mi sono mai accorto di essere dilaniato tra due mondi. L'essere io oriundo albanese non fu messo in giuoco perché anche Crispi era albanese, educato in un collegio greco-albanese. »

Francesco era studente in legge quando morì il padre; dovendo trovare subito un lavoro, nel 1881 partì per la Sardegnaper impiegarsi nell'Ufficio del registro di Ghilarza. In questo paese, che allora contava circa 2.200 abitanti, conobbe Giuseppina Marcias (1861-1932), figlia di un esattore delle imposte e proprietario di alcune terre. La sposò nel 1883, malgrado l'opposizione dei genitori, rimasti in Campania, che consideravano i Marcias una famiglia di rango inferiore alla propria dal punto di vista sociale e culturale: la madre di Antonio aveva studiato fino alla terza elementare. Dal matrimonio nascerà Gennaro (1884-1965) e, dopo che l'ufficio fu trasferito da Ghilarza ad Ales, Grazietta (1887-1962), Emma (1889-1920) e, il 22 gennaio 1891, Antonio, battezzato il 29 gennaio.

L'anno dopo la famiglia si trasferì a Sorgono, il paese di cui la madre era originaria, e qui nacquero gli altri figli, Mario (1893-1945), Teresina (1895-1976) e Carlo (1897-1968). Antonio, a due anni, si ammalò del morbo di Pott, una tubercolosi ossea che in pochi anni gli deformò la colonna vertebrale e gli impedì una normale crescita: adulto, Gramsci non supererà il metro e mezzo di altezza; i genitori pensavano che la sua deformità fosse la conseguenza di una caduta e anche Antonio rimase convinto di quella spiegazione. Ebbe sempre una salute delicata: a quattro anni, soffrendo di emorragie e convulsioni, fu dato per spacciato dai medici, tanto che la madre comprò la bara e il vestito per la sepoltura.[3]

Il padre Francesco fu arrestato il 9 agosto 1898, con l'accusa di peculatoconcussione e falsità in atti, e il 27 ottobre 1900venne condannato al minimo della pena con l'attenuante del «lieve valore»: 5 anni, 8 mesi e 22 giorni di carcere, da scontare a Gaeta; priva del sostegno dello stipendio del padre, la famiglia Gramsci trascorse anni di estrema miseria, che la madre affrontò vendendo la sua parte di eredità, tenendo a pensione il veterinario del paese e guadagnando qualche soldo cucendo camicie.[4]

I primi studi

Proprio per le sue delicate condizioni di salute Antonio cominciò a frequentare la scuola elementare soltanto a sette anni: la concluse nel 1903 con il massimo dei voti, ma la situazione familiare non gli permise di iscriversi al ginnasio. Già dall'estate precedente aveva iniziato a dare il suo contributo all'economia domestica lavorando 10 ore al giorno nell'Ufficio del catasto di Ghilarza per 9 lire al mese - l'equivalente di un chilo di pane al giorno - smuovendo «registri che pesavano più di me e molte notti piangevo di nascosto perché mi doleva tutto il corpo».[5]

Il 31 gennaio 1904 Francesco Gramsci, grazie a un'amnistia, anticipò di tre mesi la fine della sua pena: inizialmente guadagnò qualcosa come segretario in un'assicurazione agricola, poi, riabilitato, fece il patrocinante in conciliatura e infine fu riassunto come scrivano nel vecchio Ufficio del catasto, dove lavorò per il resto della sua vita. Così, pur affrontando gli abituali sacrifici, i genitori poterono iscrivere il quindicenne Antonio nel Ginnasio comunale di Santu Lussurgiu, a 18 chilometri da Ghilarza, «un piccolo ginnasio in cui tre sedicenti professori sbrigavano, con molta faccia tosta, tutto l'insegnamento delle cinque classi».[6]

Con tale preparazione un poco avventurosa, riuscì tuttavia a prendere la licenza ginnasiale a Oristano nell'estate del 1908 e a iscriversi al Liceo Dettori di Cagliari, stando a pensione, prima in un appartamento in via Principe Amedeo 24, poi, l'anno dopo, in corso Vittorio Emanuele 149, insieme con il fratello Gennaro, il quale, terminato il servizio di leva a Torino, lavorava per cento lire al mese in una fabbrica di ghiaccio del capoluogo sardo.

La modesta preparazione ricevuta nel ginnasio si fece sentire, perché inizialmente Gramsci nelle diverse materie ottenne appena la sufficienza, ma riuscì a recuperare in fretta: del resto, leggere e studiare erano i suoi impegni costanti. Non si concedeva distrazioni, non soltanto perché avrebbe potuto permettersele solo con grandi sacrifici, ma anche perché l'unico vestito che possedeva, per lo più liso, non lo incoraggiava a frequentare né gli amici, né i locali pubblici.[7]

Il fratello Gennaro, che era tornato in Sardegna militante socialista, ai primi del 1911 divenne cassiere della Camera del lavoro e segretario della sezione socialista di Cagliari: «Una grande quantità di materiale propagandistico, libri, giornali, opuscoli, finiva a casa. Nino, che il più delle volte passava le sere chiuso in casa senza neanche un'uscita di pochi momenti, ci metteva poco a leggere quei libri e quei giornali»[8] Leggeva anche i romanzi popolari di Carolina Invernizio, di Anton Giulio Barrili e quelli di Grazia Deledda, ma questi ultimi non li apprezzava, considerando folkloristica la visione che dellaSardegna aveva la scrittrice sarda; leggeva Il Marzocco e La Voce di Giuseppe PrezzoliniPapiniEmilio Cecchi «ma in cima alle sue raccomandazioni, quando mi chiedeva di ritagliare gli articoli e di custodirli nella cartella, stavano sempre Croce eSalvemini».[9]

Alla fine della seconda classe liceale, alla cattedra di lettere italiane del Liceo salì il professor Raffa Garzia, radicale e anticlericale, direttore de L'Unione Sarda, quotidiano legato alle istanze sarde, rappresentate, in Parlamento da Francesco Cocco-Ortu, allora impegnato in una dura opposizione al ministero di Luigi Luzzatti.[10] Gramsci instaurò con il Garzia un buon rapporto, che andava oltre il naturale discepolato: invitato ogni tanto a visitare la redazione del giornale, ricevette nell'estate del 1910 la tessera di giornalista, con l'invito a «inviare tutte le notizie di pubblico interesse»: e il 25 luglio Gramsci ebbe la soddisfazione di vedersi stampato il suo primo scritto pubblico, venticinque righe di cronaca ironica su un fatto avvenuto nel paese di Aidomaggiore.[11]

In un tema dell'ultimo anno di liceo, che ci è conservato, Gramsci scriveva, tra l'altro, che «Le guerre sono fatte per ilcommercio, non per la civiltà [...] la Rivoluzione francese ha abbattuto molti privilegi, ha sollevato molti oppressi; ma non ha fatto che sostituire una classe all'altra nel dominio. Però ha lasciato un grande ammaestramento: che i privilegi e le differenze sociali, essendo prodotto della società e non della natura, possono essere sorpassate».[12] La sua concezione socialista, qui chiaramente espressa, va unita, in questo periodo, all'adesione all'indipendentismo sardo, nel quale egli esprimeva, insieme con la denuncia delle condizioni di arretratezza dell'isola e delle disuguaglianze sociali, l'ostilità verso le classi privilegiate del continente, fra le quali venivano compresi, secondo una polemica mentalità di origine contadina, gli stessi operai, concepiti come una corporazione elitaria fra i lavoratori salariati.[13]

Tra poco, Gramsci conoscerà da vicino la realtà operaia di una grande città del Nord: nell'estate del 1911, il conseguimento della licenza liceale con una buona votazione - tutti otto e un nove in italiano - gli prospetta la possibilità di continuare gli studi all'Università. Nell'autunno del 1911, il Collegio Carlo Alberto di Torino bandì un concorso, riservato a tutti gli studenti poveri licenziati dai Licei del Regno, offrendo 39 borse di studio, ciascuna equivalente a 70 lire al mese per 10 mesi, per poter frequentare l'Università di Torino: Gramsci fu uno dei due studenti di Cagliari ammessi a sostenere gli esami a Torino.

 
 
 
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