IL POLESINE NEL RISORGIMENTO
Nel maggio 1797 il generale Rusca, in nome della Repubblica Francese, occupava il Polesine e le truppe rivoluzionarie entravano in Rovigo, Adria e negli altri centri; pochi mesi più tardi, nell'ottobre 1797, il trattato di Campoformio affidava il Veneto all'Austria.Sotto la dominazione francese il Polesine tornerà nel 1801 e il territorio sarà unito al dipartimento del Basso Po con sede a Ferrara, sino alla nuova occupazione austriaca del 1815.I primi anni dell'Ottocento registrano, a Rovigo e nel Polesine, grandi mutamenti civili e sociali oltre ad episodi rimasti a lungo nella memoria della popolazione.Attuando le leggi ed i propositi della rivoluzione, il governo francese, durante le due occupazioni, fece chiudere i conventi maschili e femminili del territorio, incamerandone e vendendo all'asta i beni. Abolì pure le confraternite laiche. Anche l'Abbazia della Vangadizza concluse, in epoca francese, la sua storia secolare di fede e di cultura ed i beni con gli edifici monastici passarono alla famiglia d'Espagnac.Segnale di ansie represse e di un diffuso malcontento sono le rivolte di contadini, gli assalti a palazzi ed uffici pubblici che si registrano nel primo decennio dell'Ottocento in diversi centri polesani. Nel novembre 1813 l'Austria occupava militarmente il Polesine che, dopo un anno e mezzo, al congresso di Vienna, sarebbe stato riconosciuto parte del Lombardo Veneto. La dominazione imperiale si protrarrà sino al 1866 e caratterizzerà tutto il secolo per le istituzioni civili alle quali darà vita, per lo sviluppo economico che il territorio conosce in questo periodo.Dal 1815 il Polesine comprende finalmente tutto il territorio tra Adige e Po (eccettuati Cavarzere, Loreo, Ariano) e comincia a crescere la dimensione provinciale e l'identità polesana grazie a maggiori scambi fra le località che appartenevano alla Repubblica Veneta e quelle soggette allo Stato pontificio.Gradualmente anche queste ultime cominciarono a far riferimento a Rovigo per la cultura e le pratiche amministrative. Un segnale dei raccordi tra persone di località polesane diverse si ebbe nella diffusione della Carboneria che, pur avendo come riferimenti Fratta e Crespino, coinvolse cittadini di tutta la provincia: Polesella, Rovigo, Calto, Occhiobello, Ficarolo, Badia, Ariano.Nei primi giorni di gennaio del 1819, una operazione della polizia austriaca, condotta nelle diverse località, portò all'arresto di Antonio Fortunato Oroboni, Felice Foresti e degli altri carbonari condannati, con sentenza del tribunale di Venezia del 22 dicembre 1821, a lunghe detenzioni nel carcere dello Spielberg.All'episodio del 1819 seguiranno alcuni decenni di relativa tranquillità politica sino al 1848.In quest'anno scoppia anche a Rovigo la rivolta anti-austriaca e la città conosce alcuni mesi di autonomia amministrativa sotto la guida del conte Domenico Angeli.Lo spirito patriottico divampò in tutto il territorio e dai vari paesi partirono giovani per combattere a fianco dell'esercito piemontese e per difendere la causa italiana.Dopo la negativa conclusione della prima guerra d'indipendenza e la caduta di Venezia, la pressione austriaca si fece sentire in modo pesante con processi e condanne, con la presenza di guarnigioni militari con una polizia politica costantemente in azione.Come reazione ad un clima sempre più lontano dalla libertà, prima e dopo la guerra del 1859-60, i giovani emigrano, attraversando il Po, nelle file dell'esercito piemontese. Tra questi vi erano alcuni protagonisti del Risorgimento italiano che, all'indomani dell'annessione del Veneto all'Italia, avvenuta nel 1866, assumeranno nel Polesine importante cariche civili: Alberto Mario di Lendinara, Domenico Piva di Rovigo, Giovanni Battista Tenani di Guarda Veneta, Alessandro Casalini.Il periodo austriaco registra un considerevole sviluppo economico e sociale della provincia che nel 1859 raggiunge i 172.000 abitanti.Nei primi decenni del secolo viene rafforzata la Camera di Commercio di Rovigo, istituita dal governo francese nel 1802, viene avviata la Cassa di Risparmio e sistemata la piazza annonaria nei pressi della chiesa di San Domenico.Molti conventi, che la rivoluzione all'inizio del secolo aveva privato di religiosi, vengono adattati alle crescenti esigenze culturali, sociali, assistenziali della popolazione. Mutano ovunque le classi sociali: decadono i nobili, accrescono il proprio peso i borghesi, sono difficili e dure le condizioni degli operai.Anche l'istruzione conosce un progresso considerevole: nel 1815 viene istituita la scuola elementare obbligatoria; a Lendinara, dopo l'allontanamento dei padri Cavanis che gestivano un liceo, verranno istituiti corsi di scuole tecniche e un ginnasio inferiore. Nel 1841 ad Adria è aperto il ginnasio Bocchi e dal 1877 funzionano le scuole tecniche. A Rovigo, oltre al Seminario con un ginnasio e liceo, vengono istituiti un ginnasio liceo pubblico ed una scuola tecnica.Secondo dati forniti da Francesco Bocchi, nel 1858 funzionavano in Polesine 106 scuole pubbliche e 30 private per complessivi 7000 scolari. Il numero degli allievi nel 1878 raggiungerà le 17.800 unità.Grande rilievo assume, nel 1840, l'apertura della biblioteca dell'Accademia dei Concordi avvenuta grazie all'accordo tra l'istituto e il Comune di Rovigo.Il libro dell'abate Gnocchi e le donazioni dei decenni successivi, in particolare il lascito di 40.000 fra libri e manoscritti da parte dei conti Silvestri, rendono questa raccolta pregevole ed assieme alla quadreria qualificano l'Accademia a livello regionale e nazionale.Ad Adria, sempre nel secolo XIX, viene aperto il museo Bocchi mentre funzionano la biblioteca del Ginnasio e quella del Capitolo della Cattedrale.A Lendinara la biblioteca municipale, che era stata affidata a Gaetano Baccari, riceve la donazione Leopardi e viene, dal 1875, diretta da un apposito bibliotecario.A Castelmassa Giuseppe Bellini raccoglie, durante il secolo, una preziosa quadreria con oltre 200 dipinti di pittori italiani e stranieri dei secoli XV e XVIII.Si deve ancora rilevare che a Rovigo ed Adria vengono aperti istituti filarmonici per l'apprendimento musicale e che in molti paesi, verso la fine del secolo, si diffondono i comizi agrari, valido strumento per la circolazione delle informazioni, delle esperienze e delle idee tra le categorie agrarie e produttive.Nella seconda metà dell'Ottocento sorgono a Rovigo, Lendinara, Badia, Adria e in altri centri le società di mutuo soccorso con lo scopo di soccorrere gli infelici che per impossibilità al lavoro o per malattia rimanevano privi di qualsiasi mezzo di sostentamento. Il diffuso senso di solidarietà favorirà altre iniziative come le casse rurali promosse da mons. Sichirollo per agevolare i piccoli agricoltori ed artigiani che, nel 1895 in Polesine, sono già presenti in 32 parrocchie.Altre iniziative di sostegno a favore delle classi meno abbienti vengono promosse dalle leghe socialiste che in Polesine hanno come riferimento Nicola Badaloni.Nel settore dell'architettura si segnala anzitutto la fioritura di teatri nei primi decenni dell'Ottocento. Nel 1813 si apre il teatro ad Adria, nel 1814 a Lendinara e Badia; nel 1819 a Rovigo viene inaugurato il Teatro Sociale prospiciente l'attuale piazza Garibaldi.Tra gli edifici pubblici e privati che sorgono in quest'epoca a Rovigo ricordiamo il Corpo di Guardia, palazzo Minelli, palazzo Camerini. Sull'Adigetto a Rovigo, a Lendinara e Badia vengono costruiti eleganti e funzionali ponti in muratura, mentre le piazze vengono decorate, dopo l'Unità, con statue dei protagonisti del Risorgimento o di cittadini illustri.A Rovigo vengono collocati il monumento a Vittorio Emanuele opera di Giulio Monteverde e quello a Garibaldi di Ettore Ferrari autore pure del monumento ad Alberto Mario di Lendinara.Nella seconda metà del secolo la costruzione della strada ferrata per Padova e Ferrara nel 1866 e nel 1876 quella per Adria e Legnago danno lavoro a migliaia di operai, impegnati pure nella sistemazione o nella costruzione delle strade provinciali che uniscono Rovigo ai diversi centri dei territorio.Lo sviluppo economico della provincia venne interrotto da gravi rotte del Po e dalla grande inondazione dell'Adige del 1882 che raggiunse il Canal Bianco. La popolazione dovette ritirarsi sugli argini e nei luoghi alti mentre case e terreni conoscevano i danni della sabbia e del fango.Il valido sostegno dello stato contribuì a finanziare grandi lavori di ricostruzione ed interventi per la sicurezza idraulica.Due anni più tardi si diffonde al grido de "La boje" la protesta dei braccianti che sollecitano maggiori paghe e la difesa dei diritti dei lavoratori. Gli scioperi, l'introduzione di macchine idrovore nella bonifica, la disoccupazione e la miseria spingono negli ultimi anni del secolo migliaia di famiglie ad abbandonare il Polesine per cercare in paesi stranieri e soprattutto nel Sud America un lavoro dignitoso.Dal 1887 al 1900 partono dalla provincia di Rovigo oltre 63.000 persone.Quanti rimangono o tornano nei primi anni del Novecento trovano lavoro, oltre che nell'agricoltura, nelle opere pubbliche per la sistemazione di canali collettori e nelle prime industrie: una fonderia a Loreo, una fabbrica di fecola a Castelmassa, zuccherifici a Polesella, Ficarolo, Rovigo, Cavanella Po, Lendinara.I percorsi Carbonari
Con il Congresso di Vienna, Fratta passò sotto la dominazione austriaca e vi rimase fino al 1866, anno della terza guerra di Indipendenza. In questo periodo il paese partecipò attivamente alle cause del Risorgimento e si compì la tragedia dei “Carbonari della Fratta”, una delle più gloriose e dolorose pagine degli albori del Risorgimento, primo esempio di repressione da parte austriaca delle aspirazioni alla libertà e all'emancipazione nazionale (1818). Nel novembre del 1818, tutti i Carbonari di Fratta furono arrestati: Conte Antonio Fortunato Oroboni, Cecilia Monti, Angelo Gambato, Antonio Francesco Villa, Don Marco Fortini, Giovanni Monti, Antonio e Carlo Poli, Giacomo, Federico e Sebastiano Monti, Domenico e Antonio Davì, Vincenzo Zerbini, Domenico Grindati. Da qui iniziò la lunga serie di processi che aprirono le dolorose porte dello Spielberg e di altri carceri duri, come Venezia e Lubiana. La premessa per attivare propositi di unione e riscatto nazionale, fu facilitata dalla presenza a Fratta di dimore di campagna di nobili cittadini, in contatto con notabili ed esponenti della borghesia locale e dei territori limitrofi.Per chi visita Fratta è infatti possibile percorrere la cosiddetta “passeggiata dei carbonari”, percorso pedonale lungo lo Scolo Valdentro che passa davanti alle ville allora abitate da diversi attivisti del movimento: Palazzo Grindiati-Boniotti, Villa Davì, Villa Oroboni, Villa Dolfin, Villa Monti, Villa Labia.A ricordo del sacrificio dei Carbonari, nel 1867 venne eretto, primo nel Vento liberato dagli Austriaci dopo la terza guerra di indipendenza, un monumento opera dello scultore veronese Grazioso Spazzi. [fonte
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