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Il Delta del Po.


Lo sviluppo del Delta.Lungo i fiumi si sono sviluppate le civiltà. I fiumi, specie quelli più facilmente navigabili, erano le strade dell'antichità. Il mito greco di Fetonte è la conferma poetica della presenza sull'asta terminale del Po di popolazioni provenienti dalle isole della Grecia. Reperti archeologici ci indicano che già nel X secolo a.C. lungo un vecchio ramo del Po, a Frattesina (vicino all'attuale Fratta Polesine), sorgeva un fiorente centro con fabbriche e commerci, che collegavano il Baltico al Mediterraneo e viceversa lungo la famosa via dell'ambra.Da allora, come in tutte le località dove sorsero e si svilupparono civiltà antiche, anche in Polesine fu un susseguirsi di presenze, di culture, di periodi di prosperità e decadenza. Ma qui - fatto del tutto singolare - storia vuol dire anche evoluzione e trasformazione fisica del territorio.«Imparare la storia» ha scritto Bacchelli, autore del famoso Mulino del Po, «vuol dire vederla risorgere dai terreni e dalle acque, dalle pietre costruite e dalle parole legate agli uomini, perché di quello che è veramente storico il popolo serba una sua memoria, vera nel profondo»; «Che storia la storia del Po!, con rotte immani, con immani colmate, lento o precipitoso, non ha fatto altro che muovere su e giù per il terreno che gli è sottoposto e soggiogato.»  Ebbene, la storia fisica del Polesine è la storia del Po.Il Po era, nell'età del bronzo, diviso in due rami. Quello settentrionale attraversava il Polesine. Su di esso nacque la civiltà di Frattesina e, presso la sua foce, il porto commerciale di Adria. In epoca romana questo ramo del Po non esisteva più. Per un migliaio di anni la linea di costa polesana rimase così pressoché inalterata. Questo permise la formazione di un cordone di dune di cui resta qualche traccia nelle vicinanze della Strada Romea. Solo a metà del XII secolo, con la "rotta di Ficarolo", il Po prese il corso attuale, dividendosi poi nei due rami, delle Fornaci verso nord e di Goro verso sud. Questi due rami formarono a loro volta due piccoli delta. Nel mezzo stava la Sacca di Goro. A queste metamorfosi naturali si aggiungevano interventi di bonifica non coordinati e rotte degli argini dei fiumi per cause belliche. La situazione idraulica polesana era estremamente precaria, specialmente alle foci del Po delle Fornaci o di Levante. In una zona molto ristretta cercavano lo sbocco in mare Adige, Tartaro e Po, contrastandosi a vicenda. Inoltre i detriti trasportati dal Po, convogliati dalle correnti marine verso nord, rischiavano di interrare la laguna di Venezia. Fu allora (1604) che la Repubblica Veneta operò il grandioso intervento del Taglio di Porto Viro.In breve tempo la Sacca di Goro fu colmata e il Delta iniziò la sua avanzata verso est, con diramazioni a nord e a sud.Alla tendenza iniziale del fiume di tornare verso nord, attraverso il Po di Maistra, furono contrapposti moli in pietra che convogliavano l'acqua nel Po di Gnocca. Divenne in seguito molto attivo il Po delle Tolle, quindi il Po della Pila.  Il Delta avanza ancora. Rigidi argini nei suoi rami non permettono però il naturale colmamento delle nuove terre ed esse rimangono molto basse. Estrazioni di metano effettuate dal 1937 al 1963 hanno ulteriormente abbassato il loro livello che, in certi punti, è addirittura più di tre metri sotto quello del mare.Guardando l'attuale carta del Delta possiamo renderci conto della meccanica del suo avanzamento. Il deposito delle sabbie alle foci dei vari rami provoca ulteriori diramazioni: le "buse". Il protendersi dei rami ingloba tratti di mare che divengono sacche. Davanti alle sacche si formano ''scani'' di sabbia che, lentamente, le chiudono mutandole in lagune.Con arginelli artificiali le lagune vengono trasformate in valli da pesca. In passato le valli divennero risaie quindi, con la bonifica, terreni coltivati. L'ultima grande bonifica si ebbe negli anni '50 quando l'Ente Delta Padano trasformò in piccoli fondi 7.120 ettari espropriati. Attualmente la bonifica deve essere mantenuta con l'utilizzazione di idrovore.Dai paleoveneti ai Greci, agli Etruschi, ai Romani, antiche e grandi civiltà hanno lasciato i loro segni in Polesine. Molti di essi sono ancora avvolti nei misteri del sottosuolo dove il fiume con le proprie esondazioni li ha a più riprese confinati. Altri sono invece a disposizione dei visitatori ne musei di Adria e di Rovigo e sparsi sul territorio. Ne parleremo illustrando i singoli itinerari.Lungo i rami del Po.Sei sono i rami attivi principali del Po che sboccano in Adriatico sul versante polesano. Il Po di Goro, il più a sud, fa da confine con la provincia di Ferrara. Risalendo verso nord, troviamo le foci del Po di Gnocca o Donzella, del Po delle Tolle, del Po di Pila,del Po di Maistra e del Po di Levante. A queste si potrebbero aggiungere le duebocche di Scirocco e Tramontana che, in effetti, sono due brevi rami del Po e costituiscono con il Po di Pila, da cui si dipartono, la cuspide estrema del Delta verso il mare.Ogni ramo è diverso dall'altro. Ad esempio il Po di Levante è simile ad un canale. Infatti è la via navigabile che si diparte dal Po Grande o di Venezia, all'altezza di Donada, tramite la nuovissima conca di Volta Grimana. Questa, oltre che a Porto Levante, ci consente di arrivare a Brondolo e quindi a Chioggia e alla laguna di Venezia (percorso fatto anche dai battelli turistici).Al contrario il Po di Maistra è il più involuto e ricco di golene e rive coperte di vegetazione lussureggiante.Il Po di Pila è il più maestoso (vi fluisce circa il 60% della portata del fiume). Le rive sono quasi sempre ricoperte di salici, pioppi e robinie, oltre ad una ricca vegetazione erbacea. Verso la foce, vicino all'acqua, troviamo distese di cannuccia (fragmite): qui alberga una fauna numerosa, soprattutto uccelli (tarabusi e tarabusini, folaghe, gallinelle, martin pescatori, pendolini ecc.).Fermarsi in questi luoghi, addentrarsi nel folto della vegetazione, cercare il sentiero nascosto, ascoltare i rumori tentando di riconoscerli, chinarsi sui fiori e sulle erbe spontanee è come entrare nel mondo del fiume. Canne, ma anche dulcamara, convolvolo, equiseto, non-ti-scordar-di-me, menta acquatica, iris, e poi, galleggianti sui laghi di golena, le bianche ninfee, i gialli nannuferi, i ranuncoli di fiume, la castagna d'acqua, la lenticchia d'acqua, la felce d'acqua.  Incontri lungo l'argine.Lungo l'argine, spazio di confine tra due mondi, capita di fare gli incontri più inconsueti.Vedere pastori con ampie greggi non fa specie. Questo è il loro mondo. Cacciati dai terreni perché lì solo l'agricoltura impera e le pecore la danneggiano, i pastori sono da sempre legati agli spazi arginali. Chieder loro di visitare l'ovile, di farsi mostrare la tecnica di tosatura, le origini e le abitudini può riservare fortunate sorprese: come assistere alla fabbricazione del formaggio o della ricotta, o scoprire magari che la moglie del pastore tesse a mano.Anche gli zingari, ogni tanto appostati in villaggi volanti accucciati sulle banche del Po, trovano qui momenti di sosta confacenti al loro mondo.Dentro al fiume scorre ogni tanto la sagoma di lunghe bettoline che trasportano merci dalla Lombardia al mare e viceversa. Piccole barche di pescatori solcano l'acqua sistemando e recuperando reti. A volte enormi bilancioni, azionati da motorini, coprono in certe strettoie l'intero corso della corrente.E poi gente strana di tutti i tipi. Il Delta è stato terra di antiche e contrastate dominazioni, dai Veneti ai Greci, agli Etruschi, ai Galli, ai Romani, ai Bizantini, ai Longobardi, ai Veneziani, agli Estensi, ai Legati pontifici. Terra di mestieri liberi, o meglio modi di sopravvivenza, come il vagantivo, la pesca, la caccia, la pastorizia, ma anche il bracconaggio, il banditismo, il contrabbando. Abitanti sulla cui sedimentata mentalità "franca" difficilmente si adattano le formalità e i burocraticismi dell'odierna società. Forse per questo non è difficile incontrare tipi strani e personaggi insoliti.Ai nati qui si aggiungono poi quelli che il Delta l'hanno scelto per viverci, perché riflette un'aspirazione ad un modello di vita diverso. Così lungo il Po di Gnocca il medico di Oca, neurologo padovano che va proponendo una teoria sul linguaggio come sistema di prevenzione dalle dipendenze; o il maestro della Sacca di Scardovari, solitario poeta della manualità con le sue maschere e le sue miniature; o Lilo di Boccasette, le cui figurine dipinte sono conosciute in tutto il mondo.E là dove non ci sono ponti, nemmeno ponti in barche (gli ultimi sono sul Po di Gnocca e di Goro), incontri i traghettatori, che con i battellieri appartengono ad una razza antica ma che si evolve con i tempi. Accanto a quelle tradizionali, dispongono infatti di imbarcazioni di ogni tipo per il trasporto dei turisti verso le foci, addentrandosi nei più minuscoli e incredibili meandri dei canneti, fra lagune, sacche, "ghebi" e "paradeli".Gente ospitale, con un forte senso della dignità. Bere dai loro racconti è come rivivere squarci di storia vissuta, a volte drammatica, immergersi ancora una volta nel mondo mai del tutto scoperto del Delta.