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antologia film sul Polesine


 
    In “GENTE DEL PO” si respira già l’aria del neorealismo: l’ambiente, il gusto dei particolari, la quotidianità dei fatti. Si mostra un paesaggio povero, caricato però dalla presenza di quei “piccoli” personaggi che si integrano naturalmente, un paesaggio fermo, “mosso” però da quei gesti consueti e perciò significativi. Alcune panoramiche, specie quelle del paesetto di sera e quelle della tempesta, e in genere tutti gli esterni sono di un’intensa e drammatica espressività. Antonioni scrisse: “Quando giravo il mio primo documentario, alla fine del ’42, Visconti girava Ossessione. Gente del Poera un documentario sulla pesca, sul trasporto coi battelli, sui pescatori: uomini, vale a dire, non cose e luoghi. Ero, senza saperlo, sulla stessa linea di Visconti. Mi ricordo molto bene che il mio rammarico fu di non poter dare a questa materia uno sviluppo narrativo, cioè di non poter fare un film a soggetto”. Infatti Antonioni girava Gente del Po, mentre Visconti, negli stessi luoghi, effettuava le riprese di Ossessione. Questo nuovo “vedere” trova compimento nell’ultimo episodio di “PAISÀ” (1946), che conclude nella zona fra Porto Tolle e Scardovari l’itinerario italiano in alcuni luoghi della Resistenza. Queste famose pagine rosselliniane sembrano quasi definire la nuova funzione dell’occhio cinematografico che, dietro l’apparente neutralità, interviene a portare a senso definito cose, fatti, paesaggio. Rossellini ricorda quei cadaveri che passavano sull’acqua, lentamente naviganti sul fiume, col cartello che recava la scritta “Partigiano”. Il fiume portò per mesi quei cadaveri. Una realtà tragica che il regista ha saputo rendere realisticamente cogliendo il paesaggio in un rapporto di perfetta adesione con la tragedia umana incombente. Il paesaggio emerge nella sua connotazione ben precisa, con i suoi canneti, il grande ramo del fiume e i numerosi canali che si intersecano e sviluppano in una vasta palude. La natura diviene partecipe della tragedia sin dall’inizio e nel succedersi del racconto assume toni sempre più drammatici: natura e tragedia umana si fondono in una sintesi drammatica perfettamente innestata nella realtà degli avvenimenti. Assieme al regista, per scrivere la sceneggiatura, collaborarono Federico Fellini, Vasco Pratolini, Marcello Pagliero, Alfred Haynes, Annalena Limentani, e Sergio Amidei. La voce narrante è di Giulio Panicali. 
Trama:  Il film è composto da sei episodi che si svolgono fra il luglio del '43 e la fine del '44. Primo episodio: una ragazza siciliana aiuta una pattuglia di americani a disporsi sulla costa. Rimasta sola con un soldato, questi viene ucciso dai tedeschi, lei si batte ma viene a sua volta uccisa. Secondo episodio: a Napoli uno scugnizzo ruba un paio di scarpe a un soldato americano di colore, ubriaco. Il giorno dopo il soldato ritrova il ragazzo e... gli lascia le scarpe. Terzo episodio: a Roma un americano conosce Francesca. Si perdono di vista e lui la cerca. Incontra una prostituta e si intrattiene con lei. Ma lui è talmente innamorato di Francesca da non accorgersi che la prostituta era proprio lei. Quarto episodio: a Firenze un'infermiera inglese cerca il suo compagno, capo partigiano, certo Lupo. Attraversa gli Uffizi fra gli spari. Soccorre un partigiano morente che nel delirio dice: "...anche Lupo è morto...". Quinto episodio: in un convento sull'Appennino tosco-emiliano arrivano tre cappellani protestanti. Quando i frati lo scoprono cercano ingenuamente di "riparare": la sera digiunano per ottenere dalla provvidenza la conversione. Sesto episodio: alle foci del Po i partigiani combattono i tedeschi che sono in forze preponderanti. Circondati, i partigiani non hanno via d'uscita. Alcuni si uccidono, altri, fatti prigionieri, vengono gettati legati nel Po. È forse il più lucido, chiaro, drammatico manifesto del cinema neorealista italiano. Rossellini perfezionava la chiave narrativa di Roma città aperta con uno stile ancora più vicino al documentario e ancor più lontano dal plot secondo le regole dell'industria cinematografica. Eppure il regista trovava una via equidistante: faceva delle storie con la verità del documentario e un documentario senza didattica e con la "fantasia" dell'intreccio. Una misura che appartiene solo a lui. Naturalmente gli episodi non si valevano della presenza di grandi nomi, mentre in Roma città aperta Anna Magnani e Aldo Fabrizi, autentici divi italiani, portavano un contributo decisivo. Rossellini faceva parlare i personaggi in inglese e in tedesco senza preoccuparsi di sottotitolare: un'altra manifestazione di verità vicina alla gente italiana, che per anni sentì quelle lingue senza capirle.L'ultimo episodio di Paisà è stato girato fra Porto Tolle e Scardovari.